50 Anni di arte ad Avilla La storia e le ricchezze artistiche nella Chiesa di San Pietro Apostolo di Giorgia Zamparo D’Angelo | |
“Riprendiamo il discorso sulla chiesetta ormai famosa di Avilla di Buja, di cui tanto parlano giornali e riviste, come d’un fatto prodigioso”. Il sogno di don Saverio Beinat, benemerito parroco di quel borghicciuolo che non conta più di milletrecento abitanti, si è realizzato pienamente”. Così si apriva un articolo apparso il 2 aprile 1960 sul quotidiano “Il Piccolo” di Trieste. Il cronista d’eccellenza che lo firmava avrebbe proseguito a descrivervi la famosa chiesetta di Avilla di Buja e i fatti “prodigiosi” che lì erano accaduti, dettagliando il suo pezzo con toni umili, ma entusiastici ed incalzanti. Come se tutta quella storia lo riguardasse davvero da vicino...: così era! Quel cronista d’eccellenza, che portava il nome del celebre pittore, poeta e traduttore triestino, Cesare Sofianopulo, aveva conosciuto don Saverio ed era diventato il principale artefice e demiurgo del sogno di cui scriveva: il dono alla Chiesa di Avilla di una meravigliosa Via Crucis, composta da 14 bassorilievi realizzati “con entusiasmo” e “ben volentieri” da altrettanti insigni scultori italiani. Quella miracolosa opera d’arte aveva fatto il suo ingresso solenne nella rinnovata Chiesa parrocchiale di Avilla, il 18 ottobre 1959, accolta festosamente dalla gente “stupita ed ammirata”- come scriveva nel suo articolo Sofianopulo.
“50 anni di arte ad avilla”: commemorazione e contemplazione
A cinquant’anni di distanza, la comunità di Avilla – dall’ottobre 1998 guidata da don Felice Snaidero – ha inteso ricordare e celebrare la straordinarietà di quell’avvenimento con una serie di eventi tenutisi in Chiesa tra i mesi di settembre ed ottobre 2009. Ai concerti, dove il nuovo organo Taboga è stato spesso accompagnato da altri diversi strumenti, si sono intercalati specifici momenti di commemorazione e riflessione. Filo conduttore delle serate è stato il tema della Croce, di cui le suggestive esecuzioni musicali ne hanno ampiamente sottolineato la profondità, l’ampiezza tematica e spirituale. L’ intera iniziativa, denominata “50 anni di arte ad Avilla”, ha arricchito il suo intento celebrativo con l’organizzazione di due convegni moderati da don Snaidero. Attraverso brevi interventi, diversi esperti di storia, hanno offerto al pubblico la possibilità di un diverso approccio, un approfondimento e una contemplazione “guidata” delle diverse opere artistiche , in particolare delle quattordici opere bronzee della Via Crucis e della meravigliosa vetrata di Alessandro Ricardi di Netro che arricchisce oggi il lato destro della Chiesa. L’iniziativa è stata a tutti gli effetti un’ occasione per “riprendere il discorso” su una chiesetta che, se nel 1960 era già nota e famosa, oggi “val la pena di presentarla ad un pubblico più vasto”. Così ha affermato la professoressa Maria Masau Dan, direttrice del Museo Revoltella di Trieste, relatrice del primo convegno intitolato “La Via Crucis di Avilla... e non solo”. Manifestando lo stupore nel visitare un luogo così suggestivo, poiché fino a quel momento aveva dedicato solo degli studi all’opera contenuta, la prof.ssa Masau ha esordito dicendo che: “L’effetto che si percepisce entrando nel tempio di Avilla è straordinario; qui si realizza un’opera nel suo complesso poiché si avverte la pienezza di un’ unità che rafforza la bellezza e la percezione di armonia che si concilia pienamente con l’esigenza primaria di questo ambiente, ovvero la devozione del luogo”. Un intento che non sempre si raggiunge perché non sempre le esigenze liturgiche, della chiesa e dell’arte contemporanea, si conciliano; qui, invece, sembra che si sia creata una vera e propria sintonia di intenti tra la il parroco che ha voluto queste opere d’arte straordinarie, e gli artisti che hanno realizzato queste opere. Questo della Chiesa di Avilla è un caso unico ed irripetibile. Ulteriore fatto straordinario, che incuriosisce e crea stupore, risiede nel considerare che generalmente non ci si aspetta che un luogo in cui convergono così tante forze e energie si collochi così lontano dai grandi centri; invece no : è avvenuto qui, in mezzo a questa realtà dal punto di vista geografico incontaminata, armoniosa anche nelle caratteristiche del territorio. Per quanto concerne in particolare la Via Crucis, anche il numero degli artisti che vi hanno lavorato è un fatto straordinario, perché può succedere che un artista si impegni in una realtà, ma qui si parla di quattordici grandi artisti, molti dei quali vere celebrità della scultura italiana contemporanea. Questo è davvero significativo. E poi, la storia che sta dietro alla realizzazione di questa Via Crucis...” la realizzazione e il dono della via crucis ad avilla: le premesse storiche. Cesare Sofianopulo nel suo articolo raccontava le tappe ed i passaggi che avevano visto realizzarsi infine il gran sogno, ma non spiegava in quali circostanze fosse divenuto collaboratore di quel benemerito parroco e come fosse entrato a far parte di quella sua “ardua impresa”. A descrivere l’incontro con il noto artista triestino e l’impegno personale di collaborazione che ne derivò, è lo stesso don Saverio Beinat nella prefazione della pubblicazione 1”La Via Crucis di Avilla di Buia”. Ricordando la primavera del 1950, quando “la popolazione iniziò i lavori per la sistemazione della sua Chiesa. Quale entusiasmo!” e, facendo accenno ai “sacrifici non lievi” con cui si costruì il Campanile e il vaso dell ‘aula ecclesiale, don Saverio asseriva mestamente che “l’interno era completamente disadorno”. Se da questa affermazione, sembra trasparire tutta l’ amarezza del nostro sacerdote, ecco esprimersi subito dopo il suo piglio e la sua innata capacità di chiedere e di cercare: “Desideravo abbellirlo con opere d’arte... Pensai di rivolgermi a 14 rinomati scultori d’Italia pregandoli di donare, in via del tutto eccezionale, una stazione della Via Crucis ciascuno. Nell’ottobre 1955 il pittore Pino Passalenti aprì una mostra personale a Buja ed invitò il prof. Cesare Sofianopulo a tenere una conferenza. A lui manifestai il mio progetto ed esposi le difficoltà che incontravo. Egli rimase un po’ perplesso, ma poi con uno scatto caratteristico, esclamò: “La sua idea è ottima: la realizzeremo!” . Dopo tre anni la rosa dei nomi era portata a termine”. “La rosa dei nomi”, scriveva don Beinat; l’invito a realizzare le sculture, infatti, era stato esteso ad almeno 300 artisti, contattati personalmente (soprattutto da Sofianopulo) o attraverso l’invio di lettere, alcune delle quali – apprendo da una testimonianza locale – erano state scritte dai bambini della scuola elementare di Avilla, seguiti dalla maestra Orestine, e poi inviate da don Saverio “Quattordici sommi scultori – si dice ancora in questa storica prefazione – risposero con entusiasmo all’invito, senza conoscere il paese beneficato e senza informarsi della Chiesa destinata ad accogliere un patrimonio così prezioso. Delicatezza che rende più nobile l’offerta”.... “Ad essi – scriveva don Saverio – fu assegnato il soggetto ed indicate le dimensioni del bassorilievo, ma veniva lasciata piena libertà d’espressione”. la straordinarietà artistica della via crucis “Fu assegnato il soggetto ed indicate le dimensioni del bassorilievo, ma veniva lasciata piena libertà d’espressione”. Questo dettaglio, dal punto di vista tecnico, risulta decisamente interessante perché “la straordinarietà di questa Via Crucis – ha sottolineato la professoressa Masau – risiede anche nel fatto che, nonostante vi convergano quattordici artisti con altrettanti diversi stili ed interpretazioni personali ed artistiche, nella sua integrità c’è una grande unità stilistica. E’ straordinario notare con quale libertà questi artisti – pur chiamati a rispettare con precisione determinati parametri stilistici che questo genere d’arte religiosa impone – abbiano singolarmente interpretato il proprio soggetto”. Ogni autore con un proprio stile, come si vede in Mistruzzi (“La condanna” - 1a stazione), Francesco Nagni (“Incontro con la Croce”- 2a staz.); Luciano Minguzzi (“La prima caduta” - 3a staz.); Edoardo Alfieri (“Incontro con la madre” - 4a staz.), Alessando Monteleone (“Incontro col Cireneo” - 5a staz.); Marcello Mascherini (“Incontro con la Veronica” - 6a staz.); Giuseppe Negrisin (“La seconda caduta” - 7a staz.); M.M.Lazzaro (“Incontro con le donne” - 8a staz.); Pericle Fazzini (“La terza caduta” - 9a staz); Franco Girelli (“La spogliazione” - 10a staz.); Nicola Rubino (“La Crocifissione” - 11a staz.); Ugo Carà (“La morte” - 12a staz.); Michele Guerrisi (“La deposizione” - 13a staz.); Attilio Selva (“La Sepoltura” - 14a staz). Va allora notato – come suggerisce la professoressa Masau – che un autore come Mistruzzi, famoso medaglista friulano, all’epoca è ancora uno scultore classico, ma interpreta la scena con un grande senso delle proporzioni, della profondità e dell’armonia. Altri autori, come nel caso di Minguzzi, invece, riempiono lo spazio di figure, di elementi diversi e danno uno spiccato senso di concitazione e di drammaticità. In alcune opere si nota un rilievo molto accentuato. Nel bassorilievo di Negrisin, invece si nota una specie di ricamo; l’autore interviene giocando molto sulla linea e sul cesello di queste forme piuttosto che sul contrasto violento tra la superficie e le forme. Ci sono poi delle scelte di tipo lineare, come nel caso di Rubino, ma anche in Alfieri (“Incontro con la madre”) in cui prevale una linea morbida, curva, i piani sono assolutamente delicati, lisci; è questo infatti uno scultore che ha una vocazione più lirica che drammatica; in altri autori si osserva una grande attenzione alla forma e alla stilizzazione, ed è questo il caso, tra gli altri, dell’”Incontro con la Veronica” di Marcello Mascherini. “le chiese” di avilla nella storia Di una chiesetta con la dedicazione a San Pietro si ha notizia già a partire dal 1300; a quel tempo 2 – spiega Pietro Menis - “il nostro paese aveva già cinque chiese, oltre alla Matrice, in altrettante Borgate, a riprova che fin da allora le popolazioni indigene si erano allargate dal primiero nucleo di abitazioni venute su attorno al Castello e alla Pieve, centro spirituale e civile del paese”. Quel primordiale tempio – consacrato nel 1347 – servì egregiamente la sua comunità per ben cinque secoli, richiedendo pochi ritocchi strutturali e stilistici (alcune modifiche furono apportate nel corso del settecento e dell’ottocento), ma senza avvertire alcun bisogno di ingrandirsi. Nei primi decenni dell’Ottocento però, si era verificato un considerevole aumento demografico e l’edificio, oltre che non più adeguato per le sue dimensioni, risultava essere “cadente e in minacciosa rovina” tanto che 1nel 1838 il Pievano Tomaso Bonetti, rivolgeva “supplica all’”Illustrissimo e Reverendissimo Monsignore”, l’Arcivescovo per il radicale restauro della chiesetta”. Questo fu autorizzato in data 31 gennaio 1838 e dopo quattro anni di arduo lavoro, il risultato fu strepitoso: si era realizzato un edificio di vaste proporzioni, caratterizzato dalla facciata che inglobava la cella campanaria, situata in posizione centrale. 1Secondo la prassi del tempo, inoltre, si riutilizzarono i materiali della precedente costruzione e così nei muri finirono le pietre dell’originale edificio trecentesco. In questa Chiesa, pochi decenni dopo, il 21 novembre 1876 fu celebrata la prima Festa della Madonna della Salute con la statua portata dai fornaciai buiesi. A partire da questa data ha inizio la lunga catena di venerazione e celebrazione della Madonna della Salute, denominata in seguito “Madonna dei Fornaciai”. Nel 1903 soltanto un sacerdote risiedeva sul posto col titolo di Cappellano-Curato e questi era don Francesco Luccardi da Montenars. Nel 1930 la Chiesa di Avilla venne eretta in Vicaria indipendente e due furono i Vicari che si susseguirono: don Pietro Della Stua da Enemonzo, don Roberto Ribis da Ribis e don Umberto. Nel 1943 – la chiesa divenne Parrocchia e il suo primo Parroco fu don Saverio Beinat. Don Saverio Beinat: il prete “ricostruttore”. Fu proprio don Beinat, a raccogliere, in rappresentanza di tutta la sua gente, quell’osservazione provocatoria ripetuta più volte dall’Arcivescovo Mons. Nogara durante la Visita Pastorale del 27 settembre 1949: “ Ma la chiesa è sempre quella”! Fu quindi lui a promettere solennemente che la popolazione di Avilla avrebbe risistemato quell’edificio, iniziando i lavori di restauro durante l’Anno Santo (1950). 3Il progetto fu assegnato all’architetto cividalese Leone Morandini (1888-1971); i lavori, come si è già accennato, furono intrapresi nella primavera del 1950, ed ancora oggi alcuni testimoni lo ricordano: “fu un’opera molto faticosa realizzata con spirito di caparbietà e sacrificio, con l’aiuto dei fornaciai e di tutta la comunità”. In compenso, il risultato finale fu davvero premiante: dopo solo due anni di lavoro si potevano già contemplare la chiesa ampliata, completa nel basamento di pietra, il campanile, rivestito di mattoni rosati, completamente ricostruito. L’inaugurazione ebbe luogo nel novembre 1951. La realizzazione di quella nuova chiesa era nel contempo divenuta un omaggio alla Vergine Santa della Salute – nel 75° anniversario dell’ingresso ad Avilla della pregiata statua dei fornaciai buiesi. Purtroppo quella nuova costruzione sacra, dopo solo cinque lustri, sarebbe stata irrimediabilmente danneggiata dal terremoto del 1976 che risparmiò solo la torre campanaria. La 3popolazione, interpellata sulle varie possibilità di riparazione e ricostruzione, manifestava la volontà di demolirla integralmente e di riutilizzare le stesse pietre e ogni altro possibile reperto per la riedificazione del nuovo santuario. Così si fece: nell’area della precedente Chiesa, demolita nel dicembre del 1977, si innalzò il nuovo tempio progettato dall’architetto Delino Manzoni. Alla sua realizzazione tanto contribuirono le offerte, il materiale edilizio donato soprattutto dalle fornaci del Veneto e la mano d’opera generosamente prestata da amici di ogni dove, conoscenti, parrocchiani di Avilla e dagli indimenticabili volontari di Onigo. Il primo giorno dell’anno 1978 l’Arcivescovo di Udine Mons. Battisti benedisse la pietra del sacro edificio che venne in seguito consacrato il 18 ottobre 1980. QQuesta data storica è scolpita anche sul pannello posto all’ingresso, sulla facciata sinistra della Chiesa, in cui si scrive: “Con i fedeli di questa comunità e con l’aiuto degli amici qui il Sacerdote Saverio Beinat per la seconda volta edificò il tempio in onore di San Pietro Apostolo. Alfredo Battisti, vescovo di Udine, lo consacrò il 18 ottobre 1980. E’ bene ricordare che fra tutti i tempi distrutti dal terremoto, questo risorse per primo con il favore dei fedeli di Avilla”. la chiesa di avilla: un vero e proprio scrigno d’arte Non solo la “Via Crucis” e la vertrata di A.R. Netro fanno della chiesa di Avilla un autentico “scrigno d’arte”, come l’ha definita la Professoressa Gabriella Bucco nel convegno del 24 ottobre 2009. Molte altre sono le opere che concorrono ad assegnare questa definizione all’attuale chiesa di San Pietro Apostolo, riedificata ed arricchitasi nel corso degli anni, grazie a don Saverio Beinat. Più volte descritto non solo come il “prete ricostruttore”, ma anche come “l’autentico propulsore dell’ornamento e dell’arredamento artistico delle sue chiese”, fu lui che “per molti anni diede al popolo la luce di Cristo e l’amore per la Vergine, curando la casa di Dio”, come si scrive sull’epigrafe con cui i parrocchiani hanno voluto commemorare il loro sacerdote; questo, e il precedente pannello, entrambi dedicati alla figura di don Saverio, sono collocati all’ingresso, sulla facciata sinistra della Chiesa e costituiscono un’opera di grande valore storico ed affettivo. Ma veniamo all’”ornamento artistico” di questa chiesa. A spalancare l’accesso a questo straordinario scrigno d’arte, sono i suoi tre preziosi portali. Oggi riposizionati ed avvicinati – rispetto alla Chiesa antecedente al terremoto, dove costituivano tre ingressi separati e distinti – sembrano meglio raccogliere la loro ricchezza artistica; essi infatti appaiono decorati da una serie di ventidue formelle in bronzo fuso, realizzate da tre famosi incisori locali. Sono infatti di Guerrino Mattia Monassi i sei bassorilievi del portale centrale che illustrano: l’episodio evangelico in cui “Cristo consegna le chiavi a San Pietro” e la “Conversione di San Paolo”; il terzo pannello sintetizza l’”Anno Santo 1950”; i pannelli sottostanti richiamano la “Proclamazione del Dogma dell’Assunta” ed infine, in due quadri distinti, la “Condanna e riabilitazione del lavoro”. Le porte laterali sono opera degli artisti buiesi Pietro Gallina ed Enore Pezzetta che sulle loro rispettive otto formelle riportano i Misteri del Rosario. Varcando questa preziosa soglia, rientrando in Chiesa, la si scopre ornata in ogni suo spazio e in ogni sua facciata da opere di evidente prestigio artistico. Lo sguardo di chi vi accede per la prima volta potrebbe dapprima essere catturato dal cuore di questo tempio sacro e quindi dalla sua area presbiterale, dal suo splendido altare, dal pulpito o dal battistero. Oppure, accedendo dal portale di destra, l’attenzione potrebbe da subito concentrarsi sulle prime opere, collocate all’ingresso di questa facciata: un affresco di “San Pietro”, recuperato dal soffitto della Chiesa demolita nel 1950, che porta la firma di Domenico Fabris, illustre pittore di Osoppo, vissuto nell’800. Come ogni tempio sacro, l’ingresso, da entrambi i lati, propone le Acquasantiere; queste opere in bronzo sono state realizzate dell’artista Edoardo Alfieri che nella chiesa di Avilla ha lasciato una traccia consistente della sua arte, per quanto concerne soprattutto la sezione del presbiterio. Procedendo, la facciata si arricchisce di un ulteriore acrilico su tela che raffigura “Le Opere di Misericordia”, ad opera del pittore, incisore e disegnatore Fiorenzo Maria Gobbo, religioso nato a Bressa di Campoformido. Spostando lo sguardo si ammira invece la meravigliosa vetrata del poliedrico Alessandro Ricardi di Netro (di cui si è presentato un profilo artistico nell’ambito dei convegni di ottobre 2009, a cura della Professoressa Martina Gobbato e di don Felice Snaidero). I quadri, insieme ai “Simboli Mariani”, illustrano la storia della Madonna patrona dei fornaciai, la realizzazione ed il trasporto della statua, la sua prima venerazione e rappresenta le fatiche e la fede di coloro che la invocarono protettrice della salute. L’opera che oggi è collocata su questa facciata, nella precedente Chiesa sovrastava la porta centrale; le vetrate, precedentemente disposte in verticale, appaiono oggi raccolte in una dimensione orizzontale, quasi a formare un quadrato, segno di grande equilibrio. Molto interessanti ed evocative, per la loro profondità tematica ed artistica, sono le Vetrate firmate dal pittore e mosaicista Arrigo Poz, che abbracciano tutta l’aula ecclesiale. Vi è rappresentata la Chiesa friulana ed i Sacramenti. A queste opere, poste sulla parete di ingresso e sulle pareti laterali, nel corso del 2009, si sono affiancate diciotto nuove finestre, in cui lo stesso autore vi raffigura la “Vita di Maria” e la “Vita di San Pietro”. Nel procedere, ammirando le quattordici Via Crucis collocate su entrambe le facciate, si giunge alla zona presbiterale della Chiesa, dove Edoardo Alfieri, come si è già detto, firma diverse opere. Suo è il paliotto in bronzo dell’altare. Qui, nel ricordare particolari dell’Esodo, l’artista genovese vi rappresenta “Le piaghe d’Egitto” (sulla fiancata sinistra) e “La Terra Promessa” (fiancata destra); la parte centrale del paliotto riporta invece: “La manna, le quaglie e l’acqua”; I cavalieri del Faraone inseguono gli ebrei travolti nel mar Rosso”; “I serpenti velenosi e quello di rame”. A fianco dell’altare, l’ambone in bronzo, rappresenta l’ultimo dono di don Saverio Beinat alla sua Chiesa e assume pertanto una spiccata valenza affettiva molto significativa per la Parrocchia di Avilla. In questa ulteriore creazione di E.Alfieri (fusione di Brustolin di Verona) vi sono rappresentati: “Gesù scaccia i profanatori del tempio”; “Il Crocifisso”; “Giona ingoiato dal pesce”; “Giona rigettato dal pesce”; “La tomba guardata e sigillata”; “La tomba scoperchiata” e “l’Angelo; Gesù e la Maddalena”; “Gesù e i due discepoli di Emmaus”; “Gesù e l’apostolo Tommaso”; “Gesù e Saulo”. Sono frutto del lavoro di E. Alfieri anche i due bassorilievi, formati da quattro pannelli sovrapposti, collocati nell’abside. Destinati in un primo tempo a decorare la facciata della chiesa precedente, il bassorilievo di destra (che era già stato collocato nel 1975), venne recuperato dopo il sisma del ‘76. I pannelli si presentano suddivisi per contenuti tematici: quelli di destra interpretano “La Parola di Dio”, mentre quelli di sinistra raffigurano “La Chiesa”. Tra i due bassorilievi è collocata la Statua in terracotta della Madonna della Salute, Patrona dei Fornaciai. A fianco dell’altare, sul lato destro della chiesa, racchiuso in uno scrigno arcato, trova la sua collocazione ideale il Battistero, arricchito da una statuina di mezzo metro raffigurante “San Giovanni Battista adolescente”. Realizzata dallo scultore buiese Troiano Troiani, fu lui ad inviarla da Buenos Aires, (dove era Presidente dell’”Accademia di Belle Arti”), per lasciare un proprio contributo alla chiesa del suo paese natale, in memoria della diletta patria lontana e del nome del padre, anch’egli “Giovanni”. Di grande significato è l’olio su tela di scuola Romana, dell’artista barocco Carlo Maratta (1625-1713), raffigurante la “Madonna e San Luigi”; l’opera è giunta alla parrocchia di Avilla nel 1979, quale dono di Papa Giovanni Paolo II , alla prima chiesa ricostruita dopo il terremoto, “Perché il Friuli rinasca”. In parallelo, portando lo sguardo sulla facciata sinistra della Chiesa, dove oggi è collocato il nuovo organo realizzato da Ermanno Taboga, vi troviamo un olio su tela che rappresenta il “Cristo Vite Verace”, ulteriore dono oltre al suo straordinario aiuto di Cesare Sofianopulo. Uscendo dalla Chiesa, per accedere alla cripta, alzando lo sguardo su questa facciata, troveremo una bellissima maiolica realizzata dall’artista triestino Carlo Sbisà raffigurante “S. Pietro”. La cappella feriale, all’interno della cripta, custodisce altre opere, tra cui i numerosi medaglioni a soggetto religioso realizzati dai più famosi maestri incisori bujesi, quali: Guerrino Mattia e Piero Monassi, Pietro, Celestino, Vittorio Giampaoli, Enore Pezzetta, Pietro Galina, Giuseppe Baldassi. Di Pierino Monassi, e Arnaldo Baldassi tra le numerose, la medaglia della Madonna della Salute realizzata nel 2004 per la nuova denominazione della strada intitolata alla memoria di don Saverio. Si può inoltre ammirare il Crocefisso di Andrea Molinaroe il soffitto e le vetrate di Arrigo Poz.
testimonianze e dati tratti dalle seguenti pubblicazioni 1 - “La Via Crucis di Avilla di Buia”, don Saverio Beinat e Pietro Menis - “Tipografia Doretti” Ud. 1959. 2 - “Inaugurazione del Campanile nel 75°anniversario della Madonna della Salute” Pietro Menis - “Arti Grafiche Friulane”. 1951. 3 - Dall’art. “Leone Morandini e la chiesa di Avilla di Buia”, C. Mattaloni; “Buje Pore Nuje!” n. 22/2003 – Ed “Il Giornale di Brescia”. 4 - “La Madonna dei Fornaciai”, Pietro Menis. “Arti Grafiche Friulane”1960. |