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Dicembre 1989

Chiesa nuova

Omelia dell''Arcivescovo Mons. Alfredo Battisti

 

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Un caro saluto a tutti, particolarmente ai carissimi sacerdoti concelebranti, al carissimo parroco Don Nino, alle autorità presenti, in parti colare al Sindaco rappresentanti della Comunità civile, a tutti voi fratelli e sorelle convenuti per queste celebrazione.

 La gioia di questo giorno lo si legge, lo si vede nel volto degli occhi di tutti, un giorno tanto atteso. Ma che cosa significa consacrare una Chiesa e consegnarla consacrata a una comunità? Ci aiuta a capire il senso di questo la parola che Dio ci ha rivolto, parola proclamata solennemente in questa chiesa oggi. Il primo messaggio ci viene dal libro di Neemia.

 Il popolo ebreo, era stato portato schiavo a Babilonia; là immerso nella città, sommerso da una cultura dominante aveva perso le tradizioni, i costumi, la cultura, la memoria storica, perso perfino il libro della legge. Nel 538 Ciro dà l'editto che aiuta, che libera il popolo e lo rimanda in Patria e con il primo atto si mettono a leggere il libro della legge.

Esdra sale su un pulpito di legno e il popolo ascolta e ricordando le leggi di un tempo si commuove, piange e poi all'indomani riprende la lettura per otto giorni, tanto che al termine viene detto: "non piangete, fate festa, perché la gioia di Dio è la vostra gloria".

Questa è una lettura storica. C'è una lettura profetica, s'incarna nella circostanza di oggi per voi. Anche voi, fratelli di Madonna avete vissuto un momento tragico, drammatico, dopo il terribile 6 maggio. Io ricordo che sono arrivato all'indomani e mi sono trovato accanto ai resti del campanile e un anziano, con gli occhi umidi di pianto, mi ha detto: "vede, questo campanile era l'ultimo oggetto che noi vedevamo quando ci allontanavamo da Madonna per andare a fare i fornaciai e l'osservavamo dicendo: "mandi tôr"".

 Sembrava che fosse stata distrutta tutta la memoria del passato. E quando sono arrivato il povero Pre' Carlo, nel cui volto si leggeva il dramma di tutto un popolo, stava celebrando l'Eucarestia all'aperto, perché la Chiesa era distrutta.

E, dopo questo drammatico momento, i tre tempi bibblici: il tempo dell'esodo sotto le tende, il tempo dell'esilio, sradicati quasi per violenza ma per necessità a Ugnano, Grado, Bibione, anche se il cuore era qui, in questi paesi cari anche se distrutti; e poi il tempo delle baracche e il tempo della faticosa ricostruzione, che con l'aiuto di tutti, in particolare dello Stato, della Regione, siete riusciti a realizzare.

Saliti sulle impalcature, sui cantieri, il popolo friulano, anche qui a Madonna, ha dato il segno di una forza, di un coraggio che ha commosso il Paese e il mondo. Ma non basta questa rinascita materiale, anche se era necessaria.

C'è il rischio di un ritorno a Babilonia, perché, immersi in una cultura dominante, che è impregnata di secolarismo, di consumismo, di indifferenza religiosa , portata dentro il santuaro delle case attraverso i mass-media, popolo friulano rischi di essere espropriato dei tuoi valori più profondi, di quelle radici cristiane, di cui c'è la memoria qui.

Basterebbe pensare a quella Madonna di Domenico da Tolmezzo, prezioso cimelio e basterebbe ricordare i primi dati storici che ricordano S. Maria ad Melotum che risalgono al 1251. Fratelli e sorelle c'è il rischio di una espropriazione, di una perdita dei valori più profondi, dell'anima.

Allora, alla rinascita materiale, occorre che segua una rinascita morale, spirituale e religiosa. Don Nino, che è succeduto a Pre' Carlo, quasi come nuovo Esdra, salga in questa Comunità col libro della legge di Dio, con il Vangelo in mano per una nuova evangelizzazione di questa terra, perché non perda la sua anima più profonda.

E qui è il secondo messaggio che ci viene da Pietro. Consacriamo la Chiesa, ma consacriamo soprattutto i vostri cuori, le vostre persone, perché il primo Papa Pietro, nella prima enciclica che ha scritto, ha detto: "Stringendovi a Cristo, pietra viva, scartata dagli uomini ma preziosa davanti a Dio, voi venite edificati come tempio spirituale, perché siete voi le pietre vive che costruiscono la Cattedrale di Dio, voi siete stirpe eletta, nazione santa, popolo che Dio s'è conquistato perché narriate le meraviglie di Colui che dalle tenebre vi ha portati alla sua mirabile luce".

Allora questa Chiesa è veramente consacrata se voi vi lasciate consacrare a Dio, a Cristo e venite a celebrare alla festa l'incontro con il Signore risorto che vuole nutrirvi con il pane della parola e il pane del suo corpo. C'è qualche volta un detto friulano "No covente lâ a messe la domenie, ch'ei che van in glesie 'a son come chei altris".

Può essere che gli altri che vengono in Chiesa, peccatori anch'essi, non si distinguano sempre; però chi viene in Chiesa corre un rischio che non corre colui che non ci viene mai: d'incontrarsi, con la parola, con lo sguardo di Cristo Signore risorto che ricambia il cuore che risconvolge la coscienza, che lo fa diventare creatura nuova.

 Ed è il messaggio della terza lettura, del Vangelo. Che cosa capita se un uomo si lascia incontrare da Cristo? Zaccheo, un pubblicano, un esattore di tasse, e lo faceva da strozzino, aveva ricevuto questo compito dall'autorità romana. La gente lo odiava, era il segno della sudditanza a Roma, della perdita della libertà politica, ma anche lo invidiava perché era ricco; e la gente pensa che chi è ricco, chi ha soldi è una persona felice.

Cosa può desiderare di più dei soldi? Il denaro sembra il fine di tutto, la fine di tutta l'attività che sta occupando in maniera esagerata anche il cuore dei friulani. Questo ritrovato benessere! E invece denaro, consumo, profitto, potere saziano ma non estinguono la sete del cuore; restano nel fondo degli interrogativi che urlano e gridano dentro, che vogliono che l'uomo trovi il senso autentico più profondo della sua vita, le ragioni della sua esistenza. Queste ragioni Zaccheo è andato a cercarle da qualcuno che poteva dargli la risposta. Ma è piccolo e allora sale su un sicomoro, di là nascosto nel fogliame può vedere, ascoltare senza essere visto.

Ma Cristo che passa si ferma proprio lì sotto l'albero, lo scova tra il fogliame. "Zaccheo, scendi in fretta. Io devo venire in casa tua". La fretta di Dio. Dio è infinitamente paziente con voi, con me, ma quando giunge il momento della sua grazia, della sua misericordia, del suo amore decisivo, allora Dio ha una fretta terribile. "Devo venire a casa tua", in casa di uno strozzino, di un pubblicano; un rabbino non sarebbe mai entrato nella casa di uno strozzino per non contaminarsi; ma Dio, il cuore di Dio non ha paura di sporcarsi con il cuore dell'uomo. Anche se uno ha l'impressione di essere lontano da Dio, per quanti fossero i peccati che ha fatto, Dio gli è vicinissimo, dentro di lui. S. Agostino, nel tempo della sua lontananza, prega nelle confessioni: "Signore tu eri dentro di me, io ero fuori".

Questo Dio che va alla ricerca è morto, pazzo d'amore in croce per andare alla ricerca di chi ha l'impressione di essere lontano. Ed ecco che cosa capita quando veramente si incontra con il Signore. Zaccheo nel mezzo del pranzo si alza e con l'ammirazione, lo sbalordimento di tutti fa testamento e lo rende esecutivo: "La metà dei miei beni la dà ai poveri e se ho imbrogliato qualcuno si faccia avanti, gli rendo quattro volte tanto".

Che cambiamento dopo l'incontro con Cristo! Il denaro, che prima era oggetto di egoismo, di possesso, adesso diventa strumento di condivisione con i più poveri. Gli uomini, che prima erano soggetti da sfruttare, adesso diverranno fratelli da amare. È questo il cambiamento che porta quando il Vangelo entra dentro la coscienza e il cuore. Certo la gente che ha sentito questo ha pensato: "Zaccheo è diventato matto". Aveva soltanto capito la logica delle beatitudini, il discorso più rivoluzionario della storia.

Che cambiamento avverrebbe se quando noi usciamo di Chiesa tornassimo cambiati come è stato cambiato Zaccheo. Ecco fratelli perché il Signore convoca alla domenica i suoi discepoli, Lui risorto, per spezzare il pane della sua parola, per cambiarci dentro e farci diventare novità, speranze di un mondo nuovo, creature nuove. Oh! fratelli, non è il tempo di abbandonare le Chiese, ma il tempo di ripopolarle in un momento storico in cui il nostro paese ha bisogno di una rinascita morale.

Tutti pongono la questione morale, ma la questione morale non si risolve soltanto con leggi, con polizia e tribunali. Si risolve sopratutto se cambia il cuore dell'uomo, cambia qui, a confronto con la parola di Dio. Viene firmata di solito una pergamena, e la data storica della consacrazione di una Chiesa viene consegnata negli annali di una parrocchia: per secoli verrà ricordato questo giorno.

Che bello fratelli, se oltre che ricordare la data storica di una consacrazione si ricordi anche il fatto nuovo, grande: che in questa Chiesa consacrata tutta una comunità è salita sui cantieri, sulle impalcature della storia.

Un popolo che è risorto materialmente ha le energie morali per risorgere anche spiritualmente, religiosamente, in maniera tale che si ricordi in futuro di questo paese e di questo Friuli; che in questo momento storico la comunità è salita su queste impalcature per procurare e realizzare questa stupenda rinascita morale, religiosa e spirituale di questa terra.