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Luglio 1998 - Dicembre 1998 - Aprile 1999 - Luglio 1999 - Dicembre1999

Storia della Chiesa della Beata Vergine ad Melotum

 di Madonna di Buja dalle origini giorni nostri

di Carla Pauluzzi

 

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"Si conte che agnoruns indaur, un om al jere a arâ tal so cjamput. Dut tun moment, parsôre di un miluzzâr, insomp, al viôt une nìule blancje. Si ferme lui, dut imbambinît, e a pôc a pôc, dal nûl, come s'è vignìs-fûr di un grum di vêi, j comparis la Madone cul Bambin tal braz. Lui al côr a conta il prodigio, e la vôs de aparizion si è slargjade tun lamp. Il popul unît, in chel lûc al à fate-sù une glesiute, e la Madone le àn clamade dal miluz: "Beata Virgo de Melotum" Atôr de glesie si è formât un borc, e ancje chel lu clamàrin "borc di Madone", e uê al è un dai plui granc' di Buje.

La devozion ae Madone dal miluz, si dîs ch'e si fos slargjade par dut il Friûl e ancje di là des monz, parceche i pelegrins a' vignivin culì de Dalmazie, dal l'Ongjarie e de Germanie. Ai nestris dîs la fame de Madone dal miluz si è un fregul piardude, Ma nô 'o podìn viodi uê ancjemò la biele glesie, dute piturade, cun afrescs ancje dal Fabris, e sul aitâr majôr la vecje imagjne miracolôse de Madone cul Bambin sculpide in len di 'Zuan di Tumiez".

Così Pietro Menis, cultore di memorie locali, ci racconta la leggenda circa la fondazione del santuario della Beata vergine ad Melotum di Madonna di Buja. Non ci è dato sapere a quali verità attinse la tradizione popolare per dare vita a questa leggenda e neppure da quando essa si sia diffusa tra il popolo.

Come annota Novella Cantarutti in calce al brano riportato da Pietro Menis, questo è un adattamento popolare derivante dal nome del luogo già esistente prima del santuario. E interessante cercare di capire da cosa o da dove questa parola "Melotum" derivi poiché questo nome oltre che inconsueto è unico in tutto il Friuli.

Diversi studiosi si sono occupati di questa questione etimologica fornendo ognuno una loro personale versione circa l'origine di questo nome che è stato variamente storpiato nel corso dei secoli. G.

Vale oltre a ribadire la difficoltà di dare una spiegazione plausibile, ipotizza che tale parola, da cui prende il nome non solo la chiesa ma anche una confraternita, sia originato dal termine "de malotulta", facendo riferimento ad un voto "per effetto del quale sia stata eretta la chiesa, da persona che doveva riscattare l'anima da gravi peccati commessi con ruberie, usure, prevaricazioni o addirittura rapine".

 Il Vale suffraga questa teoria affermando che tra le entrate della chiesa medioevale erano frequenti allora le donazioni "de maletultis" da cui può aver avuto origine il nome "de Malotul". In seguito anche Pietro Menis cercò di chiarire il mistero circa l'etimologia del termine proponendo una meno probabile derivazione dal greco antico "melotè" (pelle d'agnello) in considerazione del fatto che questo santuario era visitato da numerosi pellegrini i quali, imitando gli eremiti, facevano penitenza davanti all'altare della Madonna inginocchiandosi su pelli di agnello, appunto le "meloté o melòte" da cui deriverebbe "melotum".

Bisogna precisare che questa teoria è riferibile al secolo XVII, periodo in cui il santuario della Madonna era visitato da numerosi pellegrini; ma come possiamo giustificare allora il fatto per cui troviamo menzionato questo termine in numerosi documenti risalenti dalla fine del 1200 in poi? Infatti nel Thesaurus Ecclesiae Aquilejensis nell'anno 1275 vengono riportate le seguenti parole: "Liottus de Buja confessus est habere ad Ecclesia Aquilegensi in feudum rectum et legale dimidium unum mansum jacentem in Buya, in loco qui Moloncui nominatur...".

Questo brano è la prima memoria storica della località non della chiesa. Infatti per vedere menzionata, per la prima volta la chiesa di Madonna dobbiamo fare riferimento ad un documento del 1277 in cui un Notaio di Gemono scriveva: "cacharia ecclesiastico Ecclesiale Sancte Marie de Malotul Buye".

Oltre a questa citazione troviamo, nella storia della Pieve di Buja, una importante notizia che, se non rende certa, almeno suffraga l'esistenza di due chiese filiali ai piedi del colle principale; infatti nel 1251 il Patriarca di Aquileia, Gregorio di Montelongo, istituì due Vicari della Pieve di Buja affinchè provvedessero alla cura delle anime non avendo il Pievano obbligo di resistenza.

Per cui si può far risalire l'origine della nostra chiesa al secolo XIII. Dal XIII al XV secolo ci fu un processo di decentramento religioso a scapito della Pieve, infatti la cura spirituale della comunità bujese venne divisa tra i due vicariati di Madonna e Santo Stefano.

 Alla Chiesa Matrice rimasero i suoi possedimenti, ogni prerogativa parrocchiale, le principali funzioni e celebrazioni solenni compresa la celebrazione dei matrimoni e dei battesimi. Nulla si sa dell'edificio, della pianta, della architettura e delle dimensioni della chiesa della Beata Vergine ad Melotum di questi secoli.

Probabilmente si trattava di una chiesa di ridotte dimensioni e di semplice struttura, ad unica navata con campanile a vela, tenendo conto del fatto che la popolazione era prevalentemente di estrazione contadina e che per grandi occasioni religiose veniva ancora utilizzata la più maestosa Pieve di Monte, luogo ancora molto prestigioso.

 Quindi molto probabilmente il suo aspetto era allora molto simile a quello delle numerose e tipiche chiesette votive che ancora oggi si ergono disseminate sull'intero territorio centro collinare. Possiamo supporre che a partire dal XIV secolo in poi lo sviluppo della chiesa di Madonna sia sempre stato in costante e graduale ascesa ma strettamente legato all'economia del luogo alle condizioni economiche dei suoi fedeli.

Negli "Statua Communitatis Bujae" del 1371 viene così riportato: "Prata autem non est consuetum fieri et secari altivolum debeant annuatim banniri in Festo Dedicationis Ecclesie Beate Marie Molotuli: scilicet XII Maij in quibus", ciò sta a significare che al momento della redazione degli statui citati, la chiesa della B.V ad Melotum doveva essere certamente importante se meritava di essere menzionata in un testo fondamentale ed importante come gli statui comunali nei quali viene ricordata anche la data della sua dedicazione.

Dal Catapane della Pieve di Buja apprendiamo che già nel XIV secolo la chiesa di Madonna beneficiava di legati e donazioni sia in denaro che in generi alimentari. I paesani con queste elargizioni talvolta anche molto consistenti mantenevano vivo lo splendore della loro chiesa dimostrando così in maniera tangibile la loro fede.

Queste donazioni continuarono anche nel corso del XV secolo, come dettagliatamente riportato sempre nel Catapane.

Dal XV al XVII Secolo Anche nel corso del XV secolo continuarono le donazioni in beni e generi alimentari a favore della nostra chiesa e dall'esame di queste offerte si riesce facilmente a capire quale fosse il quadro socioeconomico del periodo, i fedeli della chiesa della B.V. ad Melotum, erano di umile estrazione sociale, l'economia del luogo e della comunità era basata senza dubbio solo sull'agricoltura e su qualche forma di artigianato ad essa legato.

 Fra i documenti relativi al XV sec, nell'Archivio Plebanale di Buja avrebbe dovuto essere conservato il più importante documento relativo alla storia di questa chiesa risalente a questo periodo. Il documento in questione è od era un rotolo membranaceo formato da quattro fogli di pergamena cuciti insieme e lunghi circa metri 1,86 che G. Vale ci descrive dettagliatamente contenente lo statuto della fraterna di S. Maria, costituita il 1° gennaio 1431 nella chiesa di S. Maria "de malotul" nella pieve di Buja e l'elenco degli affiliati. Questa confraternita strettamente legata allo sviluppo della nostra chiesa, ha avuto periodi di alterna fortuna come si puo dedurre dai documenti ottocenteschi conservati presso gli archivi locali.

Probabilmente la costituzione di altre confraternite alla fine del XVI secolo e nella prima metà del XVII secolo ha contribuito alla sua decadenza, poiché essa dovette confrontarsi con numerose altre fraterne per "sopravvivere degnamente", certamente non è stata sciolta ma la sua esistenza è lentamente venuta meno, mano a mano che i suoi iscritti morivano e non venivano sostituiti da nuovi altri fedeli affiliati ad una delle altre confraternite.

A partire dal XVI secolo troviamo menzionata sempre più spesso nei documenti scritti la chiesa della B.V. ad Melotum, queste citazioni sono riportate nella maggior parte dei casi in legati o testamenti costituiti a beneficio di essa. Continuarono anche per il XVI secolo le solite donazioni minuziosamente riportate nel Catapane.

È probabile che, grazie a queste elargizioni si sia lavorato anche nella chiesa di Madonna come pure nella Pieve e nella chiesa di Santo Stefano nella prima metà del secolo XVI poiché in quegli anni si verificarono una serie di rovinosi terremoti. Questa notizia e parzialmente e indirettamente avvalorata dallo scritto ottocentesco lasciatoci da Don Marcuzzi in cui ci descrive un bel dipinto datato 1544 presente sotto il portico della chiesa raffigurante una processione di pellegrini con in mezzo la B.V. col Bambino in braccio.

Non ci restano circa l'aspetto esteriore della chiesa di Madonna documenti scritti dell'epoca e non è certo che la chiesa descrittaci qualche secolo piu tardi da Mons. Venier sia la stessa alla quale venne posta mano nel corso del XIX secolo. Egli, a fine Ottocento, scriveva della chiesa di Madonna: "è a tre archi di tutta monta che poggiano sopra colonne bassissime e sproporzionate al raggio dell'arco".

La chiesa di Madonna probabilmente non subì radicali modifiche fino al XVIII secolo poiché in quei secoli l'economia locale non lo permetteva, essendo la comunità traviata da avvenimenti storici più importanti; inoltre nei secoli XVI e XVII si verificarono terremoti, carestie ed epidemie e solo nel XVIII secolo ci fu una minima ripresa economica.

 Inoltre tutte le rendite ed i benefici provenienti dai possedimenti ecclesiastici legati alla Pieve di Buja erano destinati dal 1512 in poi alla fabbrica ed al capitolo del Duomo di Udine. Nonostante però le incertezze economiche anche nel corso del XVII secolo la chiesa di Madonna beneficiò di numerosi lasciti di denaro, terreni e generi alimentari, infatti la chiesa della B.V. ad Melotum come risulta dalle stime, era proprietaria di vari terreni.

I suoi fedeli, pur di dare lustro ed importanza alla loro chiesa erano con essa munifici, si vedano ad esempio i numerosi lasciti o donazioni registrati durante questo secolo dai notai della famiglia Barnaba a favore della nostra chiesa. Relativa a questo secolo ci resta l'interessante cronistoria della visita pastorale compiuta nel 1626.

Grazie a questo resoconto possiamo sapere con certezza il numero degli altari presenti presso la chiesa della B.V. ad Melotum. Essi erano quattro e tutti consacrati: l'altare maggiore, l'"altare S.te Marie Magdaline à latere", "aliud altare in pariete à latere evangelij dicam S.to Valentino" e "aliud altare à latere epistole dicam sancto Michaeli".

In seguito nel 1663 venne costruito anche l'altare dedicato a S. Antonio da Padova e nel 1664 venne fondata una confraternita in onore di questo santo. Alle gia esistenti confraternite operanti presso la chiesa di Madonna ossia quella dedicata alla B.V. ad Melotum del 1431, quella dedicata alla B.V. del Carmine ed un'altra dedicata a S. Valentino prete queste ultime istituite nel 1649, si aggiunse anche questa dedicata a S. Antonio da Padova la quale, al pari di molte altre fraterne, fu soppressa dalle leggi napoleoniche.

Circa l'aspetto dell'edificio sacro è facile ipotizzare che la chiesa di Madonna fosse abbastanza ampia e grande da poter ospitare al suo interno ben cinque altari ed anche alcune tombe privilegiate. Sicuramente lo stile architettonico dell'edificio ricalcava i canoni stilistici dell'arte sacra locale in cui si integravano lasciti gotici ed innovazioni rinascimentali dei secoli appena trascorsi. Si giunge cosi alla soglia del XVIII secolo, fu questo un periodo molto importante e ricco di avvenimenti per la chiesa di Madonna che venne ampliata e arricchita.

Il XVIII Secolo Il XVIII secolo fu, per la Chiesa di Madonna, molto importante come ci dimostrano le numerose fonti documentarie scritte giunte fino a noi. Infatti in un documento datato 21 dicembre 1703 troviamo menzionato per la prima volta il campanile della nostra veneranda chiesa. Si tratta di una stima del campanile ove vengono dettagliatamente elencati i lavori da eseguire ed il loro costo. A questo documento ne segue un altro datato 15 giugno 1704 dal quale risulta che i lavori di "agiustamento" del campanile sono stati eseguiti e che per tali opere furono saldate dai committenti lire "363:10".

Sono molto significative in entrambi i documenti le parole: "fabrichar da niovo il Campamele" per cui l'antico campanile a vela bifora venne quasi certamente integralmente sostituito da una nuova costruzione staccata dall'edificio sacro e comunque ad esso adiacente.

Altri importanti scritti ci confermano che all'inizio del XVIII secolo furono eseguiti consistenti lavori anche nella chiesa, vengono elencati lavori di muratura, la messa in opera di pilastri in pietra, colonne basse con capitello, cornici, scalini, lavori tutti eseguiti dai fratelli Felice Tagliapietra i quali pur di avere il diritto di un banco presso la Chiesa non esitarono a donare alla stessa una colonna in pietra da essi lavorata e posta in opera. A cosa servirono più specificatamente le colonne, i pilastri e le cornici menzionate non si sa con certezza.

 Possiamo solo supporre, da quanto scritto da Mons. Venier nell'Ottocento, che servirono per l'erezione di una cappella a mezzogiorno. In quegli anni furono vicari a Madonna, prima Padre Odorico o Ulderico Piamonte da Buja e poi Padre Giacinto Bevilacqua da Geano di Cividale. Due figure importanti per Madonna poiché lavorarono con impegno ed abnegazione per arricchire, ingrandire e migliorare la nostra chiesa.

A conferma di ciò sta il decreto datato 14 dicembre 1733 con cui il Patriarca Dionisio Delfino concedeva licenza di benedire il nuovo coro della chiesa, sempre lo stesso Patriarca il 15 dicembre 1741 autorizzava la benedizione della nuova cappella di S.Valentino.

Furono eseguiti lavori consistenti e importanti quindi e questo fatto è confermato anche dalle visite pastorali compiute in quegli anni da cui risulta che la chiesa non era consacrata a causa della nuova fabbrica. I dettagliati inventali di materiale ecclesiastico, suppellettili sacre ecc... eseguiti dai due vicari nel corso di questi anni dimostrano che la chiesa si stava arricchendo e che veniva abbellita sempre più con oggetti e paramenti sacri preziosi o quantomeno più decorosi.

A metà del XVIII secolo, sempre sotto l'opera di P. Bevilacqua si lavorò anche all'altare maggiore dedicato alla Vergine del Cannine. Dalle note delle spese ed entrate relative alla "Fabrica dell'Altare di Marmo nella V. Ch:a detta B:V: di Malottolo con Dec.to 12 Feb.° 1753" si evince che il vicario Bevilacqua aveva corrisposto a tale Simone Paviotti altarista di Udine diversi importi nel corso degli anni che vanno dal 1753 al 1759 per un totale di "Lire 9300:-" a fronte dell'opera da questi realizzata.

Gli ammodernamenti però non finirono qui; continuarono, infatti, da un dettagliato elenco delle spese sostenute dal 1740 al 1761, apprendiamo che nel 1750 fu commissionato un crocefisso per il Pulpito nuovo, il costo di questa opera fu saldato nel 1752 a "Mattia Deganutto Fabro lignario di Cividale" il quale aveva realizzato in questo anno anche altre opere in legno sia per la sacrestia sia per la chiesa, in particolare per quest'ultima aveva costruito due confessionali in "noglaro".

Allo stesso artigiano artista, famoso in tutto il Friuli centrocollinare, il 30 maggio 1753 venivano pagate Lire 30:- per le "cattedre e schienali con sentadi del coro" il costo di queste opere fu saldato a più riprese nel corso di questi anni come si apprende dalle note delle spese già citate. Sono forse di questo secolo anche le pitture, di cui non si conosce l'autore, descritte dettagliatamente in uno scritto ottocentesco di Padre Marcuzzi, pitture che assieme alle nuove vetrate, agli arredi sacri e armadi nuovi contribuirono all'abbellimento della chiesa della B.V. ad Melotum.

Questi furono i più importanti lavori eseguiti nel XVIII secolo presso la Chiesa di Madonna che culminarono con la celebrazione della Messa Solenne sul nuovo altare maggiore il 21 dicembre 1756. Infine nel 1769 P. Bevilacqua scrisse di aver pagato il Deganutto da Cividale per l'opera dell' "Armaro dell'Organo" e per aver messo in opera detto armadio.

Inoltre il Deganutto assistette il Signor Francesco Dacci di Venezia organaro nel "mettere dentro l'organo". Continua P. Bevilacqua: "contai al Sig.r Franc.° Dacci come d'accordo per detto organo ducali di £ 6:-4 l'uno n°315, dico trecentoquindeci, e doppia £49:- per li cassoni, ne quali lo ho condotto fuori, che tutto suma £2002:-".

La Chiesa oltre a queste sostenne anche tutte le spese relative alla posa del nuovo strumento musicale. L'organo costruito allora fu innalzato e collocato in luogo conveniente nel 1837 ed e arrivato indenne fino al 1976, quando, a causa del terremoto e stato gravemente danneggiato, recuperate le canne, la tastiera, il somiere e numerose altre sue parti è stato abilmente restaurato e ricostruito dalla ditta Zanin di Codroipo ed ora troneggia nella ricostruita chiesa della B.V. ad Melotum in cui è stato ricollocato nel 1990 al termine del lungo e difficile lavoro di restauro e ricostruzione.

A conclusione di questo importante secolo nel 1792 la Pieve di Buja riacquistò, con sentenza della Serenissima Repubblica di Venezia, la propria indipendenza ecclesiastica e soprattutto economica dalla Collegiata di Udine, avvenimento importante e determinante anche per la chiesa di Madonna. 4ª Parte il XIX Secolo A Madonna, dopo che la Pieve ottenne l'indipendenza, venne nominato il primo coadiutore, P. Evangelista Molaro da Coderno dal 1815 al 1820, seguito dal 1820 al 1823 da Don Carlo Bassi da Montegnacco e poi da Don Andreuzzi da Artegna dal 1823 al 1837.

Questi coadiutori trovarono la chiesa di Madonna come era stata modificata in seguito ai lavori settecenteschi, così come ci viene rappresentata in un disegno di inizio ottocento, assai schematico, di mano anonima, eseguito su un foglio di cm 29,5 x 42 che riporta, oltre alla piantina del comune di Buja anche le chiese del territorio bujese.

La nostra chiesa era composta da tre navate, la navata centrale terminava con un'abside semicircolare o poligonale ed era più alta delle due navatelle laterali. Poco si capise della facciata se non che era una facciata a salienti e c'era un rosone o un finestrone circolare. L'ottocento fu un secolo importante per la nostra chiesa, vennero intrapresi importanti lavori, infatti nel 1835, dopo dieci anni di sacrifici e faticosi lavori fu ultimato il campanile.

 Come ricorda P. Menis era viva la leggenda che anche ora alcuni anziani ricordano, per cui la costruzione delle fondamenta di questo manufatto richiedettero una grande quantità di materiale pari alla quantità utilizzata per erigere i trentasette metri di altezza del campanile stesso a causa della cedevolezza del terreno argilloso.

Si ricorda anche che, a due terzi dei lavori, l'intera struttura cedette verso l'angolo nord-est, la base venne consolidata ulteriormente e il dislivello creatosi con il cedimento venne colmato cercando di riavvicinare l'ultima parte dell'opera alla linea verticale del campanile così che il campanile risultò poi leggermente storto.

Sullo zoccolo del campanile venne apposta a ricordo della costruzione una lapide con l'epigrafe:

"AD HONOREM DEIPARÆ MOLOT IGNITA PIETAS ANNO MDCCCXXVI FUNDAVIT CONCORDIA ET VIRTUS ANNO MDCCCXXXV PERFECERUNT".

Il campanile, riparato ed ammodernato nel corso degli anni, venne arricchito nel 1920 con gli orologi, esso resistette alle ingiurie del tempo fino al terremoto del 1976 quando, poiché danneggiato, fu demolito. Madonna aveva il suo nuovo campanile, i lavori però non terminarono anzi, nel 1837 l'organo fu collocato in una sede migliore e più adeguata come ci risulta dalla autorizzazione rilasciata dal vescovo con la quale si raccomandava inoltre "che i cementi, che a tal uopo verranno estratti dal muro, non debbano convertirsi in usi popolari".

 Intanto a Madonna subentrava Don Vincenzo Calligaro che rimase in carica fino al 1879. Dal 1872 al 1874 si pose mano alla costruzione della canonica, demolita la vecchia costruzione nel febbraio del 1873, i parrocchiani lavorarono alacremente e, nonostante l'inclemenza del tempo, il nuovo edificio venne ultimato prima dell'ottava di Pasqua del 1874. La piazza di Madonna andava assumendo una nuova fisionomia e la cura delle anime venne affidata prima a Don Giacomo Marcuzzi, poi a Don Angelo Baldovini e nel 1885 a Don Luigi Florit, importante figura per la storia della nostra chiesa il quale rimase a Madonna fino al 1897 quando venne sostituito da un altro personaggio rilevante per Madonna quale fu Don Giuseppe Bernardis.

 Durante questi anni si lavorò alla chiesa che venne ampliata e quasi totalmente ricostruita. È interessante l'istanza presentata dal Pievano Venier alla Curia Arcivescovile di Udine che dice: "Gli abitanti del Diparto di Madonna di Buja hanno demolito l'atrio della propria chiesa all'oggetto di ingrandirla per in tanto dal lato della facciata ed in seguito di costruire tutta la Chiesa sopra un nuovo disegno.

A tal più, prima di dar principio al lavoro delle fondamenta il sottoscritto domanda la facoltà di poter benedire la prima pietra secondo il rito del Rituale Romano [...]. Dall'ufficio parrocchiale Buja li 10 Febbraio 1883 P. Venier". La cerimonia di benedizione della prima pietra si celebrò il 23 febbraio 1883, periodo in cui cominciarono anche i lavori. Ultima Parte Mons. Venier, parroco di Buja dal 1864 fino al 1902, annota dettagliatamente sul Libro Storico della Pieve tutti gli avvenimenti più salienti che riguardavano le chiese bujesi.

Da questi appunti sappiamo che i lavori nella chiesa di Madonna continuarono a più riprese per diversi anni dopo la cerimonia di posa della prima pietra del 1863. Infatti lo stesso Mons. Venier scrisse: "nel 1885 il lavoro della facciata della Chiesa di Madonna ha progredito fino al compimento delle colonne, e fu collocato anche qualche capitello. [...] li 9 maggio 1886 vigilia della sagra di Madonna il primo arco della chiesa nuova era coperto. [...].

Con quel disegno la chiesa viene rifabbricata di nuovo, ad eccezione delle fondamenta e di qualche pezzo di muro delle cappelle. [...] il nuovo disegno è . bello, e certamente migliore di quello della chiesa vecchia che è a tre archi di tutta monta, ma che poggiano sopra colonne bassissime e sproporzionate al raggio dell'arco." Nel 1887 fu terminata la facciata della chiesa mentre dal 1889 al 1891 furono ultimate le navate laterali e portata a termine anche la navata centrale.

Negli anni seguenti si proseguì con le finiture interne. Nel 1895 vennero gettate le fondamenta della croce e il 27 dicembre 1896 S. Ecc. Monsignor Antivari benedì la chiesa di Madonna benché non ancora ultimata. I lavori in muratura continuarono per diversi anni fino al 1899 quando fu eretta la cupola in piombo, questo materiale venne, nel 1935, sostituito con il più prezioso rame.

Ultimati i lavori di muratura, un poco per volta, la chiesa venne abbellita con affreschi, dipinti e decorazioni realizzati da Domenico Fabris da Osoppo, da Vittorio Lucardi di Buja, dal pittore gemonese Giacomo Brollo ed anche dallo stesso Don Bernardis.

 All'interno del nuovo edificio trovarono posto anche le opere d'arte già esistenti: la quattrocentesca statua lignea della Madonna con il Bambino di Domenico da Tolmezzo, l'olio su tela raffigurante la Sacra Famiglia e S. Francesco del 1600, la grande e bella tela di Eugenio Pini (1600-1654) dedicata a S. Valentino che benedice gli infermi oltre naturalmente agli arredi sacri in legno costruiti nel Settecento dal "Fabro lignaro" Deganutto.

 All'inizio del nuovo secolo, dal 1902 al 1905 fu costruita la cripta, l'altare venne collocato davanti ad una riproduzione della Grotta di Lourdes e nel 1903 si rimodernò il castello del campanile poiché dovevano essere collocate le nuove campane. Intanto i fedeli del 'riparto' di Madonna continuavano ripetutamente a proporre istanze alle autorità ecclesiastiche per ottenere la definitiva separazione di Madonna dalla Parrocchia di S. Lorenzo.

Queste richieste furono raccolte e con il decreto datato 26 luglio 1909 l'Arcivescovo Mons. Zamburlini eleggeva a parrocchia Madonna. In seguito nel 1911 venne dato anche il regio assenso a tale provvedimento e 1'8 giugno dello stesso anno Don Giuseppe Bernardis riceveva l'investitura a Parroco della nuova Parrocchia di Madonna di Buja. Protagonisti dei lavori ottocenteschi nonché promotori della erezione a parrocchia di Madonna furono sia i già ricordati esponenti ecclesiastici che qui operarono, sia i tre principali benefattori: Giacomo Minisini (1838-1921), Mattia Savonitti (1855-1907) ed Agostino Tondolo (1834-1923).

Quest'ultimo, in particolare, fu il progettista, l'architetto e l'ingegnere dell'edificio sacro praticamente ricostruito ex novo. Così Mons. Venier parla del Tondolo: "contadino ingegnoso ed abile artista di disegni di cose non rilevanti può competere con un ingegnere e nel saper utilizzare lo spazio e concepire anche i disegni di massima economia, superiore a molti ingegneri".

Nato e vissuto a Buja frequentò solamente il primo biennio della scuola elementare, studiò da autodidatta, fu contadino e lavorò anche presso lo studio di un perito buiese dove 'imparò il mestiere', curava pratiche connesse a lasciti, successioni, spesso portava a termine incarichi per l'Ufficio del Registro di Gemona.

Uomo di grande intelligenza è ricordato come abilissimo disegnatore tecnico come ben dimostra il progetto del 1891 eseguito dal Tondolo in occasione dell'ampliamento della chiesa. Ricoprì, come anche il Savonitti, la carica di consigliere comunale quando fu primo cittadino il Minisini.

Sta di fatto che la chiesa di Madonna, demolita a causa del sisma del 1976, fu progettata e costruita non da architetti, ingegneri o professionisti ma da persone semplici che con ingegno, duro lavoro e grandi sacrifici, realizzarono una vera opera d'arte ancora oggi ricordata da molti come la più bella chiesa di Buja.