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Due opere di Giacomo Brollo nella 
Chiesa della Beata Vergine ad Melotum
di Madonna 
L'APPARIZIONE DELLA 
MADONNA SUL MELO 
LA MADONNA COL BAMBINO 
E POPOLANI

 di Carla Pauluzzi

 

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Nella Chiesa della Beata Vergine ad Melotum di Madonna di Buja si possono ammirare, esposte nella parete di fronte all’altare, due grandi tele realizzate dall’artista gemonese Giacomo Brollo all’inizio del Novecento.

Nel primo dipinto, senza data, eseguito ad olio su tela è raffigurata l’Apparizione della Madonna sul melo. In questa grande tela (misura 250 x 375 cm) viene narrata la leggenda popolare dell’apparizione della Madonna sopra un albero di mele. La storia narra che la Vergine fosse apparsa solo ad un contadino mentre la scena qui rappresentata è affollata di uomini e donne. A sinistra in alto, circondata da nubi ed angeli in volo, compare la Madonna la quale è vestita con abito rosso e mantello azzurro (questa iconografia è assai frequente in questo periodo) mentre tiene in braccio il Bambino. L’apparizione avviene sopra ad un melo di cui si intravedono, dietro alle nubi, le fronde cariche di frutti. Numerosi fedeli assistono esterrefatti all’evento, è facile dedurre che questi personaggi appartengono al popolo, basti osservare gli abiti tipici. Sul lato destro è rappresentato, un po' in disparte dagli altri, un contadino con in mano un bastone e tre mucche accanto. Oltre gli alberi si intravedono all’orizzonte verdeggianti colline, in cima ad una di esse è raffigurato un castello con torri ed una chiesa con campanile.

In questa opera il Brollo ha usato una vasta gamma di colori, fra tutte domina la tonalità del verde che sottolinea il paesaggio tipicamente agreste in cui si svolge la scena.

Le figure dei contadini rese in modo assai realistico risultano alquanto statiche nei loro movimenti nel contempo però le espressioni di meraviglia e stupore impresse sui volti dei personaggi sottolineano lo svolgersi dell’evento miracoloso. Nel complesso l’autore è riuscito ad interpretare con efficacia l’episodio narrato nonostante le grandi dimensioni del dipinto.

Anche l’altro olio su tela rappresentante la Madonna col Bambino e popolani datato 1906, ha le stesse grandi dimensioni del precedente ( 250 x 375 cm). In basso a destra si può leggere GIA.mo BROLLO PIN./1906. E’ rappresentata in questa opera la Madonna sull’altare con in braccio il Bambino, ai lati di essa sono posti dei candelabri. L’architettura in cui è inserita la figura della Vergine è rigorosamente simmetrica così come si denota una certa simmetria nei due gruppi di fedeli disposti ai piedi dell’altare.

A sinistra si intravedono due stendardi di confraternite attorno ai quali si raccolgono i personaggi, in primo piano sono raffigurati due infermi con grucce. A questo proposito mi sembra utile riportare che Pietro Menis, nei suoi scritti, intitola questa opera Un pellegrinaggio a Santa Maria. Questo titolo sarebbe molto più adatto poiché in questo quadro è chiaramente rappresentato un pellegrinaggio presso il santuario di Madonna in considerazione del fatto che la tradizione vuole che la chiesa di Madonna fosse un santuario mariano meta di pellegrinaggi, in virtù sia dell’apparizione della Madonna sul melo sia delle numerose e miracolose guarigioni qui avvenute. Ciò giustifica e spiega la rappresentazione degli infermi ai piedi dell’altare. Nel gruppo di sinistra si vedono solo uomini mentre nel gruppo di destra compaiono donne e bambini. Sia gli uni che le altre sono abbigliati secondo gli usi tradizionali. Camicia, gilet o giacca e pantaloni al ginocchio per gli uomini mentre le donne vestono gonne lunghe di colore scuro, grembiuli, scialli e fazzoletti in testa. Tutti i fedeli ai piedi dell’altare hanno lo sguardo rivolto verso la Vergine e sono in atto di preghiera e d’implorazione.

Qui il Brollo ha usato una minor gamma di tinte, la Madonna, sempre con veste rossa e manto azzurro, emerge grazie al chiarore delle architetture dello sfondo. Dai toni più scuri sono invece, i due gruppi di fedeli. Anche in questo dipinto, come nel precedente, si denota una certa compostezza nei movimenti dei personaggi i quali per altro sono resi in modo assai preciso soprattutto nelle espressioni del volto. Meno statica sembra, invece, la figura della Madonna sull’altare.

Ricorrono, sia in questa che nella precedente tela, le stesse caratteristiche stilistiche ed iconografiche, l’autore ha narrato con grande maestria entrambi gli episodi. Nelle due tele è riuscito, nonostante le grandi dimensioni, a sfruttare al meglio gli spazi, distribuendo in maniera equilibrata i personaggi. Queste due opere, così realistiche e particolareggiate, colpirono senz’altro l’attenzione dei fedeli di Madonna poiché rappresentavano luoghi, momenti e particolari di vita comune legati alla chiesa della B.V. ad Melotum.

Nel diario di 108 pagine, redatto da Giacomo Brollo in vecchiaia, possiamo leggere le seguenti parole riferite ai due dipinti in questione: Fra le opere da me eseguite degne di menzione e come più sopra elencate si devono pur comprendere le seguenti:

N° 2 dipinti di mt. 4.00 x 2.50 raffiguranti l’imola Celeste Vergine sul Trono adorata dai divoti di Buia; l’altro, l’apparizione della B. Vergine Maria al Popolo Buiese; e questi eseguiti dietro commissione impartitami dal R.do Parroco di Buia per la Chiesa della Madonna, verso il pattuito compenso de L.400.= nell’anno 1907.

Innanzitutto queste parole ci fanno scoprire la data di realizzazione anche del primo dipinto che è coevo al secondo, esso è stato quindi eseguito fra il 1906 ed il 1907 data in cui il Parroco aveva saldato il costo del lavoro eseguito dal Brollo. Inoltre l’annotazione è ancor più significativa poiché le due tele di Madonna sono comprese nell’elenco delle opere che l’artista ricorda nel suo diario e soprattutto le definisce degne di menzione perché riteneva che il lavoro eseguito fosse ben riuscito.

A questo punto è doveroso approfondire la conoscenza di questo autore prima però è importante fornire una quadro generale della situazione artistica gemonese nella seconda metà dell’Ottocento. Esaustive sono le parole di Lodovico Zanini in Friuli migrante nel capitolo sui pittori di chiese: Gemona fornì alla nostra emigrazione un vivace stuolo di pittori, i quali, in cinquanta o sessant’anni, affrescarono centinaia di chiese nelle prossime regioni d’Oltralpe; e dipinsero insegne, quadri sacri e cappellette in numero grandissimo: una produzione che oggi appare senza speciali pretese d’arte; ma che non di meno è chiara e coscienziosa e, a suo tempo, fu molto apprezzata dal clero e dal popolo.

Giacomo Brollo nacque a Gemona del Friuli nel 1834 e vi morì nel 1918. Era figlio di un capomastro gemonese che aveva lavorato per lunghi anni in Carinzia come emigrante. Dal 1847 al 1852 il giovane Brollo fu apprendista presso il signor Giuseppe Bonitti che era il miglior pittore gemonese del periodo. In seguito frequentò anche l’Accademia di Belle Arti di Venezia. L’anno seguente emigrò in Carinzia come aiutante del pittore Mattia Wieser, per poi collaborare anche con il gemonese Tomaso Fantoni finché nel 1868, con un buon bagaglio di esperienza, iniziò a lavorare per conto proprio. Al suo fianco si alternarono vari e numerosi aiutanti nel corso degli anni, i quali lo seguirono nelle stagioni lavorative all’estero fra questi Francesco Baldissera, Francesco Barazzutti e Antonio Pischiutti.

L’ultimo di questi viaggi di lavoro il Brollo lo compì nel 1899, nel frattempo aveva avviato anche i suoi figli a questo interessante e remunerativo lavoro.

Brollo fu uno dei tanti pittori gemonesi che in quegli anni emigrarono verso l’Austria e che con la loro intensa operosità riuscirono a conquistare il monopolio della pittura ecclesiastica di quei luoghi.

Il Brollo viene ricordato come persona dalle singolari capacità oltreché per i modi cortesi e distinti. Eseguì la maggior parte delle sue opere in Carinzia, Stiria e Croazia regioni meta delle sue migrazioni, mentre in patria rimangono poche sue opere significative.

Portò a termine restauri d’altari, decorazioni di navate, di presbiteri e di chiese intere, decorò cappellette di campagna, dipinse tele, quadri d’altare di ogni dimensione, egli stesso annotava nel 1896, di aver decorato cinquanta chiese, avendo dipinto in media centottanta figure all’anno.

Il buon lavoro e le grandi capacità del Brollo e degli altri artisti gemonesi, permisero loro di mantenere buoni rapporti con la committenza austriaca nonostante gli eventi storici di quegli anni, ciò a dimostrazione della fiducia e considerazione che all’estero venivano risposte su questi artisti.

Il Brollo nella dettagliata memoria che compilò al momento del rientro definitivo in patria, elencò con precisione tutti i lavori da lui eseguiti durante gli anni di attività. Da questo scritto però non è possibile trarre notizie, come dice lo Zanini, sulle difficoltà concernenti la preparazione dei disegni, le discussioni e gli accordi preliminari, le ideologie e simbologie prescelte, le notizie agiografiche seguite.

Lo stesso Zanini così prosegue: tutte quelle nude nomenclature fanno pensare che egli dipingesse senza fatica di preparazione, senza titubanze di sorta, preoccupato di sbrigare gli impegni assunti piuttosto che di perseguire un ideale artistico; in altre parole, che egli procedesse senza perdersi nella ricerca degli effetti, senza curarsi di approfondire o di affermarsi in nuove conquiste.

Per oltre cinquant’anni Giacomo Brollo ebbe numerosissimi incarichi e in certi momenti della sua vita artistica si trovò nell’impossibilità di soddisfare tutte le richieste della committenza.

Dagli studiosi suoi contemporanei alcune sue opere vengono considerate ben eseguite sia per correttezza di disegno che per slancio di figure.

Più recentemente invece Franca Merluzzi propone nei suoi studi che i decoratori gemonesi e quindi anche il Brollo, nella loro produzione si ispirarono alla pittura nazarena per poi riprendere e mescolare con essa anche elementi stilistici del passato tipici del rococò, del gotico e del periodo rinascimentale.

Altra caratteristica stilistica loro peculiare fu quella di cercare di armonizzare e conciliare quanto più fosse possibile i motivi decorativi con le caratteristiche architettoniche degli edifici che dovevano decorare. I friulani, quindi anche all’estero, si distinsero per la loro capacità d’inserire in modo armonico e complementare decorazioni e dipinti in un ambiente architettonico completamente diverso. E’ loro il merito di aver portato l’arte italiana direttamente in Stiria senza che questa fosse mediata attraverso il passaggio a Graz e Vienna.

In questo contesto si inseriscono pure le due grandi tele eseguite dal Brollo per la Chiesa di Madonna nei primissimi anni del ventesimo secolo ed ora esposte nella ricostruita chiesa parrocchiale.

  

BIBLIOGRAFIA

L. Bros Marioni, Un museo nel terremoto a cura di G.C. Menis, Pordenone 1988.

E vennero d’Austria e di Germania. Opere e artisti d’Oltrealpe a Gemona (1400-1800) a cura di F.Merluzzi, Udine 1995.

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Giuseppe Barazzutti. La bottega d’arte a cura di F. Merluzzi, Udine 1994.

P.Menis, La chiesa di Madonna nei secoli, San Daniele del Friuli 1935.

P.Menis, Lis lejendis di Buje, Societât Filologjiche Furlane, Udine 1981.

G.Brollo, Mie memorie, ms., Gemona del Friuli, Biblioteca Civica.

Pitôrs a Glemone a cura di D.Cerroni Cadoresi, E.Costantini, F.Merluzzi, Societât Filologjiche Furlane 78m Congres, 23 di setembar dal 2001, pp.245-262.

L. Zanini, Friuli migrante, Udine 1937.