Aprile 1995 |
Le grazie di S. Maria di Melotum di Gianfranco Ellero |
Un manoscritto della seconda metà dell'Ottocento, narra di due grazie concesse da Santa Maria di Melotum o, come si dice localmente, di Molòtul, venerata in "borc di Madone" da molti secoli. La festa della chiesa ad essa dedicata è ricordata, come data civile, negli Statuti del 1371, e come sappiamo, nel 1431, sotto la sua protezione fu posta una delle più antiche confraternite. La bellissima statua lignea di Domenico da Tolmezzo, che da cinque secoli raffigura la Vergine con il Bambino, è non soltanto una delle perle del patrimonio artistico locale, ma anche un simbolo della religiosità bujese. Nessuna meraviglia dunque se, nella tradizione paesana, la Beata Vergine di Melotum aveva fama di essere dispensatrice di grazie, come risulta da una pagina scritta da Pietro Menis: "La devozion ae Madone dal miluz, si dîs ch'e si fos slargjade pardut il Friûl, e ancjé di là des monz, parceche i pelegrins a' vignivin culì de Dalmazie, da l'Ongjarie e de Gjermanie". Una conferma di questa vox populi si trova in due pagine, fino ad oggi inedite, conservate nell'Archivio arcivescovile di Udine. Furono scritte cent'anni fa da un sacerdote della Pieve di Buja, che compilò un fascicoletto manoscritto intitolato: "Cose relative alla chiesa della B.V. di Meloto", contenente notizie storiche e trascrizioni di documenti, il primo dei quali è l'iscrizione sul bordo della nicchia che accoglie la sacra immagine: "B. Marie Virgini Melothum antiquo cultu celebri et miraculis dare munus". Ecco i testi delle due paginette finali che, data la loro importanza e la loro relativa brevità, vengono qui integralmente trascritti. "È certo che grazie segnalate e straordinarie in gran numero furono dispensate in ogni tempo dalla B.V. in questo Santuario: ma memorie non ci sono. Tradizionalmente si racconta che certo Daniele Dafti d'Innsbruk storpio che adoperava le grucce, passava per Campo d'Osoppo pellegrinando, coll'intenzione di portarsi a qualche Santuario a chieder alla Vergine la grazia della guarigione. Avendo sentito a sonare le piccole campane di questa chiesa, che allora erano collocate sopra un piccolo campanile a due cerchi sul davanti dell'atrio, come s'usava allora, domandò a qual chiesa appartenessero. E avuta risposta che alla B.V. di Motolo (appartenevano), ispirato internamente da quella fiducia che è ad un tempo dono di Dio e prende e aiuta a meritare la grazia, voltosi a quella parte, vi si portò, e ivi colle preghiere depose anche le grucce. Costui andò pellegrinando per gratitudine e fervore dopo ottenuta la grazia fino a Roma e a Loreto, e dicesi, che dopo abbia riportato indietro, ripassando per tornare in patria, gran parte di quelle reliquie di S.S. Martiri che qui si conservano". "Li 29 agosto 1872 una fanciullina, Elisabetta Pecile di Fagagna, per sua disgrazia è andata in una caldaia di grasso bollente, con una gamba e con l'altra quasi simile. Per questa orribile scottatura era tormentata da dolori assai grandi, e il male ridotto a uno stato assai grave. Erano otto giorni che si tormentava, quando il 6 settembre per i suoi affari passando per questa via Gianbattista suo padre dolente oltremodo della disgrazia della sua figlia, entrò i chiesa, e fece voto alla Beata Vergine delle Grazie. Tornato a casa trovò la figlia sollevata da tanti dolori che soffriva, e seppe che questo sollievo coincideva con l'ora in cui egli aveva fatto il voto nella Chiesa della B.V. di Meloto. La guarigione così incamminata seguì perfettamente fino alla perfetta salute, senza che le restasse imperfezione di sorta. Tanto attesta il padre, con lettera 14 maggio 1874, riconoscendo una grazia speciale ricevuta dalla B.V.". |