INDIETRO

La chiesa della B.V. ad Melotum
di Madonna di Buja oggetto di una
tesi di laurea

di Carla Pauluzzi

 

FOTO

 

La Chiesa della Beata Vergine ad Melotum è stata l'oggetto della mia tesi di laurea in storia dell'arte moderna e contemporanea, con la mia ricerca ho analizzato l'aspetto storico ma soprattutto quello artistico dell'edificio sacro, progettato da Agostino Tondolo, che sorgeva a Madonna prima del terremoto del 1976.

La tradizione popolare, come ci racconta la leggenda, vuole che la chiesa di Madonna sia sorta in onore della Beata Vergine sul luogo in cui, in tempi remoti, questa apparve su un melo ad un contadino. Nulla di certo si può dedurre da questa leggenda circa la nascita dell'edificio sacro mentre sul nome «Melotum» sono state formulate solo delle ipotesi da parte di studiosi locali.

La prima citazione riguardante la chiesa di: «Sancte Marie de Malotul Buye» si riferisce ad un documento notarile del 1277 e un'ulteriore prova della sua esistenza, già nel Duecento, sta anche nel fatto che nel 1251 il Patriarca istituì due vicariati nella Pieve di Buja. Dal XIV secolo in poi troviamo citata sempre più spesso nei documenti scritti la chiesa della B.V. ad Melotum, il suo nome infatti compare nel Catapane della Pieve e in numerosi scritti notarili riguardanti lasciti, donazioni o legati vari. Circa l'aspetto della chiesa in questo periodo non ci resta nulla, a questo proposito possiamo solo ragionevolmente supporre che la chiesa fosse, nell'aspetto esteriore, simile alle chiesette votive tuttora esistenti nel nostro territorio centro collinare e che ne ricalcasse i canoni stilistici tipici: unica aula, mura in sassi o pietra, copertura in travi di legno e tegole, campanile a vela, porticato sostenuto da colonne o pilastri sul davanti.

Nel 1500 a causa dei frequenti e disastrasi terremoti che colpirono la nostra terra, anche la chiesa di Madonna subì dei danni ed è facile supporre che essa fu in tale occasione ristrutturata ed anche abbellita. È interessante a questo proposito la descrizione che Don Marcuzzi, in un suo scritto ottocentesco, ci lascia di un dipinto datato 1544:

 «...la parete di facciata è dipinta, e rappresenta una processione di pellegrini che giunge nel santuario a destra (della parete) sono a due a due inginocchiati gli uomini, a sinistra le donne, tutti colla candela in mano, in mezzo la B.V. col Bambino in braccio seduta in trono, che accoglie i venuti seduta la B.V. è librato in alto l'Eterno Padre e angeli A giudizio d'intelligenti è opera della scuola del Pellegrino. Porta quest'iscrizione: 1544 adi 11 luio fata 2 di penta soto la p cura di novel et di tos piglia mót di buja».

Dagli incartamenti relativi alle visite pastorali risulta che all'interno della chiesa della Beata Vergine ad Melotum nel XVII secolo si potevano contare ben cinque altari dedicati il maggiore alla Beata Vergine e i quattro laterali a Santa Maria Maddalena, a S. Michele, a S. Valentino e a S. Antonio da Padova, quest'ultimo costruito nel 1663. La chiesa doveva essere quindi abbastanza ampia da poter contenere ben cinque altari ed anche alcune tombe privilegiate.

Il secolo XVIII è ricco di testimonianze scritte riguardanti la chiesa di Madonna, è del dicembre del 1703 il documento in cui si può leggere: «...fabrichar da niovo il campamele», in questi anni oltre al campanile, furono eseguiti importanti lavori in pietra dai fratelli Felice Tagliapietra, gli scritti ci parlano della messa in opera di colonne, pilastri e cornici. Sotto la cura del vicario padre Odorico Piamonte fu inaugurato il nuovo coro e negli anni seguenti ampliato l'intero edificio sacro tanto che a metà del secolo la chiesa fu nuovamente consacrata dal Patriarca.

L'opera di rinnovamento continuò anche per opera di Padre Giacinto Bevilacqua che commissionò a tale Antonio Paviotti, altarista di Udine, la realizzazione di un altare in marmo. Gli inventari di suppellettili ed arredi sacri, redatti in questi anni nel corso delle visite pastorali oltre ad essere molto dettagliati, sono anche molto ricchi a conferma che la chiesa di Madonna sotto la cura di Padre Piamonte e di Padre Bevilacqua, si arricchì e crebbe di prestigio ed importanza. L'edificio così ristrutturato, ampliato e arricchito giunse fino alla seconda metà dell'Ottocento quando il 23 febbraio 1883 venne benedetta, con solenne celebrazione, la posa della prima pietra della nuova chiesa; intanto nel 1835 era stato costruito ex novo il campanile. 

La costruzione della nuova chiesa impegnò, a più riprese, i parrocchiani di Madonna per diversi anni e nel 1896 venne solennemente benedetta dal vescovo Mons. Antivari, i lavori di muratura però si conclusero solo nel 1899 con il completamento della cupola. A coronamento di tali e grandi sforzi giunse, nel 1911, l'elevazione a parrocchia della chiesa di Madonna, le istanze presentate dai suoi fedeli trovavano finalmente risposta. Protagonisti e promotori dei lavori ottocenteschi come pure dell'erezione a parrocchia della chiesa di Madonna furono Don G. Bernardis e i tre benefattori locali: Giacomo Minisini (1838-1921), Mattia Savonitti (1855-1907) ed Agostino Tondolo (1834-1923). Quest'ultimo in particolare, fu un contadino dal singolare ingegno, abile disegnatore tecnico nonostante fosse privo di una preparazione accademica riuscì a progettare ed anche a dirigere i lavori di costruzione della chiesa.

Il Tondolo non ebbe modo di frequentare scuole o corsi di formazione professionale, studiò da autodidatta.

Per fornire un'analisi stilistica ed artistica della chiesa di Madonna, progettata e costruita dal Tondolo, è necessario inquadrare non solo il periodo storico-artistico in questione ma soprattutto la formazione del suo progettista e le influenze che ne segnarono l'opera.

Gli avvenimenti storici e le difficoltà socio economiche che caratterizzarono l'Ottocento in Friuli, influirono negativamente sia sulla società sia sull'ambiente artistico culturale locale. Infatti i lavori di un certo rilievo artistico ed architettonico erano affidati tenendo conto soprattutto dell'impegno economico che comportava la loro costruzione. La progettazione di edifici sia sacri che civili, veniva affidata ad architetti locali o del vicino Veneto. 

Attorno a queste personalità operavano e lavoravano numerosi progettisti conosciuti solamente in ambito locale, erano capomastri, periti o semplici appassionati che si dedicavano alla progettazione e realizzazione di edifici sacri ed anche profani. Essi non vantavano certamente una preparazione accademica e spesse volte i loro lavori erano ispirati da una innata vena artistica unita ad una grande esperienza pratica. Essi riuscirono, nonostante il modesto clima storico culturale del Friuli, a proporre un linguaggio architettonico ispirato sia dagli influssi austriaci sia da quelli del vicino Veneto, riuscendo a fondere questi elementi con la tradizione architettonica locale legata alla cosiddetta architettura spontanea.

In questo quadro generale di provinciale e modesta architettura, sorse anche la chiesa della B.V. ad Melotum di Madonna di Buja, i cui lavori furono finanziati ed eseguiti dai fedeli stessi che così sopperivano alle ristrettezze economiche che gravavano anche sulla loro chiesa.

È quindi nell'ottica del volontariato che si pone anche l'opera di progettazione del nostro edificio sacro da parte di Agostino Tondolo.

Per analizzare l'opera architettonica e artistica quale era la chiesa di Madonna, a mio parere, è necessario tener conto dei seguenti elementi: la formazione scolastica e professionale del Tondolo avvenuta attraverso la lettura e lo studio di testi specifici integrati dall'esperienza pratica, la presenza nella zona collinare di edifici da cui il Tondolo possa aver tratto ispirazione, magari copiando anche solo qualche piccolo particolare ed infine il viaggio a Roma.

E comunque difficile affermare con certezza a chi o a che cosa il Tondolo si ispirò e fece riferimento per progettare la chiesa e soprattutto dove e come imparò il «mestiere».

A proposito della formazione del Tondolo quale progettista, si può escludere con certezza che egli abbia avuto modo di frequentare e concludere alcun tipo di scuola avendo egli compiuto solamente il biennio delle scuole elementari. È molto improbabile anche che abbia partecipato ai corsi di formazione professionale che sul finire del XIX secolo venivano frequentemente organizzati dalle Società operaie di mutuo soccorso sorte in tutto il Friuli.

Tutte le testimonianze orali concernenti il Tondolo concordano sul fatto che egli fu un autodidatta, imparò la professione nello studio di un perito bujese con cui lavorò e, grazie alla sua viva intelligenza, potè apprendere le nozioni basilari di architettura sui libri che certamente studiò e consultò.

Anche a Udine e nel Friuli centro collinare giunsero sicuramente copie di trattati di architettura, di repertori, manuali e periodici del settore sulla scia del grande sviluppo che ebbe l'industria editoriale in questo periodo.

Il Tondolo potè approfondire le proprie conoscenze in campo architettonico ed artistico e conoscere, grazie alle illustrazioni e riproduzioni, famosi monumenti ed opere d'arte che probabilmente non ebbe la possibilità di vedere dal vero.

Il Tondolo, per la progettazione della chiesa, oltre alle nozioni apprese sui manuali si ispirò, senza dubbio anche ad opere ed edifici presenti in zona. Importantissimo e decisivo per la mia ricerca, l'insperato ritrovamento del disegno inedito inerente l'ampliamento della chiesa della B.V. ad Melotum realizzato dal Tondolo e datato 9 giugno 1891, attualmente conservato presso l'Archivio Parrocchiale di Madonna.

Il grande progetto di ricostruzione e rinnovo della Chiesa della B.V. ad Melotum, cominciò verso la fine del XIX secolo e la prima parte della chiesa ad essere costruita fu la facciata. Essa raggiungeva l'altezza massima al vertice del frontone di circa 17 metri, mentre le strutture poste ai lati di essa erano alte circa una decina di metri compresa la ringhiera in pietra. Dalla planimetria della chiesa si deduce che la massima larghezza di tutta la facciata tripartita era di metri 16,8 mentre il corpo più avanzato era largo una decina di metri. La facciata terminava con un semplice frontone. Sopra la porta principale c'era un arco a tutto sesto che aveva al suo interno una grande conchiglia in marmo con al centro uno stemma, sopra era fissata una lapide commemorativa.

Stesso stile anche per i due corpi laterali che terminavano con un cornicione e poi una ringhiera in pietra. Interessante anche la facciata laterale del braccio della croce di destra, essa richiamava in maniera più semplice la forma e struttura di quella principale. Colonne con la base aggettante prive di capitello erano intercalate da tre nicchie in cui erano collocate tre statue.

Nel complesso la facciata aveva una struttura ed un disegno tipici dell'architettura dell'Ottocento minore friulano. Elementi costanti negli edifici sacri coevi alla chiesa di Madonna erano la tripartizione della facciata, la porta sormontata da un arco a tutto sesto o a sesto ribassato e da una lapide marmorea. Erano questi gli elementi predominanti e ricorrenti nell'architettura ottocentesca friulana, essi richiamavano stilemi classicisti e seguivano i dettami dello stile neoclassico che anche qui giunse, sebbene in ritardo e con manipolazioni.

Nel caso particolare della chiesa della B.V. ad Melotum ho intravisto notevoli somiglianze fra la facciata della chiesa di Madonna e la facciata della Pieve di S. Maria Nascente di Artegna ed anche in misura minore con la facciata della Pieve di S. Maria della Purificazione di Tricesimo. Ho preso in considerazione questi due edifici perché furono costruiti prima della nostra chiesa nel XVIII e XIX secolo in paesi limitrofi a Buja che il Tondolo ebbe certamente modo di frequentare.

Il Tondolo può essersi ispirato a questi edifici per realizzare la facciata della chiesa di Madonna riprendendo alcuni elementi, tralasciandone altri oppure migliorando o modificando altri ancora. Senza dubbio non ha preso spunto soltanto da queste chiese. Con molta probabilità durante gli anni della sua formazione da autodidatta, la sua viva intelligenza e il suo estro artistico sono stati stimolati anche dal contenuto dei testi, manuali e repertori di architettura che certamente ha avuto modo di consultare e studiare.

I testi di architettura che studiò davano precise indicazioni circa le forme del perfetto edificio sacro. La pianta doveva essere a croce latina o greca, nelle facciate non si doveva abusare nell'uso degli ordini architettonici per non appesantirle con «galanterie» di cattivo gusto, eccellenti modelli erano le architetture create dal Palladio. Il Tondolo nella progettazione della chiesa di Madonna accolse pienamente queste prescrizioni e probabilmente fu influenzato anche dalle opere del Palladio riprodotte in questi libri.

Questo per quanto riguarda l'esterno, mentre non è facile fare un'analisi approfondita dell'interno poiché la chiesa non esiste più e ben poche sono le immagini fotografiche rimaste.

La chiesa di Madonna è da tutti ricordata come un edificio molto grande, era a croce latina, nell'intersezione del corpo centrale e delle braccia della croce si apriva la grande cupola, l'abside era semicircolare con cinque finestroni che illuminavano da dietro l'altare maggiore.

L'interno era diviso in tre navate, la centrale era molto ampia ed alta, sul suo soffitto si potevano ammirare affreschi di D. Fabris, mentre le due navatelle laterali erano molto più basse e su esse si aprivano delle nicchie. Di fronte all'entrata principale era situato l'Altare Maggiore ricco di marmi rossi e bianchi, mentre negli intercolonni delle navate laterali trovavano posto gli altri quattro altari, il battistero e quattro confessionari di legno. All'altezza della penultima colonna della navata principale c'era il pulpito di legno.

L'ultimo importante lavoro eseguito a Madonna nell'ambito della riedificazione della chiesa fu l'erezione della cupola avvenuta nel 1899. Essa aveva il tamburo ottagonale e su ogni lato di questo si aprivano finestroni che davano luce al presbiterio.

La calotta della cupola era stata costruita in piombo nel 1899 per poi essere sostituita, nel 1935, con il più pregevole rame. Quando i lavori erano già stati avviati, il Tondolo con i suoi compaesani Savonitto e Minisini si recò a Roma col preciso intento di copiare la cupola della Basilica di S. Pietro per poi poterla realizzare a Madonna. Certamente dovettero ridimensionare le loro intenzioni e semplificare notevolmente la struttura della cupola poi costruita a Madonna. A mio parere, bisogna però tener presente che i tre bujesi intrapresero il viaggio a Roma con la meritevole intenzione di rendere poi la loro chiesa magnifica e maestosa quanto lo era la basilica di San Pietro a Roma. Del viaggio romano niente altro si sa. Né le fonti scritte, né le testimonianze orali ci dicono se il Tondolo e compagni visitarono altri monumenti a Roma o altre importanti città d'arte come Venezia e Firenze. Certamente essi ritornarono da questo viaggio, arricchiti di nuovi stimoli e spunti interpretativi che vennero sicuramente poi applicati anche nella chiesa della B. V ad Melotum.

L'edificio sacro, nella parte esterna, nonostante fosse la tipica chiesa ottocentesca di paese, non peccava né di troppa semplicità ne tantomeno di esagerazioni stilistiche. Il Tondolo riuscì a coniugare, in maniera compiuta, tutti gli stimoli neoclassici ricevuti sia dai testi che studiò sia dagli esempi concreti che seguì e fu coerente a questo stile storicistico.

Da notare la gradualità con cui egli utilizzò, all'interno, gli stili architettonici. Infatti le colonne della navata centrale in stile tuscanico, erano realizzate in pietra grigia e davano un effetto di grande semplicità e solidità senza però appesantimenti. Procedendo verso il centro della chiesa gli spazi già grandi della navata centrale si aprivano ulteriormente con la cupola, al centro della croce e nell'abside il nostro progettista utilizzò uno stile più ricco qual era quello composito. In questa zona anche le architravi vennero arricchì te di ulteriori elementi decorativi. Questo crescendo di stile trovava il suo culmine nell'altare maggiore.

Il Tondolo per la chiesa della B.V. ad Melotum utilizzò uno stile classico senza cadere in appesantimenti o forzature, rimanendo fedele ad una certa sobrietà di gusto per la parte esterna dell'edificio. Per l'interno osò di più, elaborò ed arricchì ulteriormente l'insieme, le decorazioni postume hanno certamente contribuito, a mio parere, a rendere l'idea primitiva del progettista molto più elaborata di quanto fosse necessario. Ovviamente questa sovrabbondanza nelle decorazioni interne era tipica delle chiese di paese del periodo.

E stupefacente come un personaggio di semplice estrazione contadina abbia potuto realizzare tanto. Si tenga presente l'ambiente storico culturale nonché economico in cui nacque e visse il Tondolo. Egli fu una di quelle personalità di grande intelligenza e viva creatività che riuscirono, nonostante le difficoltà ad emergere.

A mio avviso, il Tondolo non potè conseguire titoli di studio che legittimassero le sue indubbie capacità, ma riuscì in ogni caso a manifestare la sua innata vena artistica attraverso l'unica sua opera. Egli progettò la chiesa del 'suo' paese non solamente usando la ragione ma mettendoci l'anima. A Madonna allora c'era l'esigenza di avere una chiesa grande, maestosa e quanto più magnifica fosse possibile. Questa magnificenza doveva essere proporzionale a quella dei grandi monumenti sacri della cristianità e forse in questa ottica s'inserisce il viaggio a Roma.

Questo edificio era, considerando il luogo e il tempo in cui sorse, un'opera d'arte, espressione del talento di personalità artistiche locali. Se invece inseriamo questa opera in un quadro più generale essa perde la spontaneità ed originalità per uniformarsi agli schemi tipici dell'architettura ottocentesca friulana provincialista e mediocre.  Personalmente ritengo più opportuno considerare questo edificio inserendolo in un ambiente artistico locale, poiché ogni chiesa costruita in quel periodo rifletteva gli aspetti diversi della storia locale e rientrava in un microcosmo storico-culturale diverso da paese a paese.

Senza dubbio, il Tondolo ed i suoi compaesani vollero realizzare per il loro paese una chiesa di cui essere orgogliosi e che fosse la testimonianza diretta e tangibile della loro fede oltre che della loro venerazione alla Madonna.