Natale 1994 |
"L'archivio della Pieve di San Lorenzo" di Mery Ziraldo |
E' attualmente in corso, presso la canonica della parrocchia di San Lorenzo, la schedatura preliminare dell'archivio della Pieve. Questa operazione, necessaria al censimento generale delle carte ancora conservate, prima di procedere al riordino e alla redazione dell'inventario, permette di anticipare alcune notizie relative al fondo. Una relazione completa e più dettagliata sarà possibile solo al termine del lavoro. Molti si chiederanno lo scopo di questa fatica, al di là della ovvia conservazione dei documenti, che non è un problema di secondaria importanza. Infatti tuttora le carte di archivio non hanno un'idonea sede, e sono conservate in locali diversi. Ogni tentativo di ricerca verrebbe quindi rapidamente scoraggiato di fronte ad armadi che contengono centinaia di documenti, molti raccolti in cartolari, altri semplicemente legati in pacchi, risultato questo dello stato di precarietà successivo al terremoto che ha contribuito non poco a complicare le condizioni dell'archivio. Ma i vicari e i pievani hanno sempre avuto grande cura nella conservazione delle carte, sia per ragioni amministrative, sia perchè consci anche del valore storico intrinseco, senza contare che solo i parroci fino al XIX secolo erano depositari dell'anagrafe. Infatti se qualcuno ha in animo di ricostruire il proprio albero genealogico, deve rivolgersi al pievano, che consulterà il «sancta santorum» di ogni archivio parrocchiale: i libri canonici. La tenuta di questi libri venne resa obbligatoria dal Concilio di Trento, nel 1565, ma vi sono casi in cui questi registri sono stati compilati anche in epoca precedente. Per quanto riguarda Buia si devono premettere due noterelle storiche. Nel 1251 Gregorio di Montelongo, patriarca di Aquileia istituiva i due vicari della pieve di Buia. Benché ci fosse anche un pievano, questi era privo del beneficio che spettava direttamente al patriarca d'Aquileia, non aveva l'obbligo di residenza e rivestiva altri incarichi all'interno della gerarchia ecclesiastica. I due vicari, considerata la particolare situazione geografica di Buia che considera un vasto territorio e molte comunità, cominciarono a risiedere stabilmente rispettivamente presso le chiese di S. Stefano e di Madonna a partire dal 1473. Nel 1499 Troiano de Riccardis, pievano, rinunciò al beneficio di Buia e in conseguenza di ciò nel 1512, con bolla di Leone X, la pieve venne annessa alla Collegiata di S. Maria di Udine. In questo modo scomparve la figura del pievano e la cura delle anime fu in toto affidata ai due vicari. Questa premessa giustifica la presenza fino agli inizi del XIX secolo di due archivi, uno conservato presso la canonica della Beata Vergine de Melotum, a Madonna, e uno in quella di S. Stefano. Quanto affermato è suffragato da un inventario redatto dal vicario Minisini, successo al vicario Federicis nel 1783. I libri canonici che registrano i sacramenti celebrati nella chiesa della B. Vergine del M. prendono avvio per i battesimi e i matrimoni nel 1596, per le morti invece dal 1649. Solo di pochi anni più tardi sono i libri canonici della chiesa di Santo Stefano che iniziano nel 1601. Fortunatamente non si segnalano considerevoli lacune, e da allora questa serie procede praticamente ininterrotta. Lo stato di conservazione di questi registri è buono. Per quanto concerne l'anagrafe sono presenti anche tutti i registri civili, dal 1816 e il 1872, e molti registri anagrafìci compilati nel corso dell'Ottocento e della prima metà del Novecento. Se i libri canonici costituiscono il nucleo prezioso dell'archivio, le carte che compongono il restante archivio e sono di grandissimo interesse storico. Ad esse ha attinto l'infaticabile Pietro Menis per la ricostruzione delle vicende di Buja e delle sue chiese. Questo materiale è costituito da un considerevole numero di pergamene, circa un centinaio, che riguardano atti di compravendita, affitto, legati relativi alle diverse chiese a partire dal XIV secolo. Quanto all'amministrazione vera e propria si deve ricordare che essa era affidata ai camerari, che restavano in carica un anno, e molto scrupolosamente registravano le entrate e le u-scite. Questa fonte, per fare solo un esempio, è di straordinaria importanza perché proprio fra le voci delle uscite è possibile ritrovare e documentare notizie di pagamenti effettuati ad artisti per l'esecuzione di opere d'arte. I numeri più consistenti di libri dei conti riguardano le camerarie delle chiese della Beata Vergine del Melotum e San Lorenzo, rispettivamente dal 1590 e dal 1488, mentre poche unità si rilevano per quelle di S. Stefano (dal 1506) di San Bartolomeo (dal 1499), di San Floriano (dal 1503), di San Pietro (dal 1505) e della Beata Vergine della Neve. Nulla, almeno allo stato attuale del lavoro delle restanti. Intimamente legate alla vita della comunità erano le confraternite, associazioni laicali dotate di propri beni lasciati in legato dai confratelli. L'amministrazione delle fraterne era affidata anch'essa ad un cameraro, che teneva nota delle spese, delle messe di legato e di tutto quello che concerneva la vita della confraternita stessa. Si conservano testimonianze delle fraterne, erette in diversi periodi, del SS. Sacramento, del SS. Rosario, di S. Antonio abate, di S. Valentino e di S. Nicolò. Se sono da segnalare anche le autentiche delle reliquie, cioè i documenti ufficiali che confermavano l'autenticità delle reliquie venerate nelle chiese, quasi un centinaio, si deve rimarcare una certa «litigiosità» e il numero rilevante di processi lo conferma. I filoni però sono principalmente due. Una enorme documentazione per sostenere il Juspatronato della pieve di San Lorenzo sulle chiese filiali di Mels, Pers, Majano e Farla e nei confronti della Collegiata del Duomo di Udine, dal quale per molto tempo, come si è detto la pieve cercava di affrancarsi. Inoltre la divisione dei compiti fra i due vicari faceva spesso insorgere delle incomprensioni che sfociavano immancabilmente in lunghe e dispendiose cause. Queste brevi note a questo punto si interrompono perché manca ancora l'ultima parte, se così possiamo definirla, che comprende a grandi linee la vita della pieve negli ultimi due secoli. Certo poche righe non bastano a spiegare l'importanza di questi documenti, l'emozione e il fascino che percepisce chiunque ne venga a contatto, ma spero, senza retorica, che i bujesi sappiano che in polverose «scanzie» è ancora viva la loro storia. |