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Pasqua 1997

Il Battistero altomedievale della Pieve di Buja

di Gian Carlo Menis

 

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La «ecclesia sancti Laurentii de Boga» (Buja nel Friuli), come viene menzionata in un diploma carolingio, durante i primi secoli dopo il 1000 era una delle dodici pievi della diocesi di Aquileia che formavano il cosiddetto «Arcidiaconato superiore» ed era considerata matrice di 15 «ville» situate nell'area centrale dell'anfiteatro morenico del Tagliamento.

Da diversi indizi, però, desumibili sia dalle più antiche fonti scritte sia da considerazioni di ordine storico generale e particolare, si poteva dedurre, già prima delle recenti ricerche archeologiche, che i primordi della veneranda pieve risalissero a ben più remota età. La stessa dislocazione della chiesa plebana, posta su un'altura all'interno di una cinta altomedioevale, anche se le sue strutture architettoniche visibili in alzato non presentavano elementi assegnabili ad epoca anteriore al sec. XIII, dichiarava la sua organica appartenenza ad un insediamento d'aita cronologia.

L'occasione per una verifica archeologica delle origini del sacro edificio fu (dolorosamente) offerta dal disastroso terremoto che nel 1976 colpì l'intero Friuli e che ridusse anche la chiesa di S. Lorenzo di Buja a un cumulo di rovine. Nell'impostare il progetto di ripristino dell'edificio fu, infatti, deciso di inserire, tra la fase di rimozione delle macerie e di consolidamento delle strutture superstiti e l'intervento di ricostruzione, una sistematica esplorazione archeologica dell' area sottostante al pavimento rinascimentale dell'aula. Furono perciò realizzate, sotto la direzione dello scrivente, tre campagne di scavo durante gli anni 1980-1981, 1982 e 1987.

I risultati complessivi di tale indagine si possono schematicamente riassumere come segue: sono state accertate tracce di una continuità insediativa che dal Cinquecento (epoca dell'ultimo pavimento) risale fino all'età romana. Le unità edilizie individuate e succedutesi nell'area nel corso di oltre un millennio, anteriormente all'età romanica, possono essere così definite nell'ordine cronologico: a) manufatti d'abitazione d'età romano imperiale; b) costruzioni per usi artigianali d'età tardo antica; c) primo edificio di culto cristiano; d) sacello d'età preromanica; e) sepolcreto  cristiano  coevo  alle  due  ultime fabbriche.

Trascurando ora le altre fasi edilizie, concentreremo la nostra attenzione sulla prima chiesa cristiana (unità edilizia) sorta sul luogo delle precedenti costruzioni romane, che vennero opportunamente smantellate.

Di questo edificio furono ritrovati i resti del corpo centrale dell'aula, comprendenti un buon tratto del muro meridionale (spessore cm. 60 circa, alzato superstite cm. 40 c.), il pavimento in cocciopesto ad esso collegato, il gradino d'accesso al presbiterio disposto ortogonalmente al muro superstite e una piccola vasca addossata alla parete settentrionale (inglobata nel muro esistente in alzato). Il settore frontale e quello orientale dell'edificio risultarono, invece, interamente distrutti dai successivi interventi edilizi. Il limite orientale dell'aula può essere, tuttavia, ragionevolmente segnato in corrispondenza a un corso di massi ordinati sull'asse nord-sud, rinvenuto a m. 3,5 dal ricordato gradino, che costituisce probabilmente il resto delle fondazioni del muro piano orientale del presbiterio. Il limite occidentale va invece collocato a un dipresso sul filo dell'attuale facciata. Non si può escludere che in questo settore fosse compreso anche un piccolo nartece.

Utilizzando l'insieme dei dati raccolti si può, dunque, ricostruire con sufficiente approssimazione la pianta del primo edificio cultuale cristiano sorto sul luogo. Esso era formato da un semplice rettangolo di metri

5.50 x 12 circa (misure interne) disposto sull'asse est-ovest e comprendente nel settore orientale un presbiterio, rialzato di un gradino, di metri 5.50 x 3.50 circa.

Del mobilio originario è andata dispersa ogni traccia all'interno del presbiterio, mentre è superstite qualche costruzione al suo esterno, presso il limite sud del gradino d'accesso. Forse si tratta delle strutture portanti di un ambone. Il relitto più importante è, però, costituito sicuramente dalla piccola vasca incavata nel pavimento ed accostata alla parte settentrionale del quadratum populi. Si tratta di un incavo di forma leggermente ovoidale (misure interne degli assi cm. 70x80), con il fondo e le pareti originariamente intonacati di cocciopesto, incassato nel pavimento di cocciopesto fino ad una profondità di circa 40 cm. dalla quota del pavimento circostante. I rinzaffi del cocciopesto sulla muratura esterna della vasca dichiarano la contemporaneità dei due manufatti. Il fondo dell'incavo è formato da alcune lastre di pietra calcarea locale. Le pareti e la bocca della vasca sono ottenute con una buona muratura di massi irregolarmente squadrati e impastati con malta grassa, simile a quella delle muratura coeve. La bocca (in seguito smantellata per il posizionamento dei pavimenti successivi) si sopraelevava dal pavimento dell'aula con un gradino alto presumibilmente una quindicina di centimetri (mezzo piede romano).

Non c'è dubbio che questo reperto è l'avanzo di una vasca battesimale, appartenente all'edificio culturale cristiano originario, collocata in postazione tale da consentire la sua circuizione (come prescriveva il rito aquileiese della benedizione del fonte) e predisposta per il rito del battesimo per immersione secondo le consuetudini liturgiche locali. La piccola piscina ovoidale è, infatti, orientata con l'asse lungo sulla direttrice est-ovest in modo che il catecumeno vi potesse scendere venendo da ovest e risalire rivolto a oriente per essere susceptus dal padrino, mentre il presbyter plebis Officiante e i suoi assistenti si disponevano a lato.

Connesso all'apparizione della prima chiesa cristiana si sviluppò nel suo sagrato un'area cimiteriale di cui furono ritrovate ancora in situ una cinquantina di tombe. Le più antiche di esse risultarono aderenti al muro meridionale dell'aula e direttamente sovrapposte ai manufatti d'età romana. L'architettura tombale era costituita ai lati da filari di massi e alle estremità da lastre di pietra poste di taglio. Le salme erano deposte senza cassa di legno sull'asse est-ovest, con la testa a occidente. Il corredo era limitato a qualche effetto personale (orecchino, fibbie, ecc). Le inumazioni, iniziate all'epoca della costruzione della chiesa, furono terminate (nell'area

esplorata) all'epoca della costruzione del sacello preromanico (IX-X sec).

La costruzione della chiesa primitiva sulla base della cronologia relativa dei manufatti, si può innanzitutto collocare fra il VI e l'VIII-IX secolo. Il sacro edificio infatti è sicuramente posteriore all'impianto tardo antico (IV-V secolo) e anteriore al sacello preromanico, forse carolingio (IX-X secolo). Un ambito cronologico più ristretto si può, tuttavia, ricavare dall' analisi tipologica della pianta e dei reperti tombali.

Un terminus post quem è indubbiamente fissato dalla tipica pianta a unica sala rettangolare con parete orientale piana senz'abside esterna (Absidenlosesaalkirche) che, come è noto, si diffonde nel V secolo in tutto l'arco alpino orientale culturalmente tributario di Aquileia. Questa tipologia basilicale ben definita è articolata su alcuni canoni costruttivi elementari e funzionali che ritroviamo sostanzialmente ripetuti anche nel nostro caso. L'aula, orientata con il presbiterio a est, non subisce alcuna variazione nell'andamento delle murature perimetrali in corrispondenza del presbiterio. Il rapporto tra larghezza e lunghezza è di 1 a 2 circa. Le strutture murarie hanno circa due piedi di spessore e sono atte a sopportare il peso di una copertura leggera, a doppio spiovente, posta su capriate lignee. Il presbiterio è sopraelevato di un gradino sul pavimento della nave. L'ambone è collocato in un'area immediatamente antistante al gradino del presbiterio. Ci sono, però, due varianti notevoli che denunciano una forte evoluzione del modulo tradizionale. Il presbiterio, infatti, si dilata su tutta la larghezza dell'aula, con un solo leggero avanzamento in corrispondenza dell'altare. Purtroppo tutto il mobilio presbiteriale è andato distrutto e non ci è possibile fare ulteriori confronti e soprattutto verificare l'eventuale esistenza del tipico banco presbiterale che frequentemente compare nelle basiliche alpino aquileiesi. La seconda variante di rilievo è l'inserimento della vasca battesimale nel settore settentrionale dell'aula, in rispondenza allo sviluppo dei riti d'iniziazione. In conclusione, la primitiva chiesa di San Lorenzo di Buja ci appare come una versione sensibilmente evoluta del modello basilicale invalso nel V secolo nell'area aquileiese e quindi non anteriore al VI secolo.

Un terminus ante quem ci è offerto, invece, dalla tipologia e dal corredo delle prime tombe che si addossarono all'esterno della parete meridionale della chiesa e che presuppongono quindi la sua esistenza. I caratteri generali degli usi funerari qui presenti si ricollegano chiaramente all'ambito culturale della tarda latinità autoctona. Particolarmente significativo a questo riguardo è il corredo della tomba n. 11, strutturalmente integrata

con il muro meridionale della chiesa. Gli orecchini ivi rinvenuti, formati da un'asticella di bronzo piegata a forma d'anello (diametro cm. 4) cui è inserito un vago di pasta vitrea o di osso, sono tipici monili diffusi in Friuli nel secolo VII.

Con quest'ultima datazione concordano anche altri elementi dell'architettura dell'edificio, come l'assenza di mosaici nei pavimenti, il carattere sommario della tecnica edilizia, oltrechè le ragioni d'ordine storico generale relative alle pievi friulane. Inoltre, sulla base delle numerose tracce di modificazioni avvenute

 successivamente all'interno della fabbrica (tra le altre sono significativi i diversi strati del cocciopesto di pavimentazione) e della sua prolungata continuità funzionale coniugata al contiguo sepolcreto, si può dedurre che la chiesa rimase in uso per lungo tempo. Alfine essa fu abbandonata, forse in seguito ad un incendio, del quale furono trovate imponenti tracce.

Possiamo, dunque, concludere affermando che l'indagine archeologica ha dato un contributo decisivo alla storia delle origini della Pieve di Buja e, di riflesso, alla storia generale  delle pievi friulane. La «ecclesia sancti Laurentii de Boga» sorse sul Monte di Buja verso il VI-VII secolo e venne subito dotata dei tre elementi costitutivi di una pieve o centro pastorale periferico: l'aula eucaristica, il cimitero e il fonte battesimale.

 

Nota. - Estratto da: «Memorie Storiche Forogiuliesi» vol. LXXV -1995, dove si possono reperire abbondanti ed interessanti  note non riportate qui per questioni tipografiche.