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Benedizione della 

chiesa di S. Lorenzo 

Domenica delle Palme

di Pier Lodovico Ursella

 

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Nella chiesa matrice di S. Lorenzo in Monte, si stanno portando a compimento (un po' a rilento) gli ultimi lavori per ridare a Buja questo monumento com'era dopo il suo ampliamento avvenuto tra il 1871 ed il 1883, quando la chiesa venne allungata ed allargata, più del doppio, nell'attuale forma a croce latina. Artefice di questo lavoro fu l'allora pievano mons. Pietro Venier. Nell'archivio della Pieve di S. Lorenzo è stato trovato, su un libro storico, un documento che tratta della benedizione di questa chiesa, avvenuta la Domenica delle Palme del 1883, in forma tutt'altro che pacifica.

Riporto integralmente, alla lettera, lo scritto.

Benedizione della matrice 1883

"Il pievano, avuta la licenza, ossia la facoltà dal superiore ecclesiastico, stabili di fare la funzione della benedizione della chiesa matrice nella Domenica delle palme ai Vespri, quantunque la rubrica richieda che tale benedizione si faccia la mattina facendovi seguire la celebrazione della S. Messa. Ma non si potè in nessun modo combinare altrimenti. Si premette che nella vecchia matrice era costume che le donne occupassero la parte della chiesa verso settentrione dal campanile al coro, e gli uomini l'altra parte (minore) verso la sacrestia a mezzogiorno parimenti dalla porta maggiore e poi via via fino ad occupare tutto il coro vecchio, che si intende. Una tale distribuzione faceva sì, che, per l'estrema ristrettezza della chiesa, e per la folla immensa di gente che vi si stipava in guisa da formare di tutta la gente una sola massa compatta come le sardelle nel barile, sulla linea di confine fra uomini e donne nascevano disordini e scandali tali che non si possono descrivere. Ora l'ampliamento della matrice era tutto proprio per togliere in perpetuo si fatti disordini e scandali, purché però si fosse pensato a stabilire una nuova distribuzione di posti agli uomini ed alle donne in quella chiesa.

Il pievano adunque, basato anche sulla consue-tudine tenuta nelle altre chiese di Buja, pubblicò dall'altare che nella chiesa matrice ampliata, gli uomini debbano occupare la parte di dietro cioè la vecchia chiesa ed il coro nuovo, le donne invece abbiano tutte a collocarsi nella parte nuova della chiesa, ossia fra il coro nuovo e la chiesa vecchia. Questa ordinanza del pievano pubblicata la mattina degli ulivi, venne eseguita la sera in S. Lorenzo dalla popolazione, ad eccezione di alcuni pochi uomini, specialmente della gioventù, i quali vollero prendere posto nella parte nuova della chiesa vicino alle porte. Questo era come l'indizio di una opposizione a quell'ordine, lo quale doveva in seguito farsi ben più serio. — Diffatti in quella sera stessa degli ulivi durante la funzione in Monte si fece da parecchi male intenzionati una congiura (in una osteria provvisoria di Monte) la quale consisteva in un progetto di unirsi un bel numero di arditi, e di andare nel Venerdì Santo ad occupare il posto destinato alle donne nella chiesa matrice. Né la minaccia fu fatta invano, poiché nel giorno di Venerdì Santo la sera, cominciarono a ficcarsi nella chiesa nova dalla parte di mezzodì prima i più sfrontati, e poi durante gli ufficii altri ed altri ancora dal che da quella parte uomini e donne erano così stipati e fissi e stretti che non lo erano di peggio nella vecchia matrice nei giorni di maggior concorso. Il pievano in quella sera aveva delegato il vicario a fare di celebrante, sia perché egli doveva fare la predica, sia perché giudicava opportuno di girare per la chiesa per vedere se l'ordine era mantenuto. Più volte il pievano durante gli ufficii si portò a pregare quegli uomini, che sempre più si accumulavano nella chiesa nuova, che volessero ritirarsi di là per lasciar libero il posto destinato per le donne, ma inutilmente; i caporioni, che erano i più avvanzati di posto, facevano i sordi, e stavano lì muti ed immobili come statue, e così dietro loro anche gli altri. Il pievano dovette subire la legge della forza maggiore e lasciarli là per non far succedere maggiori disordini.

Venuta l'ora, il pievano monta la cattedra per fare la predica. Durante la predica il pievano teneva d'occhio quella parte occupata dagli uomini disobbedienti, per coglierli in fallo di qualche disordine. Non occorreva. A mezzo la predica nacque un tal tumulto e rovesciamento di donne da quella parte ove gli uomini aveano voluto ostinatamente ficcarsi contro il divieto del pievano, che questi fu costretto a interrompere la predica, e sedersi fino a che fosse ritornata la calma. -

Prima però di proseguire la predica, riprovò pubblicamente la disobbedienza di quei temerari, protestò che egli non avrebbe più tollerato di simili abusi e che in qualunque momento che si fosse rinovato un simile tumulto, egli sarebbe senz'altro disceso dalla cattedra, ed avrebbe troncata la predica.

Quella sera passò senza altri incidenti.

Venne il giorno di Pasqua. I congiurati voleano vincerla a qualunque costo. Poco prima che cominciasse la funzione della messa solenne, erano i due fratelli Gio:Batta e Francesco Ursella, poi veniva un loro nipote, cioè Pietro Ursella; il primo dei tre ài anni 54, il secondo di anni 47 l'ultimo di anni 21; Vittorio Ursella; Gio:Batta Piemonte. Questi individui adunque in attitudine di sfida presero posto in mezzo alle donne poco prima che cominciasse la messa solene. Il pievano mandò prima un cooperatore, poi l'altro a pregarli che volessero levarsi di là, poiché quello non era posto destinato per gli uomini, fecero i sordi e rimasero immobìli nel posto che si aveano usurpato. In allora il pievano pregò il vicario che volesse andare con lui per cercare di persuadere, coll'autorità di amansire quegli individui a far cessare quello scandalo. Si portarono pertanto e pievano e vicario sopraluogo, li pregarono, e loro duri e testardi; li pregarono di nuovo a ritirarsi di là, e niente. In allora il pievano senz'altro lasciò andare un pugno nella testa ad Ursella Vittorio, questi se la svignò; Francesco Ursella fece resistenza al vicario; il pievano vedendo il vicario impegnato coll'Ursella rivolse tutto il suo potere in soccorso del vicario e contro Francesco Ursella; questi fu investito da ambedue, dovette cedere e indietreggiare, e in meno di quel che si dice fu cacciato fuori della chiesa: tutti gli altri erano scomparsi. L'Ursella, per non cader a rovescio, si arrampicò per le vesti del vicario, e dopo spinto fuori della porta cadde a rovescio sopra una congeria di sassi che erano a ridosso del muro della sacrestia, e tirò sopra di sé il vicario, il quale non poteva svincolarsi: in quel momento corse in difesa di Francesco Ursella il di lui fratello Gio:Batta, e in un batter d'occhio lanciò tre o quattro pugni alla testa del vicario. Il pievano mandò un grido di orrore come in atto di chiamare aiuto, ne nacque in chiesa e fuori di chiesa un gridare, un fuggire... ammazzano il pievano, e hanno ammazzato il pievano... fuggiamo, no, andiamo in soccorso.... ma dove sono?... cosa è?... oh che orrore!... che vergogna!... ma cosa è stato? cosa è, era in una parola una confusione e un tumulto indescrivibile, donne che piangevano, altre svenute, altre fuggite in fretta giù per la riva senza sapere neppure cosa era succeduto. Fatto sta che alla voce del pievano si e-ra scossa tutta la popolazione, e un certo Giuseppe Taboga di Avilla di anni 30 circa corse il primo a liberare il vicario dalle zanne di Francesco Ursella, e così e pievano e vicario restarono liberi e illesi.

Ma il popolo esacerbato contro gli Ursella per quella soprafazione cominciò a gridare: giù, giù, abbasso... dàgli, dàgli a quei milantatori... e chi li graffiava, chi li percoteva, altri volevano accoparli, ed altri i più numerosi dicevano, no, no, lasciateli, svergognateli e basta; e mettevano tutta la loro forza nel diffenderli perché non succedesse qualche cosa di peggio. Tutta la popolazione, e contadini e signori diede adosso agli Ursella per quella loro soperchieria, tutti li vergognarono, tutti li disapprovarono, e fu tale il loro avvilimento, l'umiliazione e la vergogna, che sul punto di mezzogiorno nel dì stesso di Pasqua si portarono ambedue i fratelli Ursella in canonica a chiedere scusa e perdono al pievano. Alla messa solenne poi il pievano con brevi e pacatissime parole accennò il fatto luttuoso, accennò ai motivi che lo indussero a stabilire quell'ordine in chiesa, invitò l'uditorio a pregare per quegli infelici e a perdonar tutto come egli perdonava, e finalmente li chiamò al baccio della pace.

Tutti concorsero al baccio della pace, e uomini e donne, ciò che costituì una vera dimostrazione e un vero trionfo. Nel discendere dal monte il pievano fu scortato fino alla canonica da una eletta schiera di giovani i quali fecero quella dimostrazione come per far vedere che gli uomini e la gioventù del paese stavano per l'ordine. Corse voce in seguito che per l'ottava di Pasqua si organizzava dai tristi una nuova soperchieria nella chiesa di S. Lorenzo ma non ne fu nulla. Venne la III Domenica di Aprile, il Corpus Domini e tutto passò col massimo ordine. Si spera che non abbiano più a succedere di simili e spiacevoli accidenti".