1968 Settembre

Monte di Buja

di Angelo Cracina

 

Ora che sono stati ripristinati e il servizio religioso e la solennità di San Lorenzo ( 1 maggio, 1O agosto 1966) e dopo lo geniale istituzione della « Sagre de primevere » da parte della « Pro Loco » (28 maggio 1967) sembra che la piccola borgata di Monte sia rinata a nuova vita. Anzi si direbbe che essa è diventata per tutti i Bujesi un centro di attrazione, un luogo di diporto e un invito alla concordia.

Come se dall'alto della sua maestosa chiesa, in cima a quel colle incantevole che dolcemente si eleva sulle digradanti colline moreniche, in faccia alle alpi carniche, S. Lorenzo, il titolare della  Pieve,  avesse   lanciato  un appello alla unione e alla solidarietà, al di sopra delle divisioni giuridiche e politiche.

Anche il diruto castello e la bella croce luminosa che spicca tra i cipressi del parco della rimembranza, sono amabili punti di richiamo, ma per i Bujesi credenti il più attraente è la vecchia chiesa matrice. La quale oltre che essere la prima del luogo, è una delle chiese più antiche del Friuli. Se ne parla già nel 792; la sua giurisdizione si estendeva anche a Maiano, Farla, Pers, Mels e Vendoglio. Fino al 1908 era la chiesa parrocchiale di tutti i Bujesi che salivano quassù nu­merosi specialmente nelle feste più grandi. Gli anziani ricordano ancora con nostalgia la terza del mese e il Corpus Domini con le suggestive processioni, guidate dai severi « mazzieri » e ingrossate dalla lunga teoria dei confratelli « de fraterne » in cappa bianca e rossa gli uomini, e in « velete » bianca  le donne.

A guardarla esternamente non la si direbbe una chiesa molto antica; e difatti prese la forma attuale di croce latina nel 1883. Però conserva tuttora alcune vestigia di antichità. Non mi riferisco al tozzo campanile pentagonale che si vuole coevo o addirittura anteriore alla primigenia chiesa, ma alle opere d'arte che la adornano. Quelle due grandi statue lignee (SS.ma Trinità e S. Antonio abate) che vedete appoggiate alle pareti a! primo entrare, sono uscite dalla bottega di Domenico da Tolmezzo nel secolo XV. L'affresco che scorgete sul soffitto (S. Lorenzo tra S. Nicolò e S. Antonio) ce appena alzato la testa a quel punto, l'han fatto più tardi, ma deve avere anche lui un paio di secoli. Più antichi e più pregevoli sono i due altari marmorei che trovate più avanti. Le rispettive pale (quella di destra: un S. Antonio ab. con S. Caterina e S. Paolo, quella a sinistra: una Assunzione tra S. Agostino e S. Nicolò) sono giudicate pitture del '600. Vorrei che osservaste bene l'altare di S. Nicolò perché sotto la mensa è rappresentato un grazioso episodio della vita del Santo: la risurrezione dei tre bambini, uccisi e messi in salamoia dall'oste assassino. Nelle due navate laterali a destra c'è l'altare di S. Sebastiano, che è detto pure della Madonna e di S. Rocco, e che proviene dall'antichissima chiesetta che stava sul luogo della croce luminosa. A sinistra vedete l'altare di S. Domenico. L'immagine del Santo, che sta in compagnia di S. Valentino e S. Lucia, è una tela di discreta fattura, ma tutto (compreso l'altare) è meno bello  di  quello  di   fronte,  seppure  antico.

Giunti qui, il nostro occhio è attratto dal grande quadro che campeggia sopra l'altar maggiore: il martirio di S. Lorenzo. Questo e i due più piccoli, appesi alle pareti che ricordano altri particolari della vita del nostro Patrono, li ha dipinti G.B. Grassi nel 1556. Le due Madonne quella in sacrestia (su tela) e quella provvisoriamente nella cripta (affresco staccato dal muro) il confessionale, lo stemma riverso dei Rizzardi, la tomba dei Barnaba, sono pure cose interessanti. Ma la più interessante come costruzione annessa alla chiesa, è la cappella della Madonna, tutta affrescata nel 1328 da Valente di Valcone da Gemona, sempre oggetto di ammirazione e di studio.

Scavi e asportazione degli intonaci, potrebbero rivelarci molto di più ancora. Comunque ciò che è stato scoperto finora, lo ha già descritto egregiamente il nostro Pieri Menis, lo non volevo ripeterlo, ma solo ricordarvi che Buia ha ripreso coscienza delle bellezze naturali di Monte. E anche della sua importanza   storica,  artistica  e  morale.

L'Arciprete