La chiesa di San Lorenzo Martire sul Monte di Buja di Emidio Goi | |
Si tratta della Pieve di San Lorenzo sul monte di Buja. Il nome “Pieve” in Italia, soprattutto centrosettentrionale, si trova attribuito ad un’antica parrocchia, ad un territorio discretamente vasto, oppure ad un edificio sacro, cioè ad una chiesa. L’origine di tale nome va cercata nella parola latina “Plebs”, adoperata con l’avvento del Cristianesimo, per indicare la comunità dei battezzati. Dapprima queste espressioni “Plebs Christiana - Plebs sancta ecc.” Hanno un significato generico: popolo cristiano, plebe santa, ma a partire da un’epoca non precisabile, assumono indicazioni diverse, non solo popolo dei battezzati, ma anche istituto o istituzione nella quale un determinato gruppo di battezzati si trovava unito ed in seguito con il termine “Plebs” tradotto “Pieve” si volle indicare l’edificio di culto ove si raccoglieva a pregare o a celebrare i sacramenti la Plebe santa, il popolo santo di Dio. Infine questo nome si estese al territorio circostante il luogo di culto, territorio nel quale il popolo dei battezzati dimorava. In tale modo: Popolo cristiano - chiesa - edificio di culto - territorio - venivano distinti con l’espressione “Plebs de...” con il nome del Santo patrono e del territorio. Così troviamo nella storia il nome cristiano della nostra comunità: “Plebs Sancti Laurentii Martyris de Buja” - Popolo di S. Lorenzo Martire di Buja. La nostra Pieve di Monte compie quest’anno 1210 anni, stando al documento del 792 che la nomina con questa precise parole “Ecclesia Sancti Laurentii, quae sita est in Forojuli loco qui nuncupatur Boga” - La Chiesa di San Lorenzo Martire che si trova in una località del Friuli chiamata Boga - Buja. Questo documento registra l’atto di donazione che fece Carlo Magno, imperatore del Sacro Romano Impero, al Patriarca di Aquileia S. Paolino, della nostra terra di Buja con la chiesa di S. Lorenzo. Si sa infatti che dopo la Pasqua del 792 l’imperatore aveva radunato in un Sinodo a Regensburg in Germania “ad ripas Danubii” i Vescovi dell’impero per debellare le ultime serpeggianti eresie Cristologiche che portavano discordia nella Chiesa e minavano da di dentro l’unità del rinato impero romano, chiamato sacro, purché cristiano. Tra quei Vescovi c’era anche S. Paolino, patriarca di Aquileia, friulano di Cividale, uomo colto e santo, che ricevette la conferma dei beni già concessi dai Longobardi alla Chiesa di Aquileia e ne ricevette di altri, come la Pieve di S. Lorenzo con il territorio di Buja con le annesse competenze. Questo documento, che in copia notarile del 1195 si trova nella Biblioteca civica di Udine, costituisce con autenticità il punti di partenza della nostra storia. Già dunque nel sec. VIII esisteva la Pieve di S. Lorenzo ed esercitava la sua giurisdizione sul territorio circostante, comprendente la Villa di Majano, Farla, Mels, Pers, Vendoglio. Con la donazione di Carlo Magno la Pieve diventa possesso del Patriarca di Aquileia sia sotto l’aspetto religioso (ed era naturale), sia sotto l’aspetto civile, quasi nucleo primigenio di quello stato patriarcale che verrà fondato dall’imperatore Enrico IV nel 1077 e messo sotto la piena giurisdizione del Patriarca di Aquileia. La Serenissima Repubblica di Venezia nel 1420, annettendosi la Patria del Friuli, toglierà al Patriarca il potere temporale, lasciandovi solamente quello spirituale. Nel 1751 la Santa Sede abolirà il glorioso Patriarcato di Aquileia, istituendo dalla sua frantumazione le Arcidiocesi di Udine e Gorizia. La Pieve di S. Lorenzo ha attraversato questi avvenimenti rimanendo alta sul Monte quale vigile sentinella della fede e del coraggio dei Bujesi, i quali lungo i secoli son vissuti con alterne vicende di miseria e di prosperità, di gloria e umiliazione, di guerra e di pace, e sempre, con quel pizzico di ingegno, di intelligenza, di tenacia che li contraddistingue, son riemersi alla ribalta della storia con audacia e intraprendenza. Ultimo e non piccolo segno di queste capacità dei Bujesi è stata la ripresa e la totale ricostruzione dopo il catastrofico terremoto del 1976. Per ultima nel panorama della ricostruzione arriva la Pieve di San Lorenzo. Era giusto che la madre prima vigilasse e provvedesse ai suoi figli, adesso è doveroso si ricordino di Lei, soprattutto per quel che significa nel suo valore morale, spirituale e civile per tutti indistintamente i Bujesi. Oggi Buja, dinamica e vivace, ha bisogno di maggior coesione, ha bisogno di trovare i tantissimi motivi di armonia nelle intenzioni e nelle opere, per non correre il rischio della dispersione delle risorse e delle forze. Il mondo delle nuove generazioni attende questo in modo particolare. La restaurata Pieve di San Lorenzo può ancora una volta segnare l’inizio di un rinnovato slancio per il recupero delle dimensioni morali, spirituali e civili che hanno reso grande nel passato la magnifica Comunità di Buja. San Lorenzo in Monte ci richiama la nostra identità cristiana; quel fonte battesimale scoperto nell’ambito degli scavi, risalente al IV - V secolo ci dice la vitalità cristiana dei nostri antenati; le molteplici ristrutturazioni dell’edificio lungo i secoli con l’apporto di preziose opere d’arte ci proclamano il crescere e il rafforzarsi della fede cristiana nel nostro territorio. Oggi il contemplarla rinata, splendente con la sua torre pentagonale, che ci guarda protettrice dovunque siamo, quasi a infondere sicurezza, con il suo concerto di campane, il migliore del Friuli, ci obbliga moralmente ad essere degni di coloro che ci hanno preceduto. Quei Bujesi credenti e peccatori, astuti, ingegnosi e tenaci, che hanno considerato il loro Monte con la Pieve di San Lorenzo quasi come una segnaletica stradale di percorsi che infondono speranza, coraggio nel faticoso mestiere del vivere. |