1941 Maggio

Il nuovo Campanile di Buia

D. Italico  M. Bernardino

 

 Dall'alto della superba e magnifica torre.

A pena da lungi io vidi la tua

mirabile guglia svettante

ardita, su, su, nell'azzurro senza

macchia. Una gran piova d'oro abbagliante

ti fasciava con gioia materna,

e al mio occhio stupito

avevi la parvenza

di candelabro, pronto per un rito

solenne di fede, in quel giorno.

Fiammeggiavano pure la Pieve

vetusta e i bellissimi

colli che ti fanno corona intorno.

Sostai, sempre più intento e greve.

Giungeva a me, solingo pellegrino,

il suono dei tuoi bronzi: lenta

e tenue voce da prima, ma poscia,

a poco a poco, prorompe, diventa

uno squillo, un concento che rapido

si snoda via pe' cieli,

scende giù, rugge o scroscia,

or, ecco, siccome singhiozzi anèli,

rintocca sommesso, e non è

alfine che all'Eccelso una prece

di cuori imploranti.

Tal mi sembrò di ogni umano, ahimè,

l'eterna quaggiù e fatal vece.

La pietà avita d'un popolo ti ha

voluto e ti eressero audaci

artieri senza nome, mentre infuria

l' atra bufera che piani feraci

arroventa e aspre rocce, fa l'aere

fosco e vermiglio il mare.

Tu sfidi ormai l'ingiuria

dei tempi e di vicende liete o amare,

sei simbolo sacro di pace,

vegli unisci sorreggi ed esalti.

Ho sciolto il mio inno

a te, alla guglia che è richiamo e face,

e drizza a' destini più alti.

 

Branco - Marzo 1941