INDIETRO

 

Pasqua 1985

Un presbiterio postconciliare per il Duomo restaurato 

CONTRIBUTO PER UN PROGETTO DI RIFORMA

Gian Carlo Menis

 

FOTO

 

Stanno per iniziare finalmente i lavori di ripristino del nostro Duomo. Così un sofferto e contrastato iter burocratico si conclude e si apre un capitolo nuovo della storia di questo sacro edificio, realizzato dalla fede generosa dei nostri padri e dalla intrepida tenacia dei loro pastori.

Così viene accolta un' istanza profonda e corale della comunità bujese colpita dal terremoto; così viene assicurato alla continuità della storia un segno eminente del sacro, reinserito nel tessuto urbano del capoluogo.

Risolto in tal modo, attraverso l'intervento pubblico, il problema fondamentale, quello cioè del recupero dell'edificio nei suoi valori architettonici, storici ed estetici, restano, tuttavia, aperti molti altri problemi che dovranno essere affrontati e risolti dalla comunità parrocchiale. Problemi di funzionalità, di arredo, di servizi, di restauro e di aggiornamento. Fra questi emerge uno assolutamente prioritario sul quale desidero attirare l'attenzione dei lettori di questo bollettino. Mi riferisco all'indilazionabile necessità di aggiornare il presbiterio alle esigenze della liturgia postconciliare.

Come, infatti, molti ricordano l'altar maggiore barocco del Duomo (1736), ereditato dalla precedente chiesa di S. Stefano, era stato collocato nella nuova, quasi a ridosso dell' abside poligonale centrale. Con qualche modifica in pianta (i basamenti delle statue laterali avevano subito una leggera rotazione) e con l'aggiunta di uno o due gradini, gli era stato dato maggior slancio verticale, armonizzando in un ben equilibrato rapporto il suo stile barocco all'architettura neogotica del Duomo. Se l'operazione poteva dirsi riuscita sotto il profilo estetico e scenografico, non altrettanto si poteva dire per l'aspetto liturgico. L'altare, infatti, risultava eccessivamente lontano dai fedeli agli effetti di una buona visuale e di un buon ascolto dei riti. (Molti certo ricordano come, proprio per ovviare a tale inconveniente, il pulpito era stato collocato quasi a metà della navata centrale).

Fu per questo che nel 1960 il pievano Mons. Domenico Urbani, particolarmente sensibile alle idee del movimento liturgico molto vivace in quegli anni, pensò di trasferire l'altare in posizione avanzata, tale da consentire una migliore partecipazione dei fedeli alla liturgia.

Egli perciò affidò agli architetti Della Mea e Miani il compito di predisporre un piano di sistemazione generale del presbiterio. Il progetto da questi elaborato con la consulenza della Commissione d'Arte Sacra fu di fatto realizzato nello stesso anno nella forma che tuttora vediamo.

L'altare fu collocato quasi all'altezza dell'arco trionfale e, in corrispondenza della prima arcata della nave centrale, venne sopraelevato un nuovo presbiterio, fiancheggiato ai lati da due transenne sostenute da pilastrini reggenti le antiche quattro statue degli altari laterali (secolo XVIII)

Questa soluzione, pienamente soddisfacente dal punto di vista architettonico, rappresentava allora l'aggiornamento più avanzato consentito dalle norme liturgiche vigenti. Ben presto, tuttavia, la riforma attuata da Mons. Urbani risultò superata dai successivi sviluppi del rinnovamento liturgico promosso dal Concilio Vaticano II.

La costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium sulla sacra liturgia del 1963 e la lettera apostolica Sacram Liturgiam del 1964 furono i due documenti che segnarono la svolta decisiva della più recente riforma liturgica.

Una delle esigenze più sentite dalla nuova liturgia fu quella di usare l'altare verso il popolo onde facilitare il dialogo fra celebrante e fedeli. Anche nel nostro Duomo, perciò, già alla metà degli anni '60, si provvide ad adottare un altare mobile di legno, posto subito sopra i gradini del nuovo presbiterio. Era un ripiego comprensibile, ma del tutto inadeguato alla maestosa spazialità della chiesa e, soprattutto, indecoroso in rapporto alla rigorosa centralità simbolica dell'altare riproposta dai testi conciliari.

La chiesa, infatti, «mysterium adumbrat Ecclesiae», come dichiara l'Ordo dedicationis ecclesiae. La chiesa di muro è l'immagine della comunità credente e la sua organizzazione interna è la proiezione spaziale dei riti liturgici che vi si svolgono. Lo spazio interno deve, dunque, essere articolato secondo la stessa struttura organica e gerarchica della comunità, evidenziando i ruoli spettanti a ciascun membro della Chiesa.

Da queste premesse (esposte qui evidentemente in forma sommaria e concisa) parte la proposta progettuale per una nuova organizzazione del presbiterio del Duomo, che ora brevemente illustreremo.

Il vecchio altare barocco, notevole opera d'arte, dovrà non solo essere conservato (opportunamente restaurato), ma dovrà essere ricollocato nel suo luogo originario, in fondo all'abside centrale, in modo che possa riprendere integralmente quella funzione architettonica ed estetica che i primi costruttori del Duomo (il progettista Don A. Noacco) gli avevano sapientemente assegnato. In tale sua funzione, nell'armonia dello stile diverso, l'altare settecentesco formerà un fondale suggestivo dell'intera area presbiteriale e potrà essere di volta in volta adeguatamente decorato con l'arredo tradizionale (candelieri e croce, fiori, ecc.) seguendo le diverse festività dell'anno. Accanto ad esso troveranno di nuovo posto i pregevoli stalli lignei del vecchio coro (sono opera realizzata nel 1763 dal cividalese Matteo Deganutto).

L'attuale presbiterio, opportunamente rimodellato nei suoi livelli e nelle sue gradinate, dovrà mantenere il suo ruolo polarizzatore dell'intero spazio interno del tempio. Al suo centro, avanzato verso l'aula, troverà posto un nuovo altare, di forma e dimensioni moderne e tali da differenziarsi nettamente dall'altare antico (sia per eludere ogni idea di duplicità sia per esprimere pienamente i suoi contenuti simbolici).

Esso formerà il fulcro del sistema presbiteriale, scandito radialmente da altri poli minori.

Questi saranno costituiti in primo luogo dalla cattedra del presidente dell'assemblea, situata approssimativamente nel luogo dell' attuale altare, cioè sotto l'arco trionfale, in posizione assiale e ben visibile ai fedeli. Sulla destra di chi guarda il presbiterio dalla nave (tra le sedi e l'altare) sarà collocato il Tabernacolo, anche esso in posizione ragguardevole e facilmente accessibile da ogni punto del presbiterio. Sul lato sinistro, nella posizione più avanzata, verrà invece collocato l'ambone per la proclamazione della parola di Dio. Anch'esso, come l'altare, le sedi per i presbiteri e il tabernacolo, potrà essere costituito da un monolito artisticamente e discretamente modellato.

Ai lati del presbiterio, infine, si potranno ricollocare le quattro statue (di Ermacora e Fortunato, di S. Domenico e S. Caterina) su altrettanti basamenti. Non si ritiene invece opportuno rimettere le pesanti transenne laterali, erette nel 1960, che creano una inopportuna cesura con gli spazi affiancati.

Un ultimo polo dell'area presbiteriale dovrà essere formato, secondo le attuali preferenze, dalla vasca battesimale, che dovrebbe essere collocata in luogo ben visibile all' assemblea sia per 1' eventualità dell'amministrazione comunitaria del battesimo sia per facilitare il frequente richiamo catechistico alle sorgenti della vita cristiana ed ai conseguenti impegni battesimali (richiamati anche dal cero pasquale che potrà essere collocato presso la vasca). Si ritiene perciò che il luogo più idoneo, nella soluzione prospettata, per collocare l'angelo bronzeo reggente la vaschetta dell'acqua lustrale (notevole opera d'arte dello scultore A. Franzolini) sia quello antistante al pilastro della colonna sinistra, non lontano dall'ambone.

Come prescrivono le norme vigenti, un nuovo spazio dovrà essere assegnato anche alla schola cantorum, in modo che appaia «chiaramente che cantori e organista fanno parte dell'assemblea dei fedeli», partecipando alla liturgia nel ruolo di mediatori fra clero e assemblea. Lo spazio che sembra a ciò più adatto è quello situato a fianco del presbiterio, davanti alla cappella settentrionale.

Questa in linea di massima la nuova soluzione che si prospetta per adeguare il presbiterio del Duomo di Santo Stefano alle nuove esigenze del culto, anche ispirandosi ad illustri esempi ormai felicemente collaudati, a vent'anni dalla riforma liturgica. Essa dovrà essere non solo pienamente funzionale, ma anche chiaramente espressiva dei messaggi simbolici affidati all' articolazione dello spazio sacro cristiano.

Una soluzione chiaramente polarizzata attorno all'altare, sufficientemente elevato per evocare la trascendenza del mistero cristiano, eppure vicino all' assemblea quanto basta per proclamarne la dimensione umana. Una espressione inequivocabilmente moderna, eppure armonizzata al barocco aereo del vecchio altare e all'ecclettismo dell'architettura, che proietterà verso e oltre il 2000 l'immagine della fede e della cultura della comunità cristiana bujese del nostro tempo.