Maggio 2005 |
Una Chiesa cinque Pastori di Pietro Menis |
Il gruppo degli edifici per l'esercizio del culto, Duomo, Campanile, Casa Canonica, posti sull'aerea Piazza della nostra Buia, con il palazzo comunale che fa da sfondo, formano uno dei complessi architettonici più belli ed armoniosi del Friuli. Queste opere monumentali, severe e pur eleganti, con le loro linee composte offrono, a chi le guarda un senso di rispetto, di riposante bellezza. Ricordo di avere letto nel testo di un Padre della Chiesa antica questa sentenza: « Se vuoi giudicare un paese entra nella sua chiesa... ». Ebbene, oggi, quanti entrano nel nostro Duomo restano ammirati per la sua compostezza, per la sua dignitosa bellezza, per il suo invitante raccoglimento alla meditazione ed alla preghiera. Quando il Pievano, mons. Venier si accinse alla costruzione di questo tempio (1889-99) pensava alla sua grandezza come capienza, necessaria allo sviluppo demografico del paese, ma anche pensava al suo ruolo di « mater et caput » di tutte le chiese del vasto paese, posto com'è nel cuore della terra di Buia. Egli, il vecchio « combattente » non potè vederlo finito nella sua interezza, ma la sua eredità spirituale per il governo della Pieve la lasciava in buone mani, mani sicure e cuore saldo che si era forgiato al suo esempio adamantino e sulla sua direttiva e cioè al suo successore, mons. Bulfoni. Ma a questi, in un primo tempo era riservato un altro compito, urgente ed impellente, sempre connesso alla cura ed al completamento dell'opera grandiosa che si era iniziata col Duomo, e cioè la costruzione del palazzo arcipretale (1904-07) una delle più belle e artistiche costruzioni del genere dell'intera Diocesi. Successivamente il Bulfoni avrebbe voluto realizzare la facciata di Santo Stefano, che era nel desiderio della popolazione intera, a traslare nel tempio le ceneri del suo costruttore, mons. Venier, ma la guerra (1915-18) e gli strascichi di questa fecero naufragare ogni proposito e speranza di immediata attuazione di questo programma. E mentre questo venerando Pastore volgeva prematuramente verso la fine (1932), ecco apparire sulla nostra scena quello che sarà il suo successore, mons. Chitussi. Questi con la sua candida naturalezza, senza rifletterci sopra andava proclamando: « il nostro Duomo è il più bello del Friuli! ». Con questa carica di entusiasmo, ancora da Cooperatore (1929), diede impulso alla continuazione di innalzamento del campanile che riuscì a cimare dalla croce terminale nel 1940. Ma in quel torno d'anni aveva fatto costruire anche la facciata del Duomo (1936-37) opera sempre ammirata che diede, come da, la sua vera fisionomia al paese. Ed un altro gioiello della nostra chiesa lo dobbiamo a questo Pastore: il Battistero. Mons. Sant (1947-49) è stato un Pastore di transizione per le opere che il presente scritto vuole illustrare. La sua comparsa in un pomeriggio di tormenta forse preludeva alla sua breve missione tra noi chiusa violentemente in una mattina novembrina. Egli per le particolari circostanze non ebbe modo di formulare un programma e men che meno fermarsi ad un'opera. Anche il concerto delle campane (1949) che dotò la nostra torre gli è stata direi imposta dalle circostanze. E arriviamo, quinto fra i Pastori del secolo avvicendati sulla nostra scena, a mons. Urbani (1950-65). Con la sua silenziosa laboriosità egli ha messo il nostro maggior tempio allo stato che tutti ammirano e che lo pone veramente fra le chiese più belle, invitante alla meditazione ed al raccoglimento. Le vetrate (1954) istoriate del coro a chi entra danno subito, colla loro tonalità e simboleggia, una sottile ondata di mistica bellezza. Il presbiterio portato verso il popolo (I960) anticipava le disposizioni della nuova liturgia non solo, ma la raccolta delle opere barocche disposte attorno all'altare maggiore creano un'isola di monumentalità proprio delle chiese maggiori. L'organo nuovo (1963) disposto nella parte absidale costituisce un altro elemento di solennità e di grandezza che non sfugge a nessuno. L'austerità poi del nostro tempio si completa con il grande crocefisso, il più grande dei Friuli (1963), collocato sulla parte di fondo. Quest'anno ricorre il XL di sacerdozio e il XV di permanenza a Buia, quale Pastore di mons. Urbani. Una ricorrenza che non poteva passare sotto silenzio ai suoi figli spirituali. E qui ancora una volta il pensiero di Monsignore è rivolto al suo, al nostro Duomo. Con squisito gesto egli ha voluto che ogni manifestazione fosse rivolta, non a lui ma alla chiesa, e cioè che eventuali offerte destinate a solennizzare la fausta ricorrenza venga devoluta al progettato riscaldamento del tempio si da metterlo alla pari con i tempi. Questa la corona delle realizzazioni che, oggi, formano il vanto della nostra cittadina, caratterizzandone il volto; corona veramente d'oro le cui gemme sono incastonate e cementate dalla fede e dall'amore dei Buiesi guidati dallo zelo illuminato dei loro pastori. Pietro Menis |