Maggio 2005

Non c' è amore più grande.....

di colui che dà la vita per i propri fratelli

 

Quante volte nel nostro ardore giovanile non abbiamo sognato di fare grandi cose, di diventare degli eroi, forse sull'esempio dei films western, dell'eroe che lotta per la difesa del bene ed il trionfo della giustizia, del valoroso che mette a repentaglio la propria vita per la difesa degli altri.

Forse abbiamo pensato che pur di essere degli eroi saremmo stati disposti anche a morire in un momento d'ardore, di coraggioso altruismo, per salvare qualcuno.

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Ma gli anni sono forse trascorsi, siamo forse giunti ad una età in cui non siamo più giovani e fare gli eroi è un sogno di ieri. Forse per tanto tempo abbiamo aspettato l'occasione propizia per assurgere alla cronaca dei giornali, ma non l'abbiamo mai incontrata.

Anzi ci siamo imbattuti sempre in cose comuni, nella vita di ogni giorno, con le preoccupazioni di ogni giorno, le difficoltà di ogni giorno. Nulla di speciale, nulla di appariscente, nulla di « éclatant ». La vita piatta di sempre. E per di più quante incomprensioni, quanta poca riconoscenza per il bene fatto, molta ingratitudine, freddezza, egoismo. Ed allora ci siamo chiusi nel nostro guscio, nella nostra famiglia, anche noi nel nostro egoismo, disinteressandoci per quanto possibile degli altri.

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Ci siamo accorti che lavorare per il nostro prossimo, per puro amore del loro bene, vincendo le ingratitudini, le incomprensioni, alle volte la fredda indifferenza dei beneficati che hanno dimenticato il bene ricevuto per rinfacciarci quello che non abbiamo fatto, la gran parte delle volte perché non si è potuto fare, occorre una buona dote di coraggio. Un coraggio eccezionale, fuori del comune, un vero eroismo.

Essere eroi nelle grandi cose per breve tempo può essere relativamente facile; ma essere eroi nelle piccole cose, notate da pochi, non per giorni o mesi, ma per anni, per tutta la vita, giorno per giorno, con tenacia, senza mollare, è assai difficile, da eroi, sia pur sconosciuti, ma sempre da eroi.

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Questo eroismo noi lo notiamo poco, perché siamo figli del nostro tempo, siamo dei grandi superficiali, facili alla critica dei difetti, dimentichi delle belle qualità. In una autorità, in un superiore, in una persona che ricopre un posto responsabile, vediamo sempre quello che non ha fatto, dimenticando quello che ha realizzato, e senza dare le direttive per fare il non compiuto, o dando direttive impossibili a realizzarsi, perché pratiche nel nostro cervello, ma molte volte pure idee campate in aria, perché avulse dalla realtà generale delle cose, che noi crediamo di conoscere, ma che per la maggioranza dei casi non conosciamo affatto.

 Noi uomini diverse volte nel giudicare il prossimo siamo dei grandi bambinoni, perché siamo rimasti quello che eravamo nei primi anni della nostra vita: dei distruttori.
C'è quindi un eroismo nascosto di cui dobbiamo prendere atto. La mo­destia ed un certo pudore del bene compiuto ci impedisce di conoscerlo appieno, ma ciò non fa altro che ingigantirlo. E non posso così scrivendo, pur senza dimenticare molte altre persone nobili non di sangue ma d'animo, non posso dimenticare il nostro Arciprete, cui festeggiamo il 40° di Messa ed il 15° di permanenza a Buia.

Sotto il suo dimesso portamento, il suo incedere affaticato, si nasconde l'animo nobile di un uomo che ha speso gli anni migliori a servizio della Diocesi della Patria come cappellano militare e delle anime come sacerdote. Era giudicato Lino dei migliori sacerdoti della Diocesi, valente e ricercato predicatore. Un uomo che ha passato quattro anni, prigioniero quasi volontario, in mezzo ai nostri soldati in Palestina e in India, per sostenerne lo spirito, infondendo coraggio e dando loro tutto quello che possedeva. « Una bandiera del clero friulano » come bene ebbe a dire il nostro Arcivescovo.
Chi ha avuto l'occasione di conoscerlo da vicino avrà notato il suo grande amore alla persona, all'individuo. « Tutti siamo figli di Dio ». Da questa sublime affermazione più volte ripetuta deriva la sua carità verso il prossimo. Difficilmente un giudizio negativo, di condanna. Si condanna il male, non la persona. « Dobbiamo cercare di non rompere i ponti ». Se fa sentire alta la sua voce lo fa non per sé, ma in favore della giustizia, della verità, del debole indifeso. Un sacerdote che ha consumato la sua vita a beneficio degli altri, una persona dinanzi alla quale sentiamo il dovere di inchinarci ammirati.

Possiamo in qualche modo dimostrare il nostro affetto e la nostra riconoscenza per lui? Una cosa gli sta a cuore: di poter realizzare il riscaldamento del Duomo. Diamo il nostro omaggio concreto per realizzare questo suo desiderio.

In secondo luogo impariamo dal suo esempio a essere degli adulti nello spirito. Diventiamo adulti dando a ogni cosa il suo peso reale. Diventiamo uomini costruttori di una società migliore, in cui l'amore vicendevole abbia a togliere gli egoismi e dare pace e serenità a tutti gli individui che la compongono.

« Cerchiamo — come diceva Papa Giovanni XXIII, tanto caro a tutti gli uomini — tutto ciò che unisce e lasciamo ciò che divide ».
Proviamo vicendevolmente ad apprezzare nei nostri vicini tutte le belle qualità, lasciando momentaneamente da parte i difetti. Dopo breve tempo ci sentiremo più contenti, ci ameremo di più, ed avremo nel nostro spirito quella pace augurata a Betlemme agli uomini di buona volontà. Così facendo apprezzeremo questi eroi sconosciuti e ci convinceremo sempre più che « non c'è amore ed eroismo più grande di colui che da la vita per i propri fratelli.

Un cooperatore