Natale 2006 |
Esperienza Missionaria di Anna Zuliani |
Perchè visitare un paese straniero e condividere le sue povertà, quando possiamo riposare in qualche bella spiaggia o sulla cima di una montagna? lo non lo so, ma da qualche anno avevo il desiderio di partire per vedere nuove realtà, diverse da quelle a cui siamo abituati, e direi affezionati. Avevo voglia di mettermi in discussione. L'occasione si è presentata quasi per caso, con la visita di Mons. Claudio Gugerotti, Nunzio Apostolico di Georgia, Armenia e Azerbaigian, a Buja, lo scorso ottobre 2005. Qualche scambio di mail, l'invito, la proposta alla famiglia, le perplessità dei parenti e infine l'ok. Siamo partiti (io e Alessandro) l'undici agosto. Arrivati a Tbilisi (capitale della Georgia), siamo stati accolti nella nunziatura apostolica, per trascorrere la prima notte. La mattina successiva siamo stati portati in una località montana, dove si svolge il campeggio estivo organizzato dalla Caritas. Qui sono ospitati, per periodi di dieci giorni, circa centoventi ragazzi, trenta dei quali però rimangono affidati alla Caritas per tutto il resto dell'anno a causa di motivi economici e familiari. L'organizzazione della giornate è molto simile a quella di un qualsiasi campeggio parrocchiale; quello che cambia è il menù (Dosi ridotte e ricette particolari), le condizioni igieniche (i topi sono ovunque) e le comodità (non c'è acqua, né calda né potabile,non ci sono serramenti e l'elettricità è un optional. Dopo una settimana siamo ritornati nuovamente a Tbilisi per circa un giorno prima di ripartire alla volta di Bakù (capitale dell'Azerbaigian). In questa città cantiere affacciata sul Mar Caspio, ci siamo uniti a dieci giovani di Spoleto, dieci ragazzi Georgiani e dieci Azeri con cui abbiamo vissuto per altre due settimane. Lo scopo di questo "meeting" era confrontarci sul concetto di Chiesa universale nelle varie comunità locali. Detto così sembra un tema un pò astratto, ma la realtà Azera con trecento cattolici in uno stato musulmano e quella Georgiana con una maggioranza ortodossa tutt'altro che ecumenica, esprimono esperienze di Chiesa molto concrete e difficili a cui noi italiani non siamo abituati. Non ultimo e trascurabile problema nella comunicazione era la lingua, visto che l'interprete di turno doveva tradurre ciascun intervento in italiano, georgiano, azero e russo. In conclusione quelle tre settimane sono state intense e stimolanti. Certo, non possiamo vantarci di aver risolto nessun problema né di aver tratto importanti conclusioni, ma l'incontro con esperienze così lontane dalle nostre ci rimane impressa e ci aiuta, una volta ritornati a casa, a guardare con occhi nuovi il prossimo che incontriamo. |