Numero Speciale - 1966 Marzo |
Cinquecento anni della processione votiva di Comerzo (1466-1966) di Pietro Menis |
Ogni anno, il venerdì seguente alla festa dell'Ascensione di Nostro Signore, la Pieve di Buia scende nella chiesa mariana di Comerzo, villaggio in Comune di Maiano, che si dilunga sulla Via di Alemagna. Si compie in tal modo un antichissimo voto, pronunciato dai nostri lontani Padri. Non si conoscono le ragioni per cui il voto venne fatto, ma certamente esso fu emesso in occasione di qualche epidemia che infierì nella contrada. Il primo cenno storico relativo alla processione, si trova registrato nel Catapane della Pieve e risale al 1466. Quest'anno dunque ne ricorre il cinquecentesimo anniversario! Il documento ricorda un legato dovuto a un tale « Ziosi di Sot Col » (Nicoloso di Sottocolle), che stabiliva la distribuzione di « pane e vino » davanti a «la giesa di S. Pietro» (Avilla) «a quelli che tornano drio le Crosi dalla Madonna di Comerzo». Dunque la processione era già in uso prima del 1466. Anticamente il sacro cor teo si formava in Monte, nella chiesa Matrice, e scendeva, verso la piana, alla luce del primo mattino, fra preci e canti. Ad ogni sbocco di sentiero o di strada, ad ogni casolare e borgo altri pellegrini si univano a ingrossare le file, fino all'estremo lembo della terra di Buia. Quindi la processione proseguiva imponente e pittoresca, tra lo sventolio delle insegne sacre, al luccicchio delle Croci di tutte le chiese filiali. Dietro le insegne delle Fraterne si allineavano i rispettivi iscritti, rivestiti dalle loro cappe vistose: rosse quelle della Fraterna del SS.mo, celesti quelli della Madonna del Carmine, bianche quelle del Rosario, bigie quelle di S. Antonio Abate. Il Vicario, che presiedeva, accompagnava i fedeli montato a cavallo. A lui la Comunità corrispondeva «i soldi» della Messa che doveva celebrare, più « la focaccia » per desinare. E' probabile che laggiù, a Comerzo, tutti i partecipanti al pellegrinaggio si fermassero a merendare, giacché la processione si concludeva al pomeriggio, nella nostra chiesa di Madonna « col canto del vespero ». Tornando, passavano per Maiano « attraverso la chiesa »; difatti entravano nel tempio dalla porta del fianco sinistro e, cantato un Vangelo, uscivano da quella del fianco opposto. Col trascorrere dei tempi, sia la partenza che il ritornò della processione subirono delle varianti. Ci fu un tempo in cui la processione partiva da S. Floriano e finiva a S. Stefano,; altre volte si partì da Avilla per finire a S. Giuseppe (Ursi-nins Piccolo). Per molti anni si ha memoria che la Comunità di Buia, e poi la Congregazione di carità, distribuivano, sul prato antistante la chiesa di Comerzo, dopo il canto della Messa, il pane dei legati. Oggi i « bagigi » che distribuisce il Pievano sullo stesso luogo ai bambini che soddisfano al voto, non è che un ricordo delle consuetudini di quei tempi lontani! La processione cinque volte centenaria ebbe anche i suoi episodi drammatici. Ne ricorderemo due. Nel 1836, il Pievano Bonetti, arrivando di buon mattino in Monte per avviare la processione, vide sventolare sul tiglio della Piazza un grande cencio rosso... Era un ammonimento! Cosa c'era sotto? Il Pievano aveva acquistato un Crocefisso che avrebbe dovuto « aprire » tutte le processioni della Pieve, ma quelli di Madonna vantavano di aver essi la prerogativa di precedenza col Crocefisso della loro chiesa. Né l'una né l'altra parte cedette e la processione si avviò con due Crocefissi appaiati in testa... Tutto andò bene nell'andata e durante la permanenza a Comerzo. Ma al ritorno, quando il corteo stava per sciogliersi, i più accesi vennero dalle parole alle mani... e le Croci andarono di mezzo! Nel 1878, l'autorità politica aveva proibito di fare processioni fuori dell'ambito comunale. Il Pievano Venier avvertì di ciò la popolazione; ma la notizia suscitò ovunque malumore e proteste. Ai più focosi fra i « protestanti », il Venier consigliò la calcia, ripromettendosi di sbrogliare da sé la matassa. Andò a Udine e, dopo varie schermaglie con uscieri e impiegati, riuscì a farsi ricevere dal Prefetto. Era già il pomeriggio. Questi lo accolse con mal garbo: ma il Pievano si era proposto di tenersi calmo ad ogni evenienza. Quando il Capo della Provincia conobbe la ragione di quella inusitata visita, montò sulle furie. Erano i tempi!... Il Prefetto rifiutò ogni deroga alle disposizioni già emanate. Niente processioni! E, urlando, passava da una stanza all'altra e il Pievano, umile, col cappello in mano lo seguiva nei suoi movimenti, senza disarmare. La commedia durò circa mezz'ora, per concludersi con un nulla di fatto. Il Pievano prese il treno e tornò a casa; scese ad Artegna e a piedi raggiunse la sua sede, verso sera, con il triste presagio che sarebbero soprav-venute delle novità. In quella stessa notte infatti il Prefetto ordinava al Regio Commissario di Gemona di portarsi a Buia con tutte le forze disponibili per sedare eventuali disordini. Una squadra di Carabinieri arrivò in paese alle due di notte; qui però tutto era calmo e tranquillo. Dov'erano dunque i « ribelli » di Buia? E quella grinta di prete?... Inopinatamente, di lì a qualche giorno, il Prefetto rilasciava il permesso temporaneo di fare la processione fuori del territorio parrocchiale. L'anno seguente, 1879, la proibizione delle processioni era estesa anche al Venerdì Santo. « Il Venerdì Santo passò senza inconvenienti perché sopravvenne la pioggia » — scrive il Pievano. — « Ma la processione di Comerzo fu fatta dal popolo, senza insegne e senza sacerdoti ». Forse mai si era vista una processione più devota e raccolta. Oggi al « pellegrinaggio mariano di Comerzo » si va in corriera. In questi ultimi anni, con lo sviluppo rapido e sorprendente del motore, i « pellegrini » preferiscono raggiungere la località con mezzi propri, per cui torna a proposito il detto latino: distingue tempora et concordabis jura... Pietro Menis |