Natale 2001 |
Parole Vive Liturgia e secolarizzazione di Domenico Zannier |
La liturgia cristiana è l'attuazione concreta della lode di Dio da parte della Chiesa e della riproposizione dei grandi misteri della nostra salvezza. Liturgia è anche il modo di conferire i sacramenti, creando i soggetti del culto, che vengono abilitati all'azione di grazie in unione vitale con Cristo. Essendo la Chiesa comunità e istituzione, perché così voluta dal suo Fondatore, e non solo un assembramento casuale di persone credenti, ha realizzato fin dai tempi apostolici regole di culto e un calendario delle solennità alle quali partecipare dall'intero popolo di Dio. La Pasqua del Signore è il primo fondamento, la pietra angolare della liturgia, che ogni domenica rinnova. Alla Pasqua si sono aggregate in ordine di tempo le feste rievocanti la vita del Salvatore, della Vergine, gli eventi della Pentecoste, le memorie degli Apostoli, dei Martiri, dei Santi. Si è quindi costituito un calendario annuale, comprendente pure tempi di preparazione spirituale e penitenziale alle grandi solennità: quali i periodi di Avvento per il Natale e la Quaresima per la Pasqua. Nei primi secoli le celebrazioni non potevano essere pubbliche in un mondo pagano e sotto il flagello delle ricorrenti persecuzioni. Quando la Chiesa ha avuto la libertà di professare la propria fede e il numero dei fedeli si è accresciuto ha potuto celebrare alla luce del sole la sua liturgia. L'impostazione comunitaria della liturgia, che non è certamente a scapito della preghiera e delle devozioni individuali di ciascuno, ha portato alla costruzione di edifici di culto con funzioni assembleari, ossia ecclesiali. Nei secoli successivi in clima di universale cristianità le cerimonie religiose, le festività liturgiche, le processioni e i riti venivano recepiti anche dalle autorità e istituzioni civili. Venivano rispettati i tempi e certe manifestazioni civiche o statuali si facevano in date diverse. Alcune manifestazioni popolari pubbliche sono nate da festività e continuano ancora oggi. Il cristiano e il cittadino, che generalmente erano la stessa persona, tenevano presente il calendario liturgico ed evitavano contrasti e interferenze. Persino in periodi di guerra si fissavano tregue nei combattimenti, nelle circostanze natalizie. L'avvento del laicismo moderno e anche, antecedentemente, dell'individualismo protestante hanno teso a ignorare e a minimizzare le manifestazioni liturgiche e religiose sul piano pubblico. Mentre assistiamo pure in Italia alla ostentazione pubblica dei riti islamici sulle nostre piazze, la società civile occidentale è più rivolta a ignorare e a marginalizzare solennità e riti pubblici cristiani. Indifferenza a parte, la scusa banale è sempre quella del rispetto degli altri. Si parla anche di integrazione, ma l'intendimento è che siamo noi in casa nostra quelli che ci dobbiamo integrare. Come lezione di suicidio non è male. Le varie reti televisive sottolineano poco il culto cristiano e i tempi dello spirito, meglio quelle pubbliche che quelle commerciali private, prive di ogni idealità. Venendo alla realtà spicciola dei nostri paesi friulani, vediamo come molte sagre abbiano perso la loro vera titolarità patronale per finire ad essere sagre di mele e di pere. Il termine di sagra però è stato da tempo assimilato a semplice festa. Non succedeva così per la parola "Perdon", che manteneva la sua sacralità di riconciliazione con Dio nelle feste della Madonna e dei Santi. Tutti hanno presente il Perdon di Barbana. Quest'anno ho letto un manifesto di una festa intitolata " Il perdon des masanetes". Qui la secolarizzazione è addirittura banale. Non sono contro l'abbinamento tra festa liturgica e manifestazioni di contorno che scaturiscono dalla festa stessa: sportive, artistiche, culturali, gastronomiche. Sono per la distinzione dei tempi di attuazione di una cosa e dell'altra nel rispetto reciproco. Le amministrazioni comunali, le varie associazioni, i diversi comitati dovrebbero avere maggiore sensibilità. E se talvolta per circostanze obbliganti non si possono distanziare i tempi, si possono però distanziare i luoghi senza pestarsi i piedi e lasciare a Dio e ai santi quello che è loro. Come si fa a tenere alle tradizioni altrui, se non si onorano le nostre? La parola secolarizzazione indicava una volta il religioso che ritornava al secolo ossia alla vita normale del mondo. È passata al significato di distacco dalla Chiesa e dall'influsso della sua dottrina e del suo pensiero e infine a non considerarla nelle sue solennità liturgiche e nel suo calendario cristiano. Eppure vi sono interessati e vi partecipano milioni di fedeli, che sono altrettanti cittadini, che onorano il loro Stato e le sue leggi. Non ci sono tempi di concorrenza oggi, di fronte a certi pericoli, sussistono soltanto tempi di collaborazione |