S. Messa del 5 novembre 2006 in Monte (San Lorenzo) |
E'questa la vittoria che celebriamo? di Domenico Zannier |
E' questa prima domenica di novembre piuttosto fredda e l'aria gelida porta tutta la mestizia e il dolore che toccano il cuore, richiamando la morte e il pensiero della morte. Ma c'è morte e morte perché, anche se per tutti la cessazione della vita è un termine uguale, non tutte le morti sono uguali. Civiltà e progresso, Libertà e Fede, l'Amore stesso tra gli uomini, il lavoro hanno avuto le loro vittime, che hanno fatto balzare in avanti l'umanità. La morte di chi compie il male, di chi odia, di chi uccide e rapina non è la medesima morte del santo, dell'eroe, dell'artista, del poeta. Quanta gente ha fatto grande il proprio paese, la propria Patria e il mondo con il suo sacrificio esistenziale! Leggiamo nel Vangelo odierno che tutta la legge dell'uomo consiste nell'amore di Dio e del prossimo. Semplicissimo a dirsi e intendersi, ma complesso e difficile a realizzarsi. Le guerre, ancora attuali, ci gettano in faccia il loro riso "beffardo di fronte a questa evangelica proclamazione, che pure è l'unica possibile per una universale convivenza. La criminalità rialza superba la testa. L'illegalità verso le Istituzioni dello Stato è tollerata e blandamente ripresa. La povertà e la ristrettezza si affacciano nuovamente alle nostre case, sommandosi a quelle già affette dalla loro presenza. E' questa la vittoria che celebriamo? Che data è mai il 4 novembre? L' Italia e il Friuli hanno da cantare un successo, patriottico e sociale e pure guerriero e valoroso, in un momento simile? Sono le considerazioni e le riflessioni che affollano la nostra mente. Noi vogliamo vivere in una Patria migliore e ringraziare coloro che l'hanno costruita con il loro sangue. Ci tocca invece chiedere loro perdono. Abusiamo di libertà e democrazia di fronte ai valori etici e morali, mentre la libertà della persona, l'uso delle sue sostanze faticosamente procurateci diritto di parlare correttamente e di operare sicuri ci vengono sempre più ridotti e coartati. Si esaltano e si premiano i nemici della società civile e ordinata con gesti politici irresponsabili e si toglie il pane a chi serve e ha servito a proprio rischio lo Stato. Non minimizziamo neppure l'afflusso immigratorio di massa con le sue componenti, etniche, culturali e religiose, che reclamano sempre nuove invadenze e mettono a repentaglio le nostre tradizioni e le nostre conquiste civili. L'accoglienza non può essere autodistruzione. L'irrigazione può far bene, l'alluvione fa disastri. Sentiamo tutto il vuoto e l'inutilità di vittorie e sconfitte, buone anche quelle per una maturazione umana, di una immensa schiera di caduti sulle frontiere del mondo,del fluire del sangue sulle strade della barbarie per approdare alla civiltà e consolidarla. Giorno dunque questo in cui il silenzio e la meditazione devono prendere il posto loro dovuto. Il vociare, le grida scomposte il baccano farsesco dei mezzi di comunicazione di massa, stampato e televisivo e radiofonico tacciano almeno per un momento. Raccogliamoci davanti alle ceneri e alle spoglie mortali dei combattenti del Risorgimento, della Prima e della Seconda Guerra Mondiale, della Resistenza, senza polemiche, delle missioni di pace in tutti i continenti, di tutti conflitti dimenticati. Preghiamo per i nostri caduti e per i caduti degli altri, per gli amici e per i nemici, affinchè un giorno ci siano solo amici. Il presente ci chiama a occuparci di più e di meglio della vita civica e della politica nel significato migliore della parola, di conduzione umana e amministrativa, ai diversi livelli istituzionali. Solamente in questo modo la celebrazione del 4 Novembre, che associa tutte le Forze Armata d'Italia, alle quale diamo il tributo della nostra stima e della nostra solidarietà, avrà il suo proprio valore. La pace è prima di tutto onestà e prima di tutto amore. Possiamo sperare. |