Buja e la cultura

di Guido Brini

 

Cari amici,

vorrei parlare ai circoli culturali di Buja.

Ognuno a suo modo e secondo le sue idee ha cercato e cerca di portare avanti i suoi programmi culturali; alcuni anche pregevoli. Secondo me manca una linea di coordinamento che indichi traguardi anche comuni che abbiano più consistenza e che servano a promulgare con più perentorietà, le varie espressioni culturali ed artistiche di Buja. E' giusto e lodevole che vengano rappresentate opere del passato che tanto lustro ci hanno dato, ma non si può dimenticare il presente se non si vuole che quel poco che si fa ancora vada disperso o a farsi apprezzare al di fuori dei nostri confini.

Uno che fa arte o cultura lo fa principalmente per il piacere di esprimere le sue capacità intrinseche ma credo che poter mostrare le proprie opere agli altri sia un ulteriore stimolo per la sua creatività. Qui a Buja si fa poco in questo senso. Sono alcune associazioni di borgata che miscelano salsicce con cultura, con i pochi mezzi propri che hanno a disposizione, riescono a organizzare mostre di pittura, fotografia, grafica o a fare pubblicazioni interessanti, vedi Ursinins Piccolo con Buje Pore Nuje!

Nella maggior parte dei casi obliate se non snobbate dalla gente di cultura, fatte salve poche lodevoli eccezioni.

E' troppo poco per la famosa «Bujesita culturale» di tramandata memoria.

I mezzi lo sappiamo sono insufficienti, ma uno sforzo che dovremmo fare è quello di tramandare ai nostri ragazzi, già dalla scuola dell'obbligo, la cultura e la metodologia della medaglia. Sono rimasti pochi i medaglisti in attività. Con il loro aiuto e con il sostegno di pubblicazioni specifiche è necessario insegnare ai ragazzi i metodi, ad adoperare i materiali e a sviluppare le eventuali capacità artistiche onde tramandare una scuola che tutti ci invidiano.

So per certo che qualcuno di questi artisti è disposto a dare il suo contributo, attende solo che ci si muova con un minimo di organizzazione. Chissà che, stimolati, questi giovani non tornino ad amare quest'arte? Buja è terra fertile in questo senso. Il Museo della Medaglia, che il Comune sta allestendo non rimarrebbe una cattedrale nel deserto.

E infine la famosa Bujesità. Anche nella parlata e negli etimi, Buja si distingueva per la sua peculiarità. Io ricordo bene, perché provenivo da Tricesimo e lì continuavo a recarmi per lavoro. Dopo un anno o due avevo assimilato la parlata di Buja e lì mi prendevano in giro chiamandomi appunto Bujàt.

Buja si distingueva anche nelle metodologie lavorative.

 Ricordo le difficoltà e le diatribe avute da mio padre, che faceva il contadino, a contatto con la realtà bujese. Sebbene avesse anni di esperienza in questo campo, accumulata in diverse parti del Friuli. Qui ha trovato una singolare differenza metodologica di lavorare, sotto certi aspetti unica.

I Bujesi poi sono famosi in tutto il mondo, questo l'ho imparato a mie spese, per la capacità e la prodigalità sul lavoro.

L'Arte poi ha reso famosa Buja aldilà dei suoi confini e dei confini del Friuli. Medaglisti, fotografi, pittori, scrittori, pur nelle loro diverse espressioni artistiche, hanno creato quasi un marchio, tanto che ci hanno appioppato la famosa «Bujesità Culturale». Questo oggi, a causa di molteplici trasformazioni, sta disgregandosi. E' compito precipuo, a mio avviso, degli uomini di cultura fare proposizioni e dibattiti per ricreare una coscienza popolare non di culturazione, ma che serva ad aggregare tutte le forze vitali di Buja, anche le più umili, per ridare vigoria a questa, una volta spontanea, Bujesità.                                             

La Pro Buja, forse unica, tenta con tutti i mezzi di portare avanti un discorso unitario, soprattutto in Monte, unica isola rimasta incontaminata dai campanilismi, ma si è trovata in mano un tessuto strappato e da sola ha difficoltà a ricucirlo. La Chiesa locale può fare molto in questo ambito, se vuole. Prendiamo la Pieve di S. Lorenzo. Sarebbe ora di superare tutti i campanilismi e di adoperarsi non solo alla sua ricostruzione materiale; da qui potrebbe partire un impulso morale di unità e di aggregazione.

Ho sentito un parroco dire un giorno: «Sarebbe bello poter concelebrare lassù, assieme a tutti i parroci e tutti i parrocchiani di Buja le festività più significative dell'anno liturgico». Vi immaginate tutta Buja in Monte a celebrare il Santo Natale? E' un'utopia? Vorrei poter dire una speranza.

Con tanti mattoni si fa una casa. Se non si comincia a metterli in opera rimane sempre un mucchio di mattoni.

Io penso che anche le istituzioni ci possono dare una mano. La scuola è un veicolo importante, dove si possono trasmettere opinioni e creare coscienza che un domani daranno i frutti. Il Comune dovrà cercare di unire anziché di dividere.

Aiutare realtà più emarginate nei confronti delle più egemoni. Ma soprattutto noi dovremo abbandonare atteggiamenti e campanilismi sterili, ideologie preconcette, egoismi di casta, comportarci liberamente e amichevolmente, confrontandoci su programmi reali e mirati, senza ambizioni personali e di parte.