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«Buja Terra e Popolo»

 nelle nostre scuole

 di Mirella Comino

 

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Vent'anni sono un tempo rispettabile per verificare i risultati di un'iniziativa.

Era il 1982 e, apprestandosi il momento in cui si dovevano mettere i ferri in acqua per solennizzare un evento straordinario come il Millenario del primo documento che nominava il castello di Buja, era necessario che l'amministrazione civica individuasse l'indirizzo su cui muoversi per dare concretezza all'intento celebrativo.

Chiamata a fare proposte nel difficile momento in cui l'assessorato alla cultura di Buja muoveva i primissimi passi, in piena ricostruzione post sismica, sapevo che anche la scuola si trovava nella novità della sperimentazione, quella che la legge 820 del 71, attraverso l'istituzione di attività integrative aggiuntive al normale tempo scolastico, assegnava alle classi elementari per sviluppare momenti di conoscenza del territorio e della sua connotazione fisica, storica, culturale e sociale. Molti insegnanti si muovevano allora animati da molte idee e da una grande volontà di rinnovare le materie di studio liberandole da astrazioni incomprensibili, da nozionismi difficilmente assimilabili, da strategie di insegnamento-apprendimento ripetitive, da situazioni operative poco o nulla motivanti per gli alunni.

Erano, in altre parole, i tempi delle nuove didattiche in generale e di un nuovo modo di insegnare la storia in particolare. Nelle nostre zone traumatizzate dai terremoti che avevano sconvolto l'aspetto dei borghi, tutto ciò coincideva con la diffusa necessità di ricomporre almeno i pezzi dell'anima del paese, se non era possibile disporre di una bacchetta magica capace di ricucirne insieme i mattoni fisici.

Il Millenario del documento di Ottone II del 983 poteva dunque essere l'occasione da non perdere per mettersi al lavoro in questa direzione. La scuola e la comunità esprimevano, con proprie differenti richieste, un analogo desiderio di riscoperta e di valorizzazione delle "radici". Erano perciò necessarie iniziative che riportassero alla luce il patrimonio storico, artistico e letterario che Buja sapeva di possedere, ma che conosceva in modo impreciso e disorganico, e che non aveva ancora avuto l'occasione, o il modo, di essere trattato con un approccio scientifico e non autoreferenziale.

Il professor Gian Carlo Menis, chiamato dalla giunta comunale presieduta da Gino Molinaro a contribuire con la sua autorevole consulenza alla programmazione delle celebrazioni del 1983,  espresse parere positivo circa le proposte del consiglio comunale di realizzare un manifesto artistico dedicato all'evento, un libro di storia locale, una mostra fotografica di carattere storico con catalogo illustrativo, due mostre retrospettive, con relativi cataloghi, dedicate a personaggi simbolici dell'arte bujese, il pittore Enrico Ursella e il medaglista Pietro Giampaoli, ed una serie di conferenze su temi di storia e cultura locale, oltre al sostegno ad iniziative associazionistiche.

Questa la cronaca di vent'anni fa. "Buja Terra e Popolo", il libro della storia di Buja uscito in prima pubblicazione il 4 giugno1984,  ristampato con alcuni aggiornamenti nel 1996 e recentemente riedito per iniziativa dell'attuale assessorato alla cultura con l'aggiunta, fra le altre, di un importante contributo all'arte locale, impersona il meglio delle iniziative di allora e la loro piena attualità.

Tralasciando il successo dell'opera presso l'opinione pubblica (la richiesta di tre ristampe per una pubblicazione locale parla da sola), è interessante osservare come e quanto questo libro abbia dato un contributo fondamentale, nella scuola, a quella "tutela e valorizzazione delle lingue e culture minoritarie" che oggi entra per la porta principale sotto l'egida delle leggi regionale 15/96 e nazionale 482/99, ma che evidentemente nelle classi del nostro comune aveva già fatto passi da gigante, come hanno osservato in un recente convegno promosso dall'Istituto Comprensivo di Buja il dott. Bruno Forte, già dirigente scolastico regionale e l'ispettore scolastico Odorico Serena.

"Buja Terra e Popolo", distribuito a tutte le scuole fin dal 1984-85 e da alcune di esse "capitalizzato" in una dotazione minima di copie utilizzabili come materiale di consultazione individuale presso la biblioteca interna, basa la sua fortuna nell'insegnamento delle discipline antropologiche nelle nostre scuole dell'obbligo principalmente su alcuni elementi: la ricchezza di input metodologici, la modularità dei capitoli, il linguaggio usato, oltre, naturalmente, ai contenuti.

"Il libro" della storia di Buja

Negli anni in cui, come accennato, si stava rafforzando la domanda di conoscenze sulla storia locale, era necessario disporre di un'opera organica, completa sotto l'aspetto cronologico, nonché aggiornata sotto l'aspetto scientifico secondo i risultati delle più recenti ed autorevoli ricerche storiografiche. I testi di Pietro Menis (in particolare "Buja e il suo Duomo", del 1942, che conteneva un excursus rapido ma intero sulla storia di Buja) e più ancora le altre due opere panoramiche sulla storia bujese, quella di monsignor Pietro Venier e quella di Vincenzo Joppi, risalenti addirittura al secolo XIX, oltre ad essere praticamente introvabili, risultavano sempre più palesemente inadeguati ai nuovi aggiornamenti degli studiosi.

Se, quindi, fino agli anni '60 un insegnante che avesse già colto l'importanza di far viaggiare parallelamente la piccola e la grande storia si doveva accontentare di raccontare ai ragazzi di terza elementare che forse Buja venne fondata da una colonia di Galli Boj, nei decenni successivi il prof. Menis in persona ci informava di tutto il patrimonio di ricerche e scoperte che era venuto a galla in anni più recenti, e che, ad esempio, aveva permesso di rilevare con strumenti moderni l'origine geologica di Monte, o di datare i reperti del neolitico rinvenuti a Pidicuel, o di utilizzare i dati delle indagini archeologiche portate a conclusione dopo il terremoto presso la Pieve di San Lorenzo nonché di correggere ipotesi rivelatesi errate.

Anche il più solerte ed appassionato degli insegnanti non avrebbe potuto trasformarsi in storiografo per ricucire con mezzi propri il grande puzzle di informazioni raccolto dagli esperti. La pubblicazione di "Buja Terra e Popolo" risolse quindi immediatamente, in primo luogo per gli insegnanti, il problema di avere a disposizione un testo di storia locale in linea con studi recenti e consultabile da chi volesse trattare l'età della pietra tanto quanto la grande guerra. Molte scuole di altri comuni cominciarono ad invidiarcelo !

Il linguaggio delle parole e delle immagini

Un altro problema diffusamente percepito era quello dell'adeguatezza del linguaggio, essendo l'insegnamento destinato ad alunni di 8-14 anni. I testi scolastici, infatti, cercano di calibrare il loro stile comunicativo sull'età degli utenti in modo che essi possano studiarvi sopra, di norma, anche senza intermediazioni: ma questa non è certo una caratteristica che si possa normalmente chiedere ad un'opera destinata a fasce di lettori di ogni età e men che meno a pagine indirizzate ad appassionati ed addetti ai lavori. Il problema non è di per sé insormontabile: tra i compiti degli insegnanti c'è anche quello di mediare i messaggi adeguando alla classe l'indice di leggibilità, ma va pur detto che un testo su cui siano necessari troppi interventi di "traduzione" rischia o di innescare una serie interminabile e scomoda di chiarimenti in calce o di diventare estraneo all'originale, come un brano di letteratura passato male ad altra lingua. In ogni caso, con "Buja Terra e Popolo" il problema fu presto superato. Le invidiabili capacità comunicative dell'autore Gianfranco Ellero (saper porgere un messaggio, anche di contenuto elevato e complesso, trovando la chiave giusta per aprire ad una ad una le porte della comprensione altrui è qualità rara e preziosa, ed Ellero la possiede senza alcun dubbio) e la scelta con lui concordata inizialmente di adeguare lo stile comunicativo del libro ad un livello di istruzione non di troppo superiore a quella obbligatoria diedero immediatamente un risultato più che soddisfacente.

Pur percorrendo il cammino della storia senza alcuna rinuncia alla serietà metodologica ed alla completezza disciplinare, egli metteva infatti a disposizione pagine nelle quali l'intervento di alleggerimento dei messaggi da parte degli insegnanti poteva essere ridotto al minimo. "Buja Terra e Popolo" non è certo un libro per bambini, ma offre una lettura che per ampi stralci può essere affrontata anche da alunni di scuola elementare, se opportunamente guidati nelle scelte e nei passaggi. Lo dimostra il fatto che i lavori prodotti in classi dove sono stati portati avanti progetti di studio parallelo di storia locale e generale1, oppure molti dei lavori di documentazione didattica pubblicati dall'Istituto Comprensivo di Buja riportano passaggi interi tratti dal libro, che sono stati evidentemente utilizzati sia per le informazioni di storia bujese, sia per lo studio contestuale del passato riguardante la terra e il popolo friulani.

Vale la pena di aggiungere che anche l'apparato iconografico concorre alla leggibilità con il contributo di chiarezza portato da fotografie, grafici e cartine che sono state non solo recepite, ma anche rielaborate dagli alunni stessi come mezzo aggiuntivo di informazioni. Ad esempio, la carta di Buja di pagina 171 (prima edizione) è stata utilizzata per ricavare mappe dell'orografia e dell'idrografia, reti stradali, situazioni urbanistiche e per ogni possibile sintesi geografica del territorio, mentre quelle raffiguranti sinteticamente la geografia dell'evoluzione geologica o della storia sono state in più modi rielaborate per visualizzare lo sviluppo di fenomeni ed eventi (l'avanzamento delle linee di costa, la diversa storia dei fiumi e delle colline, l'ampliamento della Pieve di Monte, ecc).

Quanto alle fotografie, evidentemente scelte in base alla loro capacità di testimoniare con efficacia i connotati di un'epoca, hanno facilitato di gran lunga il collegamento tra la "piccola" e la "grande" storia: hanno infatti messo in luce risorse locali che della grande storia fanno parte a pieno titolo, come gli argini del castelliere di Vals, le lapidi con iscrizioni romane, o le immagini di momenti cruciali del XX secolo. Altre volte, sulle orme di un discorso avviato sempre nel 1983 dal libro fotografico "Buja cent'anni" 2, hanno suggerito nuovi percorsi, più nascosti ma non meno importanti, di esplorazione del grande patrimonio documentale che spesso rimane chiuso e incompreso nei cassetti delle case o che scorre via sotto gli occhi indifferenti e frettolosi non solo degli alunni, ma anche degli insegnanti e delle famiglie.

Penso, a tal proposito, a qualche cartolina della vecchia Buja, alle immagini dell'emigrazione e a quelle della bachicoltura, oppure alle ruote dei mulini: tutte illustrazioni che non si troveranno mai in un normale testo scolastico ministeriale e che tuttavia insegnano a leggere e capire la storia. E comunque, anche riprodotte nelle classi attraverso fotocopie di non perfetta chiarezza, le immagini di "Buja Terra e Popolo" sono state per molti alunni l'unico appoggio visivo in grado di dare una faccia concreta ai reperti o ai documenti che testimoniano il passato del paese. Solo un museo tutto bujese avrebbe potuto fare di più !

La modularità dei capitoli

Nella scuola dell'obbligo, e specialmente in quella elementare, la storia non si insegna più da tempo solo in chiave cronologica. Un riordino degli eventi e delle civiltà lungo la linea del tempo è indispensabile, ma può essere un momento successivo rispetto alla conquista di altri concetti fondamentali come quello di trasformazione, di causa ed effetto, di contemporaneità, di durata, di collocazione e interazione spaziale, temporale ed ambientale e rispetto alla priorità assoluta di imparare ad accostarsi, benché in modo semplice, al metodo storiografico.

Molti progetti didattici, perciò, si muovono ormai da anni su esperienze di studio in cui questi obiettivi vengono perseguiti in modo mirato, attraverso unità didattiche distinte che alla fine vengono ricomposte in un quadro storico conclusivo. In altre parole, può capitare che in una classe si studino le vicende del '900 per insegnare ai ragazzi ad utilizzare i diversi mezzi di riscontro testimoniale e poco dopo si vada a trattare l'età della pietra per capire la relazione tra uomo e ambiente o per sottolineare l'evidenza di una trasformazione tecnologica.

Le pagine di storia abitualmente disponibili nei testi scolastici non facilitano questo tipo di percorso didattico, perché sono legate alla linea cronologica in modo tanto stretto da non permettere lo studio di periodi separati. Se non sai tutto dei Romani non puoi capire i Barbari e se non sai già chi ha scoperto l'America non puoi parlare della rivoluzione americana: c'è del vero e c'è del falso in questo, ed è indiscutibile il fatto che una comprensione più profonda avviene dove il quadro contestuale è più ampio, ma la scuola è luogo di gradualità e talvolta riesce a guidare alla conoscenza dando priorità a passaggi che vanno un po' contro corrente rispetto agli schemi tradizionali.

Proprio per questo, e non a caso per lo più in discipline di nuova introduzione come la lingua straniera, alcuni testi si propongono strutturati in unità didattiche modulari, cioè autosufficienti rispetto al raggiungimento di determinati obiettivi o di particolari conoscenze. "Buja Terra e Popolo", vent'anni fa, aveva già questa caratteristica ed è superfluo notare che la scuola ne ha fatto uso senza riserve. Ogni capitolo, infatti, pur collocandosi sulla linea del tempo che va dalla formazione del territorio alle ultime elezioni amministrative, può essere letto per conto suo, senza dover rimandare continuamente a nozioni precedenti che renderebbero molto più difficile la comprensione dei punti fondamentali su cui si vuole concentrare l'attenzione degli alunni.

I docenti che hanno utilizzato il libro a scopi didattici, quindi, hanno potuto decidere quale momento della storia locale volevano approfondire, accostandolo o meno alle pagine della storia generale. Non ho in mente l'intera panoramica dei lavori prodotti in vent'anni dagli insegnanti di storia delle nostre scuole, anche perché buona parte di quei lavori rimane sepolto nei quaderni che vanno in soffitta appena varcata la soglia del grado di scuola successivo, ma ricordo piccole, interessanti monografie, spesso destinate a partecipare a manifestazioni e concorsi locali 3, sul lavoro dei fornaciai, sui battiferro, sulle vicende della prima e della seconda guerra mondiale e, proprio di recente, sui fiumi di Buja e la storia del loro rapporto con l'economia del luogo: tutti lavori di ragazzi, con i limiti del mondo infantile, che trovano supporto informativo e verifica delle loro ipotesi nelle pagine di Ellero.

Ma qui siamo già con un piede nell'altro aspetto del libro che ha lasciato il segno tra i banchi delle nostre scuole: quello dell'acquisizione di un metodo storiografico che può essere avvicinato anche precocemente, lavorando dentro il proprio territorio.

I suggerimenti metodologici

Commentando la pubblicazione di due raccolte di unità didattiche prodotte da oltre venti classi di scuola elementare e media negli anni 2001 e 2002 su temi di cultura e lingua locale, il dott. Bruno Forte, che ho già citato come autorevole conoscitore del mondo scolastico e delle sue esigenze di innovazione didattico-metodologica, ha affermato che "le esperienze contenute nei due libri valgono più di cento corsi di aggiornamento".

Ne ho preso atto con soddisfazione, considerandolo un riconoscimento per tanti colleghi che hanno saputo togliersi di dosso gli abiti comodi delle lezioni da far studiare sul sussidiario ed hanno affrontato, anche con largo anticipo d'anni, quei percorsi che solo oggi sono legittimati da indicazioni normative di valorizzazione e tutela attiva delle risorse di casa nostra. Ho anche, però, immediatamente collegato questo apprezzamento con le matrici più significative che hanno avviato, accompagnato e sostenuto il raggiungimento dei nuovi traguardi didattici osservando che, almeno per l'ambito disciplinare degli studi antropologici, essi hanno in "Buja Terra e Popolo"un punto di riferimento fondamentale.

Tralasciando tutte le premesse, affrontate anche su queste pagine in altre occasioni, sul perché e sul come lo studio della cultura locale abbia finalmente trovato casa a fianco, a supporto ed interazione dello studio della grande cultura, e tralasciando anche i discorsi di metodologia generale circa l'opportunità di usare percorsi di conoscenza induttivi o deduttivi, sintetici, analitici o sincretici, contrastivi o paralleli (questioni per altro rintracciabili con chiare risposte nelle pagine di Ellero, ed eventualmente meritevoli di altri approfondimenti di carattere generale) per gli insegnanti è stato facile cogliere in "Buja Terra e Popolo" un fondamentale sostegno alle nuove intuizioni che si stavano trasformando in scelte di programmazione, ma che avevano bisogno di uno strumento autorevole di orientamento al quale affidarsi per tradurre in piani didattici lo studio della storia nella realtà di Buja.

Il territorio e la gente di casa nostra possono essere per gli scolari il primo libro di storia, ma le pagine di questo libro non si possono aprire a caso, senza sapere quali risorse nascondono e cosa si può chiedere loro: questa consapevolezza emergente nelle programmazioni didattiche trovò subito aiuto in "Buja Terra e Popolo". I suoi effetti si sono sparsi presto in tutte le direzioni: uscite guidate, interviste e indagini, ricerche documentali e bibliografiche si sono intensificate a fianco degli studi "tradizionali", non per sostituirli, ma per capirli meglio. Si tratta di attività che già si profilavano all'orizzonte delle scuole a tempo pieno di Buja, e che in molte altre realtà scolastiche sicuramente viaggiano ad ottimi livelli, ma senza il conforto di uno strumento agile di informazione, confronto e aggiornamento che si mette a disposizione dei docenti semplificandone il lavoro di pianificazione.

Accanto a questa risorsa centrale, il testo di Ellero si è rivelato utile anche per i suggerimenti preziosi con cui ha sostenuto un migliore approccio allo studio della storia. Ne scorro alcuni: i riferimenti culturali sulla storiografia con i quali si aprono spesso i vari capitoli, la citazione puntuale delle fonti, il continuo collegamento tra presente e passato, la ricchezza della bibliografia, indicata capitolo per capitolo, sono tutti elementi su cui viene automatico soffermarsi per coglierne eventuali benefici spendibili nella pratica quotidiana.

Si può obiettare che tutti i libri di storia ben fatti dovrebbero avere queste caratteristiche, ma nelle nostre scuole non entrano "tutti" i libri di storia ben fatti: per ovvie ragioni di fruibilità è entrato "questo" libro insieme a pochi altri e ad esso possiamo attribuire con buona certezza una crescita di attenzione verso abitudini storiograficamente corrette, come quella di riportare sempre, nelle ricerche individuali e collettive, "da chi l'hai saputo" e "dove puoi saperne di più", oppure di interrogarsi sugli effetti del passato sul presente, che non sono solo un meccanismo di causalità, ma anche un'occasione di risveglio della consapevolezza (o della riconoscenza) nei confronti dell'impegno di chi ci ha preceduto.

 Abitudini, insomma, che significano insegnare a lavorare con attendibilità, oggettività e coscienza, ed anche in prospettiva di altri momenti o di altre persone capaci di produrre nuovi approfondimenti e sviluppi. I libri "Giocare col passato" del 1994, "A Scuele par furlan"del 2001, "Mont, il lûc plui biel dal Mont"del 2002 e il "Sussidiari di Cjase nestre"dello stesso anno, oltre a decine di altri elaborati monografici prodotti in tiratura limitata e con mezzi artigianali, sono tutte pubblicazioni realizzate dall'Istituto Comprensivo di Buja con materiale prodotto nelle classi delle nostre scuole, prima solo elementari e successivamente anche medie.

Tutti documentano lo sforzo di accostarsi ad un nuovo modo di insegnare e apprendere la storia e la cultura del luogo e rivelano senza incertezze che "Buja Terra e Popolo" nelle sue due prime edizioni ha funzionato spesso da modello dando tracce sicure di lavoro, di conoscenza e riflessione.

Fonte dì nuove esperienze Eleonora, affascinata come tanti dal capitolo sui processi dell'Inquisizione conosciuto ai tempi della scuola elementare, sta trovando oggi, nella bibliografia dello stesso capitolo, gli elementi di sviluppo della sua tesi di laurea. Altri alunni ormai grandi o ancora piccoli hanno imparato ad appassionarsi alla storia e ad avvicinarsi, coi mezzi disponibili per la loro età alla storiografia.

Talvolta l'hanno fatto cercando direttamente il contatto con l'Autore, come raccontano in un giornalino scolastico del 1993 quattro alunne di 5a elementare che, pur di conoscere colui che aveva scritto le pagine di storia sulle quali avevano lavorato tante volte, si unirono ad un gruppo di adulti per partecipare ad una conferenza sulla lingua friulana tenuta dal prof. Ellero. Scrivono Giulia, Alessia, Angela e Samantha nell'articoletto intitolato "Un incontro.. .storico! ! ! ": "...

Eravamo ansiose di vedere com'era fatto il professor Ellero: era alto o basso? bello o brutto? simpatico o antipatico? Quando cominciò a parlare, ci accorgemmo di una cosa soltanto: avevamo davanti una persona che sapeva molto e si esprimeva così semplicemente che riuscivamo a capirlo benissimo anche noi" E, dopo aver riassunto il suo intervento, concludono: "La maestra ci ha presentato il professore.

Gli abbiamo chiesto come gli sia venuta l'idea di scrivere libri di storia e ci ha risposto che a lui è sempre piaciuto scrivere, ma fatti accaduti, non racconti fantastici. Ci ha spiegato che la sua famiglia era povera e allora, quando i maestri gli davano un tema da svolgere, lui, con lo stesso titolo, ne svolgeva quattro: uno per sé e gli altri tre per amici che gli davano in cambio qualche soldino. Ha aggiunto che per lui scrivere è come andare a passeggiare." I loro interrogativi su chi scrive la storia avevano trovato risposta positiva in una persona e, per quanto è possibile sapere, non lo avrebbero dimenticato facilmente nel momento di scegliere tra un libro di storia e una qualsiasi lettura.

Gli alunni di una 3a e di una 4a elementare, coinvolti in un progetto di conoscenza del territorio guidato da una cooperativa esterna alla scuola, si sono visti fornire, oltre ad altro interessante materiale riguardante i corsi d'acqua locali, anche le fotocopie dei capitoli di "Buja Terra e Popolo" riguardanti lo stesso argomento. Un passaggio "trasversale" di informazioni che si diparte da questo volume arriva, cioè, alle scuole anche per vie esterne ad esse.

Mi pare che l'occhiata ai vent'anni di vita di questo libro possa per ora finire qui. La nuova disponibilità di informazioni offerte dalla recente riedizione sui beni artistici di casa nostra muoverà certamente altre iniziative didattiche, probabilmente allargate al campo dell'educazione artistica, e accenderà le luci con rinnovato entusiasmo su quel felice titolo del penultimo capitolo della prima edizione: "La Bujesità Culturale", di cui l'arte bujese è tanta parte.

Oramai le scuole avranno a disposizione i nuovi, già citati strumenti normativi e soprattutto una mentalità più matura di esperienze e risultati nella valorizzazione della "terra e popolo" locali, un campo dove altri stanno movendo passi ancora incerti. Non sarà più necessario aspettare vent'anni per una verifica.

 NOTE

1  Oltre ad esperienze occasionali, che ormai non si contano più, ci sono classi in cui da tre quinquenni si ripetono progetti di studio delle discipline antropologiche in cui la storia locale e quella generale vengono affrontate sistematicamente in parallelo.

2 Buja cent'anni di Giuseppe Bergamini ed. Comune di Buja, 1983 fu una delle iniziative editoriali del Millenario che coinvolse tutte le scuole in un lavoro di ricerca e catalogazione di vecchie fotografie, poi selezionate ed esposte in mostra e catalogo. Quest'ultimo, a distanza di pochissimi anni, dovette essere ristampato in 300 nuove copie.

3  Tra le tante iniziative che fioriscono in ambito comunale e richiedono la partecipazione delle scuole, il Premio "Fevelìn di Buje" organizzato dalla Società Operaia di Mutuo Soccorso e Istruzione, ha raggiunto ormai la 8" edizione e coinvolge gli alunni in ricerche su temi di cultura locale in cui predomina spesso l'attenzione per la storia.