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Immigrazione e Islam

di Domenico Zannier

.......... L'umanitât ch' e crôt 'e jè tô Fede,
ma 'o vin di amâsi, di sorêli e roses, 
par che Fede a' no sei monede false
e pecjât di violenze e sclavitût,
l'ombrene ch' e à scurît so jessi lum ......

 da "Anilusi" di Domenico Zannier

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Nella generale insicurezza che pervade il mondo occidentale, ma anche il Vicino Oriente e l’Asia estrema, assistiamo a un autentico flusso di popolazioni verso l’Europa e naturalmente verso il nostro Paese.

Attraverso confini colabrodo e coste senza troppi controlli giungono e sbarcano migliaia di immigranti, per la massima parte clandestini, senza contratto di lavoro e soprattutto con un’altra mentalità e un’altra cultura, persino un’altra religione. Vengono chiamati extracomunitari perché gli Stati da cui provengono non fanno parte della comunità europea. Alcuni potranno in seguito divenirlo o con l’allargamento a Est, altri hanno situazioni geografiche e continentali che escludono simile possibilità.

Questa immigrazione è stata finora presa alla leggera, specialmente da un ceto politico per il quale i problemi culturali, spirituali e religiosi sono pure e trascurabili astrazioni di fronte alle concretezze economiche e materiali. Tutte le volte che accadono conflitti tra genti di Fede diversa si danno spiegazioni semplicisticamente economiche, ignorando volutamente le matrici di altro genere. Una tale concezione conduce ad una accoglienza acritica delle persone, che vengono considerate e interpretate secondo i nostri schemi e modelli di vita.

Coloro che per darsi una patente cosmopolita di fasullo universalismo esaltano la multietnicità non sanno neppure cosa significhi nella realtà di una convivenza sociale. Ma questo non sarebbe rimarchevole, se esistesse una reciprocità di relazioni costruttive e di non invadenza e prepotenza dell’ospitato rispetto all’ospitante. è quello che avviene in Italia (e logicamente in Friuli), complice la disonestà intellettuale o il basso livello di chi è preposto a dirigere, a insegnare e a educare.

Quando per la prevaricazione assurda di un islamico si toglie il Crocifisso da una scuola favorendo, con la solita vile e infame scusa del rispetto altrui, uno scolaro, punendo i rimanenti diciannove che nel Crocifisso ci credono, questa è pura discriminazione e ingiustizia. Ingiustizia perpetrata anche in Friuli, nelle scuole della Bassa, da insegnanti che hanno impedito la visita e benedizione del Parroco del paese perché non bisognava offendere i pochissimi di altra fede. Queste maestre non vengano a parlarci di giustizia e di diritti umani.

Ritorniamo all’emigrazione. Un afflusso da popolazioni cristiane non metterà mai in crisi la civiltà in cui siamo nati e vissuti. Un afflusso islamico mette a rischio tutta la civiltà cristiana e occidentale. I risvolti sono impressionanti. La condizione della donna (non crediamo alle sirene islamiche affittate dalle televisioni nazionali e private) è molto inferiore alla concezione cristiana e occidentale. Il burka e il chador non insegnano nulla alle nostre donne? E la poligamia? E la non equiparazione giuridica? Solo dove gli Stati a maggioranza mussulmana hanno adottato sistemi costituzionali vicini a quelli europei la donna respira un poco.

L’Arabia Saudita, dove per una Bibbia e una croce sul vestito rischi di finire in prigione e dove non puoi costruire una chiesa la dice lunga. Gli islamici da noi pretendono però la moschea. Non si nega un luogo di culto e di preghiera, tenendo presente però che a noi gli stessi diritti di un luogo di culto vengono sistematicamente negati. Quando gli islamici saranno in Italia una fortissima comunità tutta la nostra società e la nostra vita verrà cambiata e limitata, riportata indietro di millequattrocento anni. è un falso ecumenismo quello di un certo clero che fa ponti d’oro alla penetrazione islamica e osserviamo partecipazioni a cerimonie e liturgie mussulmane. La gente cristiana si chiede: «Ma dove è la verità?» e finisce per non credere più a niente.

Se gli immigrati islamici invadono l’Europa o per vera necessità o per un programma a lungo temine di islamizzazione del nostro Paese e dell’Europa dobbiamo stare all’erta e prendere le nostre misure. I politici e gli amministratori lo devono capire. Diamo pure il pane a chi ha fame, ma non facciamocelo togliere di bocca. E pane non è soltanto il pane materiale, ma tutto il nostro patrimonio di bimillenaria e oltre civiltà.

Si stanno facendo polemiche sulla proclamazione a santo di Padre Marco d’Aviano, che fu fondamentale, nella salvezza dell’Europa dai Turchi, perché bisogna riconoscere ai giannizzeri e ai pascià il diritto di conquista e di buona fede, direi anche quello di massacrarci, viste le prove che il Sudan, il Pakistan, la Nigeria, l’Indonesia (e fermiamoci qui) danno sul rispetto della vita e delle opinioni di chi non è mussulmano. E qui cascano anche gli USA, feroci contro Saddam, ma che hanno lasciato che l’Islam in Sudan facesse due milioni di morti tra animisti e cristiani, con vergognosa indifferenza.

La religione islamica non contempla una distinzione e divisione dei poteri civile e religioso. Tutto è sottomesso al Corano, che ha la sua legge, la Sharià. Questa legge coranica è adottata da varie formazioni statali con maggioranza di mussulmani e viene imposta anche con la violenza ai credenti di altre fedi. Tutto discutibile è il concetto di Jihad, guerra santa, che ha valore materiale e spirituale e che viene attualmente applicato dagli integralisti o fondamentalisti con i risultati che si vedono.

Si sente ripetere che pure noi siamo stati emigranti e che non dobbiamo dimenticarcelo. A parte il secondo dopoguerra, che ha visto qualche clandestino italiano varcare il confine francese, causa divieti postbellici, poi revocati, tutta la nostra emigrazione appare regolare e legale.

Va sottolineato che i Friulani non hanno preteso diritti non legati al loro lavoro e si sono premurati di rispettare e osservare le leggi e le usanze dei popoli e degli Stati in cui venivano accolti. Non hanno occupato abusivamente stabili di proprietà privata e financo abitazioni in costruzione. Vediamo ancora oggi quali trafile burocratiche e quali limitazioni i nostri lavoratori devono affrontare proprio nei Paesi che ci mandano i nuovi immigrati.

Il Vangelo ci dice di amare tutti gli uomini e di perdonare sempre e tutti (ci sono religioni che concepiscono il perdono in maniera molto più restrittiva), ma non ci dice di rinunciare al suo messaggio, alla nostra identità umana e civile, alla nostra cristianità e benintesa laicità. E non bastano le leggi, più o meno ben fatte, occorre la nostra cosciente vigilanza e anche i reggitori della Chiesa si diano una passata, pensando a quanto sangue cristiano scorre oggi nel mondo per islamica mano.