Le montagne di Franco Solina di Cantillo Facchini (Giornale di Brescia) | |
La sensibilità è come il coraggio: o si possiede, o non si possiede. Franco Solina ha fatto della sensibilità un poco la storia della sua vita: sensibilità nelle mani usata in giovinezza per salire - e scendere - le più belle montagne d'Europa; sensibilità nella testa, usata nella seconda età per lasciare delle montagne salite - e scese - immagini struggenti, immagini felici, immagini ridenti, immagini folgoranti. Cosa farà nella terza età - Franco Solina viaggia verso le sessantotto primavere - non lo sappiamo, anche se possiamo immaginarlo: continuerà a salire - e scendere - montagne ed a scattare fotografie. In parallelo all'attività alpinistica, l'attività di pubblicista a svelare sulle colonne del Giornale di Brescia i segreti dell'escursionismo, intesi non come tecnica, ma come capacità di scoprire viottoli e sentieri di una provincia come quella bresciana da conoscere camminando. In sei righe abbiamo cercato di riassumere sessant'anni di vita; i primi otto non li contiamo, anche se una leggenda metropolitana sussurra che Franco abbia iniziato ad arrampicare sul campanile della chiesa del quartiere di Mompiano (dove è nato), sfruttando gli spigoli vivi dei cornicioni e le asperità dei muri. E gli altri sessant'anni? Per Franco Solina vale lo slogan di una nota pubblicità «non tutto ma di tutto»: è direttore della Scuola di roccia dell'Ugolini, è accademico del Cai, blasone che gli viene assegnato a metà di un invidiabile palmares alpinistico. Se, come i subacquei con il libretto di immersione, Franco Solina avesse il libretto delle ascensioni, sul volumetto troveremmo sei «prime» di assoluto valore alpinistico; nel 1958 sulla parete nord della punta Chiggiato (gruppo del Focobon nelle Pale di San Martino) con tre bivacchi in parete; nel 1959 al Piz Serauta versante sud della Marmolada con sei giorni di arrampicata e cinque bivacchi traccia la via della «Madonna Assunta»; nel 1960 allo Spiz d'Agner Nord, ancora Pale di San Martino, sulla via «Andrea Oggioni»; nel 1962 porta a termine con Armando Aste la prima salita italiana sulla parete Nord dell'Eiger con sei giorni di arrampicata e cinque bivacchi; nel 1964 c'è la «Via dell'Ideale» sulla Marmolada, sei giorni cinque bivacchi. E poi, ancora sulla parete sud della Marmolada nel 1965, sale lungo la «Via della canna d'organo» (sei giorni cinque bivacchi); una prima assoluta sempre in cordata con Armando Aste, roveretano, che di Solina più che amico, è stato (ed è) quasi fratello. Un palmares in cui l'Eiger è la punta d'iceberg di una carriera in cui la montagna non è mai stata vista come un «nemico» da vincere, ma come un terreno di gioco, un campo di confronto in cui l'alpinista - metà artista e metà atleta - fa esaltare la sensibilità nella scelta della via da salire e i muscoli, il coraggio e il buon senso, l'amore per la montagna e la capacità di confrontarsi con l'ambiente, la fatica, il sacrificio, ma anche la gioia. Numersose sono le spedizioni internazionali a cui Franco Solina partecipa; nel 1966 nelle Ande Patagoniche nel gruppo del Paine; nel 1968 in Groenlandia, nel 1972 sulle Ande Patagoniche dove il cattivo tempo lo costringe a rinunciare al Fitz Roy; nel 1976 ancora in Sud America per recuperare le salme di due alpinisti, italo argentini, periti durante un tentativo di ascensione al Fitz Roy, uno dei quali, Filippo Frasson aveva fatto parte della prima spedizione di Solina al Paine. Seguono poi altre spedizioni in Marocco sull'Alto Atlante, in Himalaia al Makalù e in Perù sulla Cordillera Bianca. Franco Solina nel sisma che colpì il Friuli nel 1976 fu a fianco di Franco Maestrini, entrambi inviati dal «Giornale di Brescia» per i soccorsi a Buja che portò alla realizzazione del «Villaggio Brescia». Queste le montagne. Poi i libri sulla montagna: il primo, un intramontabile manualetto in bianco e nero di itinerari sci-alpinistici dell'Adamello realizzato con Innocente Spinoni e Franco Maestrini, poi il volume «Settanta itinerari nelle valli bresciane», quindi tre edizioni di «Itinerari nelle valli bresciane» e un album fotografico «Le montagne di Franco Solina» editi dal Giornale di Brescia. Ricordiamo inoltre un diario «Settanta giorni di speranza» - racconto sulla spedizione in Patagonia -, il libro fotografico «Adamello gran teatro» e infine «Guglielmo ... il monte sul tetto» straordinaria raccolta di immagini della montagna alle porte della città. Nei cassetti dell'archivio di casa quindicimila immagini di monti, uomini, cose, case, animali, genti, cieli, fiumi e laghi. Niente mari, anche se per Franco Solina le montagne sono come le grandi onde dell'oceano per i surfisti che le vogliono «surfare», anche se sono alte e pericolose: se non le sali, e non le fotografi, sei come uno qualsiasi che aspetta il treno alla stazione.
Mostre fotografiche: 1989 - Mostra fotografica «Giornale di Brescia» - collettiva. 1997 - Brescia, Galleria U.C.A.I. - collettiva. 1998 - Galleria S. Filippo e Giacomo - collettiva. |