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N°1 anno 2000

Grafici   Bujesi

di Mario Ragagnin

 

 

Nel 1998 Chei di Ursinins Pizzul hanno organizzato e ci hanno proposto una mostra delle opere più significative dei grafici bujesi.

Abbiamo potuto così apprezzare l’attività creativa di questi nostri concittadini, che meritano di essere meglio conosciuti e sostenuti dall’opinione pubblica.

Il coordinatore dell’esposizione è stato Renato Calligaro. E’ un personaggio celebre. La sua multiforme attività spazia dalla pittura all’illustrazione e alla grafica. Ha pubblicato libri di fumetti artistici ed è collaboratore di prestigiose riviste nazionali ed estere. La sua vena satirica colpisce gli aspetti essenziali della politica e della società. Ha tenuto esposizioni personali in molte città ed ha organizzato dibattiti anche in Friuli sul futuro dell’arte.

Nella rivista “Buje Pore Nuje!” del ‘98 ha pubblicato un articolo fondamentale sui grafici e la loro collocazione nella società attuale. Egli ci parla delle Avanguardie storiche, che sostenevano la rivoluzione estetica e la vita come opera d’arte.

Calligaro ammette che l’utopia non si è avverata, ma riconosce nei grafici gli eredi dell’ambizioso progetto. Definisce la loro opera come una funzione sociale, che tenta diestetizzare la società attraverso la estetizzazione degli oggetti.

I grafici cercano di comporre la creazione artistica con la produzione industriale. Operano a stretto contratto con aziende e ditte commerciali. Rappresentano il punto di incontro fra la cultura ed economia. Il loro compito è di trasformare i sogni e le fantasie in realtà concreta.

Nella loro progettazione devono rispettare le esigenze di mercato e la funzionalità degli oggetti; ma contemporaneamente devono salvare la propria identità e spontanea originalità.

L’arte, pur applicata al quotidiano, deve rimanere arte. Solo così l’oggetto trasmetterà un suo significato particolare al di là della funzione pratica che pure deve svolgere. La promozione pubblicitaria di un prodotto non deve rappresentare una rinuncia alla ricerca impegnata.

La grafica rende bello ed accogliente il mondo che ci circonda. E’ un’espressione culturale che tenta di collegare l’arte con la vita nel suo insieme. Essa ci avvolge nelle varie forme della pubblicità, dai manifesti ai giornali e alla televisione. Ritroviamo il disegno artistico nelle architetture, nei mobili, negli arredi e in tutti gli oggetti che ci servono ogni giorno.

Nell’ esposizione abbiamo ammirato le opere dei giovani disegnatori bujesi.

Elisabetta Ursella, che ha lo studio a San Floreano, ha approfondito le ricerche sulle mitologie e le leggende friulane. Ha pubblicato guide e lavori per Comuni e Associazioni. Recentemente ha presentato l’album “Pastrade tra storie e mitologje” sulla toponomastica bujese. In esso rivela le etimologie dei nomi, scopre gli scorci suggestivi del nostro paese, descrive personaggi e luoghi. Ci racconta le nostre antiche storie, che valorizza con disegni significativi.

Daniele Cragnolini ha lo studio a Reana. E’ un vecchio lupo dei mass media, della TV e della pittura. Ha disegnato manifesti, anche di feste e celebrazioni bujesi; ha illustrato libri di valore, ideato fotomontaggi e loghi, con motti, didascalie e marchi. Attualmente opera nel settore della comunicazione ambientale.

Stefania Gallina ha lo studio a San Floreano. Con fantasia e inventiva produce elaborati di vario genere: annunci, partecipazioni, inviti e altro. Promuove la pubblicità di ditte ed aziende con cataloghi, dépliants e collaborazioni a riviste.

Invece gli altri tre espositori (Barbara Baldassi, Omaira Ursella e Luca Urbani) si sono ritirati dall’attività professionale e si dedicano ad altre iniziative. Si spera che circostanze opportune e favorevoli in avvenire permettano loro di dedicarsi nuovamente all’arte.

Le Avanguardie storiche dell’inizio del secolo progettavano la sintesi delle arti come liberazione delle masse. Proponevano un rinnovamento universale, in cui si potenziassero e si valorizzassero in sinergia le varie attività artistiche. Esse dovevano irradiarsi, come indicazione operativa, all’intero mondo circostante, ricomponendo ed armonizzando in unità le sparse diramazioni.

Però gli artisti delle Avanguardie hanno sbagliato metodo. Credevano si potesse, con le opere d’arte, creare la realtà direttamente, senza passare attraverso le altre attività, senza coinvolgere la politica, la religione e le scienze. Credevano di poter realizzare il loro sogno con i soli modellini che l’arte è della nuova concezione del mondo.

L’arte infatti è un progetto in miniatura di un riordino dell’universo. Oggi è ridotta alla funzione di abbellimento marginale: è un soprammobile, su un mobile che è l’economia, la pratica. Finisce, magari involontariamente, per valorizzarla e legittimarla come sta, ossia nella sua forma sbagliata.

Deve invece modificarla, rivoluzionandone il concetto e il contenuto. I progettini, uno sopra l’altro, non costruiscono il mondo a cui alludono.

Occorre unire i vari campi umani con un’arte dell’organizzazione esteriore fra le diverse attività. Allora l’utopia diverrà concreta realtà. Ecco la via che realizzerà i sogni delle Avanguardie.