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Adelio Tondolo

il funambolo bujese

(Da "LA GRANDE CAVALCATA" di G. Pretini)

 

FOTO

 

Fece il suo ingresso trionfale sul cavo d'acciaio steso tra i tetti delle case, in piazza San Giacomo a Udine, alle ore 21 e I0 di domenica 5 maggio del 1946. La piazza era tutta al buio, solo un faro lo illuminava. Un autentico boato della folla salutò il suo apparire.

Era da poco finita la Seconda Guerra Mondiale e le ferite erano ancora tutte aperte. La via di Mezzo, via Larga, via del Pozzo, via Ronchi e tutto il borgo Sud-onentale era un ammasso di rovine. Da poco sulle nostre mense era ritornato il pane bianco, ma era solo tollerato dalle autorità. C'erano ancora le tessere, c'erano gli Americani e circolavano le Am-Lire e le "Segnorine". Per le strade c'era poca luce e le insegne al neon non erano ancora diffuse. La plastica non era ancora stata inventata. Le auto in circolazione erano pochissime e la benzina veniva acquistata con i "buoni carburanti". Il cinema "Savoia" era diventato "Garibaldi", ma resisteva ancora il cinema "Impero". Udine era collegata con Venezia con una sola coppia di treni giornaliera. In questa atmosfera, le esibizioni di Adelio Tondolo rappresentarono per la gente lo sfogo dopo una lunga sene di frustrazioni. Forse a quel tempo nessuno ci pensò, ma fu la prima grossa occasione per stare insieme, per tentare di divertirsi.

Dal 1938 mancavano dal Friuli i grandi circhi, le opere liriche su piazzale del castello non si facevano più da molti anni; un tentativo di ripresa sarebbe stato fatto l'anno successivo, ma senza successo. La grande Arena Italia, con una capienza di quattromila posti, per spettacoli cinematografici, d'opera lirica e di rivista, sarebbe stata inaugurata soltanto in luglio. Per tutto ciò vi era folla in Piazza San Giacomo; forse nessuno ricorda di averne più vista tanta. Le prime sere saranno state almeno diecimila persone. Tutte le vie che confluivano in Piazza San Giacomo erano state sbarrate ed era necessario versare un'offerta per poter entrare. Il cavo era stato teso attraverso il lato più corto della piazza, tra i tetti dei fabbricati degli attuali negozi di L. Merluzzi e La Bussola. Il programma era entusiasmante, con i fuochi artificiali nel finale.

Adelio Tondolo era nato a Buia, in Provincia di Udine, nel 1912 ed il suo programma, ritornando alle descrizioni dei quotidiani dell'epoca, risentiva l'influsso di quelli di Aprigliano, che sicuramente egli aveva avuto modo di vedere nel 1928 e che probabilmente aveva contribuito a fargli decidere di fare il funambolo. Non aveva alcuna tradizione artistica alle spalle. I genitori erano scomparsi molto presto, quando i numerosi figli erano ancora piccoli, tanto che forse potevano stare ancora tutti insieme dentro un "gei" (cesto). Vita grama e di stenti nelle campagne.

Camminando in equilibrio sulle ringhiere delle scale e sopra le cancellate, Adelio rincorreva i suoi sogni. Si liberava del fastidio della vita e piano piano si convinceva di poter esercitare l'arte del funambolo in maniera remunerativa. Vi riuscì rischiando sempre la vita e si ritirò solo quando la sua salute non era più perfetta, a metà degli Anni Cinquanta, con un discreto patrimonio.

Di quell'epoca resta una fotografia, quasi struggente come ricordo; in essa si vede Adelio, nel cortile di casa sua, su una fune tesa rudimentalmente ad un metro da terra; che si allena a percorrerla spingendo la pesante carriola di famiglia e con sulle spalle una gerla carica di fieno. Cosa vuol dire la passione!

Nel 1932 egli percorre parte dell'Italia su una bicicletta alta tre metri, pedalando con lunghi trampoli. Poi iniziò la carriera d'artista funambolo. Ciò tuttavia gli riuscì per breve tempo, perchè quando cominciava ad affermarsi scoppiò la guerra. Prima ancora c'era stata la campagna d'Etiopia e egli era stato anche in Africa Nell'intervallo si era esibito in Germania e in Austria. Poi fu prigioniero in Russia e fu rimpatriato nel 1945. Dopo gli spettacoli di Udine, percorse tutta la regione e si esibì in ogni località, piccola o grande che fosse. Da Trieste a Ugnano, la piccola Ugnano di quel tempo; da Spilimbergo a Venezia, in Campo San Paolo, e poi in moltissime altre città d'Italia. E ovunque grandi folle ad applaudirlo. I giornali lo definivano "il pazzo volante", "il più grande equilibrista d'Europa", "l'uomo del brivido".

Sposò una donna di nome Elsa nel 1940, che poi con l'unica figlia andò a vivere ad Artegna. Per un breve periodo, durante il 1950, Tondolo si era recato anche in Venezuela, dove era stato accolto trionfalmente. I quotidiani di lingua spagnola lo avevano definito il "suicida a quaranta metri d'altezza" e "il migliore equilibrista del mondo". Ironia del caso: morì in un incidente stradale nel 1970, a bordo di una motocicletta, sulla Piazza di Magnano in Riviera.