INDIETRO

1996

La storia di Buia in pellicola

di Cristina Menis

 

 

Il cinema, la settima arte, compie cento anni. L'invenzione dei fratelli Lumière ha rivoluzionò, a livello socio­culturale, non solo la vita delle grandi città, ma anche della realtà provinciale, dei piccoli centri. Tra quest'ultimi, anche Buia si lasciò corteggiare dal mondo della celluloide e con particolare entusiasmo, tanto che furono allestite delle sale di proiezione in ben quattro frazioni S. Stefano. Madonna.

Avilla ed Urbignacco. Per celebrare questo centenario così coinvolgente abbiamo pensato di rivolgerci a un testimone che ha lavorato per più di vent'anni come operatore cinematografico: ci stiamo riferendo a Ivaldi Madusso, che ci ha gentilmente accolti nella sua abitazione, dove "naturalmente" sono raccolti non pochi materiali che, anche qui a Buia, hanno contribuito a "scrivere" la storia del cinema: sono vecchi manifesti, spezzoni di pellicola, foto di scena e datati proiettori. Madusso iniziò a proiettare film nelle nostre sale cinematografiche (che ormai "esistono" solo nei depositi più profondi della nostra memoria, visto che non ne possediamo più neanche una piccolissima.) nel 1938, quando aveva appena quindici anni, nel cinema parrocchiale di Madonna, dove si recava tutti i fine settimana a imparare le arti del mestiere. In quel periodo era attivo oltre a quello di Madonna, anche il cinema Tabeacco (gestito da privati), che fu inaugurato addirittura nel 1912 e i cui proprietari erano all'epoca Ciro Barnaba e Giovanni Calligaro.

Questa sala probabilmente non fu costruita "ex novo", ma era stata in precedenza adibita ad altro tipo di intrattenimenti. Infatti, avvalendosi di un'interpretazione di carattere etimologico fornitaci dal Pirona, il termine '"tabeac"', nelle parlate di Buia e Reana. sembrerebbe avere lo stesso significato di "toglât' nel senso però di luogo chiuso e funzionale per il per ballo. Ivaldi racconta le sue prime esperienze con molto fervore.

I suoi occhi chiari e vispi si illuminano di una particolare luce quando rammenta quei tempi. I ricordi di allora lo trasportano virtualmente in un universo in cui pullulano ancora i sentimenti e le emozioni di lui ragazzo che sapeva appassionarsi di fronte alle foto di Shirley Tempie (che ora ci mostra ammirato) e che si entusiasmava davanti allo scorrere delle pellicole, tanto che in questi precisi istanti non ci appare affatto un uomo che ha superato la soglia dei settant'anni. ma una persona in preda ai più genuini ardori giovanili. Ricorda di aver alimentato la sua vena di cinofilo fin da fanciullo, quando insieme al fratello (che da adulto avrebbe lavorato come fotografo, a dimostrazione di come la famiglia Madusso sia sempre rimasta vincolata all'ambito artistico) costruiva rudimentali sistemi di proiezione, servendosi di strisce di carta velina (sopra cui aveva ricalcato delle figure di Topolino e altri personaggi) che faceva scorrere anche con l'ausilio di una lente e di una candela. Tutta l'operazione veniva da loro svolta stando "pognies par tiere". Il signor Ivaldi porge poi alla nostra attenzione un trafiletto di giornale in cui si racconta di un incidente avvenuto il giorno 12 gennaio del '38. quando, riportiamo le parole testuali: "don Modesto Pez e Carlo Aita stavano provando una pellicola che doveva essere proiettata l'indomani. Mentre l'Aita si assentava, don Modesto, con manovra errata, causava l'incendio della pellicola.

L'Aita trovò la cabina in preda alle fiamme, mentre don Modesto non dava segno di vita. Chiamò aiuto e procurò di spegnere l'incendio. Il sacerdote privo di sensi fu tratto in salvo e se la cavò con ustioni alla faccia ed ai polsi"'.

Questo episodio richiama fin troppo chiaramente alla memoria una scena dell'ormai celeberrimo film "Nuovo cinema paradiso" di Tornatore. Ivaldi ci spiega che. poiché non si erano ancora fabbricate pellicole ignifughe, era necessario tenere la macchina da proiezione sotto stretto controllo. D'altronde nei cinema parrocchiali era prassi, prima che i film fossero accessibili a tutti, fare dei tagli per eliminare le scene allora ritenute scabrose ("quelle in cui si baciavano"), secondo il giudizio del prete. Il signor Madusso ci riferisce di aver assistito lui stesso a queste operazioni di censura.

Poi i pezzi scartati venivano riattaccati, per le visioni negli altri cinema, a danno però della pellicola che così restava parzialmente rovinata. Come abbiamo visto Buia vantava, a dispetto di oggi, diverse sale di proiezione: non poteva mancare quindi una certa vivace concorrenza tra gli stessi gestori...

Tanto che lo stesso Ivaldi era spesso esortato a strappare le locandine con i programmi dei film che si proiettavano al Tabeacco. invito che peraltro non accolse mai. Nel 1940 Ivaldi si trasferì al cinema di Avilla che. aperto da poco, mancava di un operatore stabile. Fu la sorella a riportargli la notizia di questa situazione precaria. Madusso. appena ascoltata la nuova, si precipitò in bicicletta (esplicita testimonianza del grande entusiasmo che il ragazzo nutriva per questa occupazione e questo mondo) per raggiungere la sala cinematografica al fine di proporsi come candidato a quel posto vacante.

Li fu accolto a braccia aperte e con grande gioia.

La sua avventura proseguì poi a Udine, e dopo la guerra al cinema "Libertà" (gestito da lui stesso e dal padre), per continuare successivamente al Tabeacco fino al '60. anno di cessazione della sua attività. Il resto della storia lo pubblicheremo nel prossimo numero, dove non mancheranno interessanti aneddoti sui film allora proiettati, su come gli spettatori percepissero questo tipo di passatempo e su quali aspettative avessero, con l'aggiunta di una breve panoramica sui motivi del declino del cinema. Il tutto condito con divertenti fatti e curiosità.