Autoritratto di Aldo Ursella | |
Sono nato a Buja il 3 agosto 1924. Fin da piccolo cominciai a dimostrare inclinazione alla pittura, ma, non avendo i colori necessari, disegnavo con la matita. Un giorno, quando ero alle elementari, invece di andare a ricreazione insieme agli altri bambini, rimasi in classe e disegnai col gesso sulla lavagna un bel topolino: da allora tutti mi chiamarono Giotto! Finite le scuole elementari, chiesi al pittore Enrico Ursella che mi insegnasse a dipingere, ma fui subito scoraggiato dai suoi consigli: mi disse infatti che la strada era lunga ed incerta, e mi suggerì di fare il fotografo. Fu così che cominciai questo lavoro insieme al mio amico Elio Ursella, che aveva l'attrezzatura datagli dallo stesso Enrico Ursella. Avevo 13 anni. Fatta la scelta, mio padre si dette da fare per cercare un fotografo che mi tenesse ad imparare il mestiere. Infatti ottenni il posto presso il fotografo Di Piazza, di Gemona, in cambio di cento lire al mese che regolarmente mio padre gli versava. La mia attitudine per il disegno si rivelò subito utile nel ritocco dei negativi, ma non mi sembrava giusto che il fotografo titolare venisse pagato per insegnarmi un lavoro che avevo appreso subito e che eseguivo bene. Così, da un giorno all'altro, decisi di andare a lavorare a Cesclans nelle fortificazioni, ma ebbi un brutto incidente sul lavoro e dovetti rimanere a casa. Dopo due mesi venne a cercarmi il Di Piazza, e mi pregò di tornare a lavorare con lui in cambio, questa volta, di un giusto compenso. Lavorare da un fotografo, dunque, ma passavo il mio tempo libero disegnando: i miei disegni furono infatti esposti in una mostra allestita nel municipio di Buja. Nel 1940 il fotografo Baldassi di Buja venne chiamato alle armi, e, dovendo abbandonare l'attività, mi chiese di sostituirlo nel suo studio insieme alla moglie. Lo feci per un certo periodo, ma alla fine sia il Di Piazza, sia Baldassi, sia Barnaba, l'altro fotografo che aveva lo studio a Buja, mi chiesero di lavorare per loro ritoccando i negativi. Decisi così di lavorare a casa mia per tutti e tre. Poi venne la chiamata alle armi, e nel 1943 fui preso prigioniero dai Tedeschi e deportato in Polonia. Con l'avanzata dei Russi fui quindi trasferito a Berlino, dove rimasi fino al maggio del '45. Ritornai a Buja da Berlino in bicicletta! Le sofferenze passate non occorre elencarle. Dopo un periodo di convalescenza, trovai lavoro a Tolmezzo dal fotografo Zugno, presso il quale rimasi fino a quando non mi misi in proprio a Fagagna. Era il 1946. Ebbi la licenza con fatica, perché il Comune non voleva concedermela; ma finalmente lo "Studio" prese forma da me e dagli amici Elio Ursella e Umberto Ursella, ai quali devo tanta riconoscenza. Si trattava di un impianto fatto con mezzi di fortuna, con fili di telegrafo abbandonati dai Tedeschi e con fari di cartone che si bruciavano subito se surriscaldati. Il cavalletto venne costruito da un falegname, lo sviluppo e il fissaggio venivano fatti nei piatti di cucina, poiché non c'erano bacinelle; la macchina fotografica era un rudimentale strumento lasciatomi da Elio Ursella. E così, soffrendo, incominciai! Mi feci, però, subito un buon nome, nonostante che l'attrezzatura fosse così inadeguata. Pian piano, più tardi, riuscii a procurarmi strumenti sempre più adatti. Per due anni tenni un recapito a Fagagna il martedì e la domenica, mentre svolgevo a Buja, a casa mia, tutto il resto del lavoro di ritocco, sviluppo e stampa. Quando, nel 1948, mi sposai, mi stabilii definitivamente a Fagagna, continuando a lavorare con successo. Potevo finalmente dedicarmi completamente alla mia attività. Cominciarono così anche le grandi soddisfazioni: nel 1975 partecipai in Bulgaria ad un concorso internazionale intitolato "L'Uomo e il Mar Nero". Fu un momento di grande gioia, perché vinsi il primo premio che consisteva in una medaglia d'oro e una vettura Wolkswagen. Altri successi seguirono con altre mostre realizzate negli anni successivi. Nel 1976 illustrai il terremoto con la pubblicazione di un foto-libro intitolato "Friuli un minuto di morte", di cui vennero stampate 20. 000 copie. Le stesse foto vennero trasmesse in televisione sui programmi nazionali. |