Rossini inedito profeta Il musicista aveva idee chiare in fatto di «Scholae Cantorum»
di Emidio Papinutti
Articolo inizialmente apparso sull'"Osservatore Romano
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Il bicentenario della nascita di Gioacchino Rossini è partito bene. Rossini domina sui cartelloni dei maggiori teatri: La Cenerentola e Tancredi a Bologna, Il Barbiere di Siviglia a Genova, Elisabetta regina d'Inghilterra a Napoli, La Donna del Lago a Milano, La Cambiale del Matrimonio a Pesaro, L'Italiana in Algeri a Torino, Guglielmo Tell a Venezia, Semiramide a Verona. Rossini è stato definito il «dispensatore di felicità». Il fine musicista e critico Maurizio Hauptmann si domanda: «Chi può calcolare quanti milioni di cuori Rossini abbia dilettato sui più diversi punti della terra? La somma darebbe un grande popolo di uomini contenti e sorridenti». E continua, con una punta d'intelligente polemica: «Se ai conquistatori e ai condottieri, che rendono infelici innumerevoli moltitudini, vengono eretti monumenti, cosa meriterebbe un tale consolatore e distributore di infinite ore di felicità». A Pesaro, sua città natale, Rossini sarà ricordato con l'esecuzione della sua musica sacra. Come il bicentenario di Mozart ha conosciuto i momenti più suggestivi con l'esecuzione della sua Messa di Requiem, così Rossini potrà essere degnamente ricordato, durante questo bicentenario, con l'esecuzione della sua musica religiosa. Gioacchino Rossini è nato ed è vissuto all'ombra del campanile. Da bambino ha imparato da un frate francescano a suonare una spinetta. A Lugo di Romagna, paese d'origne di suo padre, ha ricevuto lezioni di musica, per tre anni, dal canonico Giuseppe Malerbi. A Bologna ha studiato col padre Angelo Tesei e «prendevasi piacere di scorazzare le sacrestie per vuotare le ampolline». Dotato di una splendida voce, brillava come bambino cantore nelle chiese bolognesi. Iscrittosi al Liceo Musicale, ha seguito le lezioni di contrappunto del padre Stanislao Mattei. Per tutta la vita si rammaricherà di aver trascurato il canto gregoriano e la polifonia, che invece padre Mattei aveva tanto a cuore. Perfino dopo di aver «lasciata la sua lira a Parigi», durante il lungo «misterioso silenzio», Rossini ha continuato a scrivere musica di carattere religioso: il celebre «Stabat Mater», la «Petite Messe Solennelle», due «Tantum Ergo» e altri canti sacri. Merito non secondario di Rossini è quello di essersi occupato anche della riforma della musica ecclesiastica. In un primo momento aveva cercato l'appoggio di Franz Liszt, perché riteneva che Liszt fosse la persona più qualificata a farsi suo portavoce presso il Papa Pio IX. In seguito decise di rivolgersi direttamente al Papa. Con la collaborazione di Luigi Crisostomo Ferrucci, della Biblioteca Vaticana, preparò la petizione al Sommo Pontefice. «So che Egli ama la musica, so ancora non essergli io sconosciuto». E scrive la lettera da Parigi il 25 aprile 1866, la consegna al Nunzio Chigi perché la faccia giungere al Papa. Rossini espone alcune osservazioni ricavate dalla Bibbia e dai Santi Padri sul ruolo svolto sempre dalle donne nella Chiesa per le opere di bontà e di carità, e presegue: «Perciò se c'è in me un po' di ingegno, e di perizia, se qualche assenso di utile esercizio della divina pietà deve essere eccitato attraverso la musica, Vi prego con insistenza, o Beatissimo Padre, che volgendo lo sguardo all'abiezione della Figlia di Sion nei templi di Dio, per atteggiamento di indulgenza e con la pienezza della Vostra Autorità, questo concediate ai meriti del sesso più debole il quale, nella nostra età è stato segno, e per così dire il restauratore delle vie del cuore, per la pessima generazione degli uomini: Vi prego di concedere che, ovunque si richieda la necessità dell'arte corale, nei limiti della verecondia e il decoro della Casa di Dio, le voci femminili partecipino dignitosamente ai sacri cori, lasciatene facoltà ai singoli Ordinari, secondo l'opportunità». Il Santo Padre risponde a Rossini in data 14 maggio 1866. Rossini commenta: «Il Santo Padre, in risposta alla nostra magnifica lettera, mi riscontrò: mi offerse benedizione e cose tenere, ma la Bolla tanto da me desiderata, restò (lo penso) nel suo cuore. Povera musica religiosa!!!». I tempi non erano ancora maturi. Rossini chiedeva, in concreto, che le donne potessero far parte della Schola Cantorum. Ma la legislazione liturgica del tempo considerava la Schola facente parte del Clero e, per conseguenza, le donne non potevano esservi ammesse. Le voci acute dei soprani e dei contralti, secondo l'uso antichissimo della Chiesa, venivano sostenute dai fanciulli. Il Concilio Vaticano II ha esaudito la petizione di Rossini stabilendo che la Schola non fa «le veci» del coro ecclesiastico ma fa parte dell'Assemblea e, per conseguenza, ne possono far parte le donne, in forza del diritto acquisito col carattere battesimale. Rossini è stato accontentato. Rossini profeta? Si può logicamente affermare che ha saputo presentire il futuro. È stato un precursore. |