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Lunghi treni di soldati italiani sono diretti in Germania. Confusi insieme soldati e ufficiali superiori sono chiusi in vagoni bestiame: dai portoni chiusi e vegliati dai tedeschi e repubblicani escono gemiti e invocazioni..... sgocciolano orina ed escrementi fetidi..... C'eravamo persi laggiù, sul fiume: sotto una grande luna. A nulla valsero le nostre grida . di richiamo al grosso della colonna che aveva proseguito: la corrente del fiume trascinava con sé le nostre grida, lontano. S'era in una zona sconosciuta e per un momento ci sentimmo sfiduciati. Ci sedemmo sui bianchi massi del greto da aspettare... La luna luccicava sui massi levigati e le montagne che si ergevano ai nostri lati ci opprimevano. Lassù era il nemico in agguato nelle nostre postazioni che avevamo dovuto abbandonare: forse ci avevano già scorti.... "Andiamo" dissi. Ero io il più vecchio e toccava a me l'iniziativa. Il ragazzotto biondo mi guardò esitante: era stanco ed affamato; come me, "Su andiamo". Guardai la cima che serviva da orientamento e ci incamminammo contro corrente. Era la via più breve ma più pericolosa. Non lo dissi al mio compagno: era troppo demoralizzato. La bruma cominciava già a formarsi sopra le nostre teste e la fortuna non ci avrebbe di certo abbandonati. Lo ammonii di non fare tanto rumore, ma i piedi quando si è stanchi non si riesce ad alzarli. Dopo qualche ora avevamo risalito il torrente sino alla sorgente. Un semicerchio immane di rocce si ergeva dinanzi a noi. La vetta bianca che serviva ad orientarci brillava ghiacciata. "Lassù potremo riposare". Il mio amico non staccava un momento gli occhi da quella cima, Il suo viso, dalle labbra spaccate dal freddo, era continuamente rilasciato all'indietro: sognava già quella neve soffice ove si sarebbe dormito un po' tranquilli. Anche io la guardavo con avidità, ma avevo paura per il mio amico: non avrebbe resistito. E prima dell'alba dovevamo arrivarci che altrimenti sarebbe stata la fine per noi : il nemico avrebbe incominciato di mattina presto il rastrellamento in quella zona. Lo sorressi per un braccio: "Andremo su da questa parte... quando saremo lassù, saremo già a buon punto : ci riposeremo almeno". I suoi occhi ripresero vita. Non avevo mai avuto un altruismo così spontaneo per nessun altro uomo, M'ero affezionato a lui come se fosse stato qualcosa che mi avesse appartenuto forse perché in quelli occhi sinceri vedevo i miei di quando sognavo credendo a tutti e a tutto. Ci arrampicammo sul ripido versante. Le braccia si stiravano sulla roccia con spasimo che l'energia stava per abbandonarci. Raggiungemmo una quota abbastanza alta. La pianura dinanzi a noi era ancora illuminata dalla luna già all'orizzonte. Ci sedemmo. Il ricordo indicava al nostro sguardo dove doveva posarsi. "Vedi quella villa laggiù, sotto quel...." Si, la scorsi subito; già la guardavo prima ancora che me la indicasse lui: gli amori dell'adolescenza non si sa "dimenticarli. "Lì, abita una bella ragazza, è bruna, e anche gli occhi li ha neri..." fece una pausa e poi continuò "ha gli occhi neri e quando ti guardano non sai in "Si ne ho visti" e come me li ricordavo gli occhi di quella ragazza dai capelli bruni: quand'ero più giovane ero stato per molto tempo nella marea dei suoi corteggiatori. "Ti piace quella ragazza" gli dissi sorridendo, senza ironia "e la conosci bene?" Scosse la testa. Era molto sincero che difficilmente confidare l'amore verso una ragazza e ammettere di non conoscerla. Il più delle volte non solo si la conosce, ma si racconta anche le avventure vissute assieme, le quali non sono altro che i sogni accarezzati. Appoggiato con la schiena sullo zaino aveva lo sguardo fisso laggiù: nelle case della pianura. La luna stava per scomparire. La casa di lei non la si scorgeva più, ma noi sapevamo dove era... Lo guardai: era pallido e aveva le labbra gonfie. Me lo sentii ancora più amico: avrei fatto di tutto pur di tornare laggiù salvo con lui. "No, non la conosco: lei è ricca ed io..." "E noi no" finii. Anche io l'avevo tanto amata senza riuscire a conoscerla. Neppure lui sarebbe mai riuscito. Ma non glielo dissi: quei suoi occhi dovevano sognare ancora felici come avevano •sognato i miei. "Continua ad amarla, forse un giorno la conoscerai e poi si vive meglio se si ama" Era la solita filosofia spicciola del luogo comune ma quando s' è stanchi ci si riposa nel ragionamento facile. Mi guardò con gratitudine: gli facevano bene queste parole. "Continuiamo, presto la rivedrai". Ormai la salita non era tanto Senza farmi scorgere del mio amico, puntai, tuttavia, deciso l'automatico e proseguii cauto. La luna era tramontata: era crudele la nostra sorte di dover camminare forse contro le canne nemiche. Maledissi quel buio con tutta la rabbia che mi dava la paura. Le montagne erano divenute immense, il nemico era numeroso in quella zona, forse ci attendeva... un brivido mi scosse impetuoso. Non m'ero ancora rimesso da questa scossa nervosa che da pochi passi da noi partì una raffica infuocata. Premetti il grilletto e i miei colpi s'incrociarono con quelli nemici. "Salvami !" fu un grido disperato. Afferrai il mio amico sanguinante e mi lanciai nella Non seppi quanto corsi; ad un tratto mi trovai steso a terra, esausto, sopra il corpo del mio amico. Provai a rialzarmi ma non riuscii: le sue mani divenute artigli, s'erano conficcate nel mio collo. I miei occhi erano vicini ai suoi: erano uguali... Un fiotto di sangue gli uscì dalla bocca: " Non voglio morire..." urlò rabbioso e le unghie penetrarono ancor più nel mio collo. Il grido della disperazione si ripetè lassù: con la voce della montagna. Gli serrai la bocca. Tutto fu silenzio. Con negli occhi il furore di un cane che sta per affogare mi dette un'ultima stretta. M'avviai senza cercare alcun orientamento: solo con me stesso mentre gli occhi uguali ai miei riposavano finalmente, sotto quella rupe. |