mentre la guerra infuria....

ROSA NEUMANN

di Pietro Menis

 

Il sole prossimo al tramonto allungava le ombre degli alberi e delle cose sui prati falciati di fresco, sulle macchie fruscianti di granturco in fiore; lontano nelle distese di verde e di fogliame con sferragliare sordo passava un treno; sotto l'altura, invisibile passava un carro sfregolando le ruote sulla strada secca; lassù nella caligine azzurrina ai piedi o sulle falde del monte grigio si allungavano le case delle borgate come una processione senza bandiere e senza musica. E sopra questo panorama il cielo era alto e terso, biancastro e afoso...

Nella stanza, ampia e pulita di una casetta antica sul poggio, su di un lettuccio una vecchia signora giaceva riversa sui guanciali; ansando con gli occhi sbarrati, aspirando a bocca spalancata l'aria che le mancava.... I capelli grigi della moribonda scarmigliati sparsi sul cuscino erano madidi di sudore.

Di tanto in tanto dal di fuori il silenzio crepuscolare era rotto dalla voce attutita di una donna indaffarata nelle sue faccende domestiche, il richiamo di qualche bimbo, il muggito di una armenta affamata...

Ogni qual tratto l'ammalata lentamente volgeva gli occhi in giro lungo le pareti per fermarli, poi con insistenza sul canterano della stanza; allora per un istante si animavano, come se rievocassero una visione, poi d'improvviso incupivano e tornava il buio nella sua anima...

La donna che l'assisteva, in piedi, discosta dal letto, per tema di rubarle l'ossigeno di cui abbisognava, si avvicinò al lettuccio:

— "Signora...

La moribonda sbattè gli occhi leggermente senza aprirli, la bocca si contorse, il petto restato nudo si appiattì con l'ultimo respiro...

Una folata di vento fresco e profumato entrò nella stanza sollevando la tendina di tulle alla finestra, una campana lontana suonava e le sue note si perdevano nel cielo che incupiva...

Una morte, un transito da questa vita all'eternità, come tante donne, come tanti uomini, come migliaia di esseri a tutte l'ore!...

Ma la storia della donna morta, sola, in una casa estranea a Codesio di Buja, in quella sera afosa dell'estate del 1944 merita raccontata; quella era una ebrea, miracolosamente sottratta alla cattura, all'internamento in un campo di sterminio.

Quella ebrea era la triestina Rosa Neumann vedova Nauen.

Nella camera della morta convennero tosto le donne di casa e quelle del vicinato; parlottarono assieme sotto voce come fossero in chiesa poi si diedero da fare. Lavarono quel corpo inanimato, lo rivestirono dell'abito più bello, calzarono quei piedi già freddi e fra le dita scheletrite le intrecciarono la corona del rosario; poi sopra stesero un ampio lenzuolo che odorava di bucato e di lavanda...

Mentre quelle compivano la pietosa opera di misericordia la padrona di casa ripose sul canterano, dove l'occhio della morente si era posato per l'ultima volta, un crocefisso fra due candele accese.

Aveva rifatto l'altarolo dell'altra sera quando il prete aveva battezzato quella morta.

La ricordavano tutti in casa quella cerimonia del battesimo, così lunga, piena di gesti simbolici, di preghiere incomprensibili. A quelli che assistevano nel corridoio, oltre l'uscio socchiuso giungeva il suono delle invocazioni di rito, impercettibili le risposte dell'ammalata, gli appelli del celebrante. Alle orecchie attente dei testimoni giungeva distinto ogni qual tratto soltanto l'imprecazione:

—"Vade retro satana...

Quello scongiuro faceva accapponare la pelle e sudare freddo come un grido di terrore lanciato nella notte:

—"Vade retro satana...

E nella notte scura, misteriosamente silenziosa sotto il cielo estivo carico di stelle scintillanti il mondo pareva vuoto e che la eco ripetesse all'infinito:

—"Vade retro satana...

Venne una fanciulla, una giovinetta con un carico di fiori raccolti nell'orto di casa.

Allora l'infermiera, che non era "un'infermiera" ma una volontaria assistente, Maria Pasini, nata Petronio, silenziosa dal mucchio floreale scelse gli steli piu belli e li depose in una caraffa sul comodino accanto alla defunta e altri ne gettò ad appassire sul lenzuolo bianco dall'una all'altra testata della lettiera funebre...

Schermarono con una pezzuola nera la lampadina accesa perchè la stanza restasse appena in penombra, spensero le candele accanto al crocefisso ed uscirono tutti richiudendo l'uscio...

Il giorno dopo il parroco, don Michele Mattioni, andò in Municipio a denunciare il decesso, avvenuto nella sua parrocchia. Si trattava di una donna, una signora, Rosina Neumann fu Enrico e fu Daninos Elisa, vedova di Nauen Ernesto, nata 73 anni prima a Trieste, di condizione civile, di nazionalità itaJiana, di religione cattolica, di razza ariana.

La guerra infuriava sui fronti lontani ma la catastrofe poteva piombare ovunque da un momento all'altro; sul campanile del duomo era stata collocata una potente sirena che faceva sentire spesso il suo grido d'allarme prolungato e lugubre... Squadre di aerei invisibili a occhio nudo, tanto erano alti, salivano a stormi dal sud verso il nord col loro carico di morte. Quel rumore sordo, ritmico, teneva gli animi sospesi e l'orecchio attento.

Le manifestazioni di massa, le riunioni all'aperto, gli assembramenti anche casuali potevano attirare l'attenzione di quelli che volavano lassù e dar parvenza di movimenti sospetti... bersagli da colpire...

Perciò anche i funerali si celebravano alla chetichella verso il tramonto, alla sveltina.

Ad accrescere l'ansia ed il timore di Buja in quei giorni aveva preso stanza nella Casa del Fascio, attuale Scuola Media, una compagnia di militari fascisti, arrabbiati e violenti. Ogni giorno uscivano percorrendo i paesi della zona spingendosi anche oltre il Tagliamento per rastrellare, per requisire, razziare, terrorizzare. Ritornavano in sulla sera col bottino, cantando e si barricavano nel locale sbarrando porte e finestre, installando sentinelle e mitragliatrici sul terrazzino verso Via Roma e la Piazza del duomo. Di notte spesso si era sentito crepitare scariche di mitraglia e fucili.

La signora Neumann, l'ebrea morta a Codesio venne portata alla tomba la sera dopo il suo decesso. Poche donne e qualche ragazzo erano al suo seguito. Dopo le esequie nella chiesa di Madonna in penombra, il piccolo corteo moveva verso il Cimitero.

All'improvviso sulla strada che sbuca dietro l'abside della chiesa era arrivata un automezzo militare a tutta velocità; vedendo l'ostacolo il conducente calcò fortemente i freni che stridettero facendo strisciare le ruote sul suolo e sollevando un nugolo di polvere.

Un ufficiale balzò a terra e comandò agli occupanti di scendere e schierarsi. Il crocifero smarrito a quella vista si era fermato e chiedeva al parroco il da farsi.

—"Avanti... disse quello e continuò a recitare il Benedictus — SaJutem ex inimicis nostris, et manu omnium qui odorunt nos"...

I militi fascisti ospiti della Casa del Fascio si erano schierati sul ciglio della strada e quando il piccolo corteo arrivò alla loro altezza il comandante gridò:

—"Attenti... "

Si udì il caratteristico rumore sordo delle armi maneggiate e la voce del parroco che recitava:

Ut sine timore, de manu inimicorum nostrorum ]iberasti serviamus illi...

Ironia del destino! I servitori più fedeli e fanatici del regime oppressivo, avevano reso gli onori militari ad una ebrea morta, sfuggita alla loro caccia spietata...

La signora Neumann a Trieste, sua città natale, era una figura di primo piano nella vita cittadina; era ricca, distinta, generosa, fascista convinta ed entusiasta, sempre in prima fila nelle manifestazioni e nelle cerimonie patriottiche, nei ricevimenti mondani, nelle assemblee; aveva una villa principesca in fondo a Via Ginnastica con vasto parco. Suo padre era stato presidente di una importante Società assicuratrice, suo marito un importatore di caffè.

Rimasta vedova e senza figli si era data alla beneficenza, attingendo ad un patrimonio che, qualcuno, giudicava favoloso. La sua generosità senza pregiudizi di razza o di religione, si estendeva ad un vasto raggio; dove c'era del bisogno ella dava, dava a piene mani, senza misura. Entrava negli Ospedali, negli Istituti religiosi e nelle scuole, nelle organizzazioni assistenziali e di beneficenza, nei ricoveri dei vecchi e nelle case degli umili.

In un educandato di suore cattoliche un giorno udì al pianoforte i virtuosismi di una ragazza che frequentava il Conservatorio:

— "Una vera promessa — le disse la suora maestra — ma la sua famiglia è tanto povera che non potrà mai aiutarla a conseguire un diploma... Suo padre per guadagnarsi la vita si è arruolato nella Milizia volontaria... "

La signora Neumann accarezzò materna la fanciulla e le disse di studiare, di avere fiducia...

Qualche giorno più tardi, in una modestissima casa della periferia della città degli uomini sconosciuti scaricarono un pianoforte; era un dono per la giovane pianista da parte di una signora...

E' stata la suora maestra di pianoforte a rivelare il nome della donatrice e allora l'intera famigliola beneficata così signorilmente si affrettava a raggiungere la Villa di Via Ginnastica abitata dalla signora Neumann. La ragazza confusa e accesa in viso, il papà in divisa e la mamma con l'abito piu bello del suo gardaroba, un marmocchio coi calzoni al ginocchio; tutti piangevano per la commozione e in cambio di tanta generosità offrivano alla signora un fascio di rose rosse...

L'assurda ed inumana persecuzione nazi-fascista contro gli ebrei scatenata in Germania ad un certo momento, sia pure mitigata, arrivò anche in Italia. Trieste è stata la città più colpita; da sempre nelle sue mura le comunità ebraiche avevano fiorito e prosperato, favoriti dal porto coi suoi scambi ed i suoi commerci di valute e di merce.

Alle prime avvisaglie della caccia agli ebrei la signora Neumann si era fermata in casa, rare volte la si poteva vedere in pubblico. In salotto ella teneva sempre in bella mostra il suo duce; chissà, quello poteva essere ancora un'ancora di salvezza, una garanzia di protezione, ma nonostante tremava, non si sentiva sicura...

Di quanto avveniva o si faceva ai danni degli ebrei i giornali non ne parlavano, non ne parlava la radio, soltanto il telefono

trillava di tanto in tanto e portava in casa le tristi notizie; un israelita era stato rastrellato, altri erano stati tratti in arresto nelle proprie case e portati lontano, altri erano scomparsi dalla circolazione in modo misterioso; di nessuno si sapeva la fine o la destinazione.

Una mattina dinnanzi alla Villa di Via Ginnastica si fermava una camionetta e ne discendevano quattro uomini in divisa, quattro militi fascisti. Due si misero fermi ai lati del portone d'ingresso al parco e due entrarono con passo marziale.

La signora Neumann li vide dalla finestra del primo piano dove abitava e capì che era giunta la sua ora; in fretta, col cuore alla gola, salì la rampa che portava al primo piano dove abitava con la sua famigliola un ufficiale di Marina, Ettore Petronio. In casa era a quell'ora soltanto la moglie ed una bambina.

Smarrite le tre donne dopo qualche tempo udirono i passi dei militi salire le scale a lor volta e suonare ripetutamente alla loro porta; la signora Neumann terrorizzata entrò nel salotto e si mise ritta dietro la porta...

Forse che il naufrago non si aggrappa fiducioso al relitto che galleggia sull'onda spumosa sperando in quello la salvezza impossibile?!...

— "Tutti fermi,... nessuno si muova!... Tu comincia da quella porta... io comincerò da questa...

E l'ufficiale della milizia cominciò a sbattacchiare l'uscio della cucina, poi quello della camera da letto, quella dei servizi...

Il milite entrò nel salotto, vasto, arredato sontuosamente, guardò e quando si volse per uscire, vide la signora ritta, spettrale, come inchiodata allo stipite della porta-vetrata.

Il suo volto si stirò con una smorfia dolorosa ed uscì in silenzio con passo fermo.

—"Niente, camerata?... " chiese l'ufficiale.

—"Niente, capo... " rispose il milite.

Quello mormorò un'imprecazione e uscì tirandosi con fracasso la porta alle spalle.

Chi era quel milite fascista che aveva rischiato tutto per tutto, rispondendo "niente capo" al suo superiore?...

Era il padre della ragazza povera del Conservatorio cui la signora Neumann aveva donato il pianoforte!...

L'ufficiale di Maria Ettore Petronio, ospite nella villa della signora Neumann di via Ginnastica, aveva incombenze anche nell'Opera Nazionale Balilla.

Edotto di quanto era accaduto alla sua padrona di casa, egli senza indugio giocò le sue carte; telefonò al Comando dell'Opera perchè fosse messa a sua disposizione una macchina, un automezzo che gli doveva servire per compiere una importante missione, una ispezione delicata...

E il giorno dopo, all'ora fissata, il Petronio, inappuntabile nella sua divisa, era a rilevare la macchina; era stata ovviamente ripulita, tutta lucida, tanto che a distanza sulle fiancate spiccavano le tre lettere O. N. B.; sul radiatore una piccola fiamma nera con un lugubre teschio sormontato da due tibie disposte in croce di S. Andrea; con quelle lettere fatidiche e con quella insegna di morte la via nei posti di blocco era libera...

La signora Neumann uscì dalla sua villa per una porta secondaria, dimessamente vestita e salì in fretta sulla macchina in attesa, accanto all'autista. Il motore dell'automobile sfregò sul terreno e la vettura partì subito veloce. Attraversò la città e subito prese la salita di Barcola affrontando decisa le curve, evitando possibili cattivi incontri...

Il mare placido, come una distesa lattea, cullava le rade imbarcazioni alla fonda; quelle minuscole a ridosso alla scogliera della riva scoscesa; il castello di Miramare biancheggiava sulla scogliera in una macchia di verde, come un cofanetto fatato...

Miramare!...

Una ondata di ricordi fecero rigurgito alla mente della povera donna; come un sogno lontano ritornava alla sua mente il ricordo dei ricevimenti in quella reggia; ospite dei Duchi, Amedeo di Savoia-Aosta e di Anna di Francia; fruscio di sete, ondate di profumi sottili ed eccitanti, armonie di violini in sordina. Nelle sale decorate a stucchi tappezzate di opere d'arte pregevoli, sfavillavano iridescenti gli ori e le gemme delle dame e lei, la signora Neumann, ammirata si moveva fra quella gente, inappuntabile ed elegante nel suo completo di velluto viola col suo diadema che risplendeva come un grappolo di stelle...

Ed ora tutto era finito, tutt'intorno era tenebra, terrore... e l'automobile con le sue lettere fatidiche, con la sua insegna lugubre correva, correva verso l'ignoto...

Buja, la meta dei nostri viandanti era lontana, un paesotto nel cuore del Friuli; lassù viveva la sorella dell'autista, Maria Pasini, moglie del veterinario del luogo.

Sarà la nostra salvezza lassù?!...

Quì il parroco don Michele Mattioni, il medico condotto, Ottavio Vidoni, i soli a giorno della vera identità della transfuga in arrivo, si erano industriati di trovarle un rifugio-nascondiglio.

Codesio era una borgatella tranquilla, alla periferia del vasto Comune, fuori dalle vie di comunicazioni; qui la signora Neumann, nella casa di Francesco Tondolo poteva passare inosservata ai più, alle autorità ed ai dirigenti del partito. Per i borghigiani l'ospite era una cittadina ammalata, una donna bisognosa di cure, di quiete, di respirare aria pura campagnola...

E poi, la speranza più grande, era quella che la follia nazista non arrivasse coi suoi tentacoli mortali fino lassù nella borgatella di Buja...

Ma ogni essere vivente ha segnato il suo destino... il domani gli è precluso e non gli resta che la speranza...

La signora Neumann evitò l'arresto, l'internamento, forse una fine tragica ed orribile, ma dopo due anni di esilio il male che l'affliggeva, il diabete la portò alla morte in quella notte afosa di agosto mentre in cielo scintillavano tante e tante stelle e lontano, molto lontano suonava una campana solitaria...

Cessata la guerra i resti mortali di Rosa Neumann vennero esumati dal Cimitero di Madonna e traslati a Trieste ma non trovarono posto accanto a quelli del marito, fra i suoi correligionari; nel Cimitero israelita non c'era posto per la fedifraga, per una battezzata...

Allora vennero inumati nel Campo santo cattolico in una tomba particolare alla presenza di due donne; la moglie dell' ufficiale di Marina che l'aveva ospitata a Trieste e "l'infermiera" che aveva raccolto a Buja il suo ultimo respiro.