HO FAME - Capitolo 10
A casa Finalmente il 16 luglio è arrivato il giorno della partenza! Su camion americani siamo stati portati a Braunschwaig per formare le tradotte con cui dovevamo raggiungere l’Italia. Mentre il treno muoveva i primi passi, tutti avevamo le lacrime agli occhi per la felicità, c'era chi sventolava una bandierina tricolore, chi teneva in mano un fazzoletto che agitava per salutare le ragazze conosciute al campo, anche loro erano venute a salutarci per l'ultima volta, anche loro piangevano. Durante il tragitto abbiamo mangiato i viveri a secco che gli americani ci avevano consegnato, eravamo tranquilli e spesso, per passare il tempo, ci mettevamo a cantare. Faceva molto caldo, tanto che una decina di noi ha deciso di proseguire il viaggio sul tetto dei vagoni. Per un tratto di strada tutto è filato liscio e, nonostante in ogni stazione ferroviaria si vedessero operai intenti a riparare le linee elettriche, nessuno si è reso conto del pericolo. All’entrata della stazione di Erlangen, la motrice del convoglio è incappata in un filo elettrico che penzolava sopra i binari. Il filo teso è passato con forza, sopra i vagoni, spazzando via ogni cosa; due sono stati i morti e due i feriti in modo grave. Arrivati a Mittenvalt, al confine con l'Austria, siamo stati divisi a seconda della destinazione. Dopo essere passati per la disinfestazione a base di DDT, ci hanno rifocillati e sistemati per la notte all'interno della caserma. Il giorno dopo, alle tredici, abbiamo ripreso il viaggio. Al confine italiano siamo scesi a baciare la terra. Ricordo, con un nodo alla gola, di aver recitato alcune preghiere di ringraziamento a Nostro Signore per avermi fatto tornare. Se qualcosa, in quei due anni terribili, non mi è mai mancata questa è stata la fede in Dio, molto spesso recitavo il rosario, da solo o in compagnia. La fede è stata per me un’ancora di salvezza a cui aggrapparmi per resistere nei momenti in cui avrei avuto voglia di lasciarmi andare, di non lottare più. A Bolzano, alla stazione, abbiamo trovato moltissima gente con fotografie in mano che chiedeva notizie dei propri cari, ci ha fatto tanta pena. Dopo un paio di ore siamo partiti alla volta di Verona, località Pescantina. Anche qui siamo stati sottoposti alla disinfestazione, quindi rifocillati e, per la prima volta dopo tanto tempo, abbiamo bevuto un bicchiere di vino. Autocarri alleati ci hanno portato a Conegliano, perchè la ferrovia non era ancora stata ripristinata e poi di nuovo in treno fino a Udine, dove siamo arrivati in piena notte. Il 24 luglio Agostino di Zeglianutto ed io, dopo aver salutato gli altri quattro amici, siamo saliti sul treno che ci ha portato a Tarcento, da li a piedi abbiamo raggiunto Zeglianutto. Qui mi hanno prestato una bicicletta e alle nove di mattina sono entrato nel cortile di casa con il cuore in gola, mi sembrava un sogno! Con me riportavo a casa un quaderno dalla copertina nera e rigida, che mi era stato compagno in quegli anni, ho preso per l’ultima volta la matita in mano ed ho scritto: Ora il diario potevo chiuderlo e riporlo in un cassetto. La mia odissea era finita. |