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I fiori vivi di 

Donatella del Bon

di Sabrina Zannier

 

OPERE

 

Alla sua prima mostra; organizzata nella sala della Biblioteca di Buia nel marzo 2007, Donatella Del Bon presenta una puntuale scelta entro il suo universo produttivo. Lo fa optando per la tematica che meglio si presta a tradurre l’essenza del linguaggio espressivo che caratterizza la sua ricerca sul fronte dell’acquarello.
Il tema è quello dei fiori, osservati e tradotti in immagine con una precisa volontà: eludere il principio della natura morta per cui il fiore assume la valenza di un oggetto da effigiare, per approdare; invece, a quel rispetto per la natura in base al quale il fiore è restituito nella sua fragilità e levità, tanto da poter essere dissolto da un soffio di vento. Lo si constata soprattutto nei casi in cui i fiori, piccoli e numerosi, diventano texture dell’intero spazio pittorico dove i petali sembrano già volare e, invece di dissolversi, paiono ricomporsi nella loro fragile unitarietà. È questo aspetto a restituire l’essenza stessa della tecnica ad acquarello, fondata sulla liquidità del colore, sull’assenza di materia pittorica e avulsa dai ripensamenti, dove l’immagine è tradotta soprattutto con la macchia piuttosto che con il segno, come accade nelle grandi composizioni floreali di Del Bon.
Unica eccezione è data dalle calle. Restituite anch’esse nel pieno rispetto della loro essenza formale, a differenza degli altri fiori appaiono contrassegnate dal dominio del segno. Un segno di valenza quasi architettonica, che ne svela, in questo caso sì, l’anima oggettuale.
La mostra presenta poi un lavoro diverso rispetto a quelli dedicati al tema floreale. Si tratta dell’Omaggio a Giuseppe Macor, paesaggista e vedutista che condivise la quotidianità di Donatella quand’era bambina, forgiando la sua sensibilità verso l’arte e la natura. In questa serie di otto paesaggi, che formano un’unica composizione, le vedute a olio di Macor vengono traslate in acquarello, subendo anche un ulteriore mutamento: nel passaggio dalla sua poetica a quella di Del Bon, dove il lirismo e la levità diventano filo rosso di una composizione che tradisce il senso stesso della “veduta” per ricongiungersi, piuttosto, a quello di un “paesaggio ideale”.

L’intervento della critica Sabrina Zannier alla vernice di Donatella Del Bon nella Biblioteca comunale di Buja. 

(foto Egidio Tessaro)