PRESENTAZIONE DELLA MOSTRA DEDICATA A DREE MOLINARO

(Dalla registrazione del discorso inaugurale)

 Calvari 19-8-2006

di Franco Ragazzi

 

 

Fervevano i lavori nell'estate dell'80 tra le terre di Buja, Majano, Gemona, Osoppo, Artegna. Un cantiere sconfinato ove il turista occasionale s'addentrava come in luogo turrito, cuspidato da innumerevoli gru, impalcature, tralicci ed entro il quale il brulicare delle occupazioni pareva svolgersi in un misto di umori (e rumori) e di rituale compostezza ed operosità.

E' veramente una giornata straordinaria: per le cose che abbiamo sentito; per il fatto che questa è la prima grande mostra che si fa in questo spazio davvero molto bello e suggestivo e vedrete come funziona bene l'interno per diventare un contenitore di mostre d'arte.

E poi questa cornice bellissima, la banda, la giornata di sole, le autorità che hanno onorato e onorano questa manifestazione, la Regione, la Provincia, il Comune, i Comuni della zona. E* veramente una bellissima giornata; una bellissima giornata per il fatto che un gruppo di persone si siano messe d'accordo, si siano trovate d'intesa per onorare un loro amico scomparso dal 19% ricordandolo nella maniera più giusta, non facendone una celebrazione ma cercando di conoscerlo, cercando di studiarlo, di capirlo. Ed è quello che hanno proposto a me: è stato un incarico, dico subito, non semplice.

Molinaro è uno di quegli artisti di cui si sentiva parlare, di cui capitava di vedane le opere: impossibile non vedere alcuni suoi monumenti che sono disposti sulla strada! Ma c'è una bella differenza tra vedere e guardare ! Questi monumenti è impossibile non vederli magari passando con la macchina, lanciando uno sguardo di sfuggita, ma altra cosa è guardarli, studiarli, conoscere chi li ha fatti, e come sono nati e in quale occasione sono nati. E quando mi è stato chiesto di studiare questo artista, la prima cosa che ho chiesto è stata, naturalmente, di vedere altre opere. E qui è cominciata la sorpresa e io credo che sarà una sorpresa per tanti, forse anche per coloro che erano amici di Drèe Molinaro, perché oggi abbiamo la possibilità di vedere nella mostra, e poi di trovare ottimamente documentati nel libro che è stato fatto, trent'anni di lavoro d'arte, trent'anni che cominciano con le prime opere del 1965 per arrivare, appunto, al 1996: sono trent'anni intensissimi di una attività che questo artista ha condotto con grande intelligenza con grande cultura ma con immensa umiltà. 

E forse questo suo carattere spiega uno dei tatti più incredibili: come mai un artista che per trent'anni ha lavorato, ha realizzato numerose opere, opere addirittura di commissione pubblica, monumenti e opere religiose in diverse chiese, non sia ricordato nel Dizionario enciclopedico degli artisti italiani. Questa è un'ingiustizia che si spiega con l'umiltà dell'artista, ma soprattutto con la pigrizia dei critici d'arte che se non gli viene proposto il tema su cui lavorare, lavorano su quello che solitamente accade. A me piace invece, e l'ho fatto molte volte nella mia attività, andare a cercare, andare a documentarmi e andare a scoprire cose poco note; e Molinaro è sicuramente un artista poco noto. Dopo questa mostra e dopo questo libro, che poi vedrete, non si potrà più dire che Molinaro non esiste, anzi gli si dovrà dare un posto molto significativo nell'arte contemporanea della nostra regione.

Molto rapidamente vengo a rappresentare l'artista soprattutto dandovi qualche consiglio di lettura. La mostra è una mostra ampia, complessa; qui siamo in tanti, quindi sarà necessario entrare un po' alla volta e non sarà possibile fare una visita guidata. La faccio adesso in maniera da dare alcuni elementi che consentano di capire meglio questo artista ripercorrendo le scoperte che ho fatto studiando le sue opere, nel ritrovarle, nel trovare le opere disperse fra tantissimi collezionisti, che ringrazio per averle prestate per la mostra, nel trovare i documenti che sono conservati dai familiari, che ringrazio per la sensibilità dimostrata e trovare anche i libri sui quali Molinaro si è formato. Molinaro è un artista autodidatta, non ha studiato arte ma è diventato artista mettendo allo scoperto un talento davvero eccezionale, ma questo talento si è misurato continuamente con la grande storia dell'arte contemporanea. In casa dei suoi familiari ho trovato molti libri di grandi artisti che egli studiava, consultava e che sono stati elementi formativi eccezionali; e poi amici artisti che vivevano nel Tigullio, Solari, Castagnino e altri ancora, con i quali lui dialogava e discuteva. Ma Molinaro non ha mai copiato quello che gli altri facevano: ecco forse l'elemento più straordinario di questo artista, un artista che studia, si informa, vuole conoscere, ma inventa un linguaggio artistico assolutamente personale sia per quanto riguarda la tecnica sia per quanto riguarda il modo di rappresentare il suo universo fantastico.

La tecnica: la tecnica è quella di uno scultore che viene dall'officina, dalla fabbrica. Molinaro, è un operaio, un operaio che si muove con la fiamma ossidrica in mezzo ai metalli, al ferro, alle scintille, alle fiamme e usa questa sua tecnica in funzione dell'arte e inventa un linguaggio - credo - non vi siano altri casi nel nostro paese - unendo, saldando, unificando fra di loro, secondo forme armoniche, secondo forme assolutamente interessanti e piacevoli, piccole gocce di ferro fuso che poi diventeranno acciaio, acciaio e ferro o forse addirittura, nei primissimi casi, più materiali. Comunque sono materiali della sua vita d'officina e la tecnica della sua vita d'officina si trasmette in questo suo fare arte. Un fare arte che lo porta a inventare quello che lui definisce nelle sue carte, nelle sue fotografie, il primo lavoro della sua vita. In realtà non è così, ma era così importante che lui lo definì "il primo lavoro": un cavallo imbizzarrito.

 

Siamo nel 1967. Questa è la prima opera che vedrete, dopo aver fatto la scaletta, entrando nella prima sala. La prima scultura è questo cavallo del '67. E' un'opera straordinaria, perché un artista autodidatta, un artista che non avesse un talento eccezionale non può realizzare un9 opera di quel genere se non ha qualcosa di forte, di istintivo dentro, dentro di sé. E uno dopo l'altro nascono una serie di cavalli, io nel libro ho scritto "una scuderia di cavalli", e i cavalli saranno uno degli elementi fondamentali della sua vita artistica.

La mostra comincia con un cavallo del 1967 e finisce, purtroppo nel 1996, con l'ultima opera
lasciata da Molinaro, che ancora una volta è un cavallo, anzi è un trio di cavalli sempre imbizzarriti,
sempre lanciati verso la conquista del cielo e delle stelle.

Poi insieme con i cavalli nasce un'altra espressione alla quale Molinaro sarà molto fedele, molto
attento, ed è quella delle danzatrici. Sono figure femminili, dolcissime, che si muovono nello
spazio, e qui ne vedrete alcune. E sia nei cavalli che nelle danzatrici scopriamo come questa materia
così pesante come il ferro, come l'acciaio, in realtà diventi materia impalpabile, una materia
leggerissima, perché Molinaro scolpisce queste forme tenendo presente alla stessa maniera i vuoti e
i pieni. Ci fa vedere attraverso le sculture, ci fa vedere la luce, ci fa vedere il cielo dentro e al di là
delle sculture e le rende leggere, le rende volatili: volano i cavalli, volano le danzatrici.

Questi sono i due elementi che costellano l'attività artistica di Molinaro. Ce n'è un terzo, un terzo che seppur realizzato con la stessa tecnica, sempre il ferro fuso, sempre il foro saldato, diventa di una espressività completamente diversa. Finora abbiamo parlato di cavalli e danzatrici, figure gioiose, figure leggere che levitano nello spazio, che vibrano nello spazio, ma quando Molinaro usa la stessa materia, la stessa tecnica per comporre immagini sacre, immagini religiose, il suo linguaggio raggiunge una espressività di una drammaticità assoluta.

Vedrete una testa di Cristo crocifisso del 1968, quindi dello stesso periodo in cui nascono i cavalli e
nascono le danzatrici, che ha una forza, una suggestione, una capacità di emozionare come ben
poche altre sculture hanno. Io vi parlo ripetendo a voi le emozioni che ho provato scoprendo queste
opere, cercando di capire come l'artista le ha pensate, le ha inventate, le ha realizzate senza mai
lasciare nulla al caso. Al primo piano insieme alle statue vedrete una postazione di computer nel
quale viene trasmesso un video con i disegni di Molinaro, che sarebbe stato difficile esporre anche
perché sono in album e avremmo dovuto scioglierli e così invece è possibile vederli e vedere
accanto ai disegni le sculture fatte, vedere poi i monumenti, quelle opere monumentali che sono nel
territorio, anche in Fontanabuona e in Friuli e alla fine vedrete in questo video una breve intervista
fatta a Molinaro. Si tratta di una intervista fatta nel 1992 in occasione di una mostra svolta a
Cicagna e in quella occasione Molinaro ha detto alcune cose e quindi abbiamo anche la sua voce,
con la quale descrive in maniera molto scarna, molto scorbutica direi, molto semplice, come era lui,
il suo modo di lavorare.                                 

Ecco: non vedete queste opere come opere scarne, opere scorbutiche: sono invece opere veramente ripiene di poesia, che trasudano emozioni, che trasudano voglia di parlare, di dialogare, di mettersi in comunione con noi, con i suoi amici e con la comunità.