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di Sandra Tonino

 

Nel novembre scorso, nella adottiva terra di Liguria, si è spento Andrea Molinaro, Dree, come lui sempre ha voluto farsi chiamare.

Nato a Buia nel 1931 da una nota ed onesta famiglia di lavoratori, quella dei Cosi, ha ben presto conosciuto la dura realtà dell'emigrazione, trascorrendo parte della sua gioventù, dal '55 al '63, nel florido Venezuela di quegl'anni.

Fu proprio in quel periodo che cominciò a scoprire nel ferro un elemento non solo indispensabile per lo sviluppo della civiltà, ma pure materiale oggetto di lavorazione artistica. E fu un dono che la natura ha dato a Dree, quello di saper modellare e plasmare opere in ferro, che egli scoprì proprio nei contatti ed incontri con gli artisti sudamericani di quei fine anni 50.

Il ferro è un metallo "povero", confrontato con altri dal maggiore pregio, ma se lavorato ad arte con l'umiltà di un semplice operaio, che nell'utilizzo di un arco voltaico trova lo strumento per esprimere passioni, sensazioni ed emozioni, manifesta un immediato arricchimento.

Ma fondamentalmente è l'artista, Dree nella fattispecie, che funge da elemento catalizzatore affinchè ciò si possa realizzare.

E lui, sostenuto da artisti di fama nazionale ed internazionale, si convince delle proprie potenzialità e continua a perfezionarsi nelle sue lavorazioni. Le sue "sono sculture sofferte che trasmettono sofferenza. Quell'uso del metallo lasciato volutamente grezzo e bucherellato perchè frutto di una paziente elaborazione di frammenti trattati a fiamma contribuisce, oltre alla figura, a rendere l'idea della fatica, dello sforzo, del dolore, della passione per dirla nell'unica parola che le comprende tutte" (da Il Secolo XIX del 16.11.96).
Emerge nelle sue opere in particolare la figura del cavallo, dal quale trae spunti per molte sculture; ma pure la figura umana trova notevole spazio nel suo repertorio.

Proprio alle svariate situazioni di vita che quotidianamente ci coinvolgono, lui riesce a dare forma e sostanza ed a trasmettere così, messaggi inequivocabili a coloro che ammirano le sue creazioni.

La sua prima opera di un certo spessore è il monumento all'Unione Sportiva Calvarese, società ligure del paese ove decide di trapiantarsi dopo il rientro dal Venezuela. E' da quel momento che
Dree entra a far parte del mondo della scultura.

Da lì una serie di mostre personali e collettive che lo fanno conoscere un po' ovunque.

A Buia si fa apprezzare in una personale realizzata nel 75 e vi fa ritorno artisticamente nel '88, allorquando, in occasione dell'inaugurazione del centro storico ricostruito, tutti gli scultori buiesi condividono una mostra di assoluto valore.

Un altro momento importante lo vive nel '92, in occasione della Sagre di S. Josef; per l'occasione infatti, il comitato Chei di Ursinins Pizzul organizza una mostra d'arte, ove vengono presentate opere in ferro, per l'appunto di Dree e di un artista bresciano, Vittorio Piotti. - Lo spessore che tale mostra riveste si intuisce fin dalla sua presentazione, che Gianfranco Ellero marchia e sostiene apertamente nel suo discorso introduttivo, lanciando chiari messaggi di apprezzamento e dando notevole valore artistico alle opere esposte.

E questa è la sua ultima apparizione "ufficiale" nella terra dove ha visto la luce ed è cresciuto stimato e rispettato da tutti. Non è quindi retorica, il fatto che lascia un incolmabile vuoto attorno ai suoi cari ed amici ed in tutto il paese, che con lui perde un esempio di genuina friulanità.