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28 aprile 1945 a San Leonardo

Dal diario di don Angelo Cracina

 

 

L'avvenimento è ricordato e festeggiato in tutta l'Italia il 25 aprile; ma a San Leonardo, Valli del Natisone, esso è maturato qualche giorno dopo, e precisamente il 28 aprile 1945.

Erano le cinque del pomeriggio e da Merso di Sotto, allo sbocco della valle delL'Erbezzo, saliva su e si faceva sempre più forte un crepitio di spari. Gli alpini della Repubblica di Salò (i cosiddetti repubblichini) che, associati ai soldati tedeschi e cosacchi, presidiavano San Pietro al Natisone, avevano disertato in massa ed erano passati in armi e bagagli ai partigiani dell'Associazione Osoppo. Un folto gruppo di loro, uniti con i partigiani della Garibaldi e della Beneška Četa (gli uni e gli altri erano uomini delle nostre valli) e con quelli della Kovariska  Četa (gente di oltre confine) veniva su coll'intento di snidare da San Leonardo la guarnigione di soldati cosacchi.

La sparatoria arrivò fin sotto il colle su cui si erge maestosa la chiesa parrocchiale di San Leonardo. Perché qui stava la sede del comando militare cosacco e perché qui si erano rifugiate le pattuglie che avevano contrastato, inutilmente, l'avanzata dei partigiani i cui capi devono aver certo considerato che la caserma era diventata un fortilizio ben custodito. Conveniva pertanto cercar di ottenere la capitolazione degli assediati con mezzi pacifici, se fosse stato possibile. Fu per questo motivo che tre alpini guidati dal sergente R. M. da San Leonardo e dal tenente M. G. da San Pietro al Natisone andarono dal parroco a chiedergli che li accompagnasse al comando militare cosacco per persuadere il comandante ad arrendersi. Il parroco, don Angelo Cracina, che era stato tenente cappellano della 63a Legione Tagliamento Mvsn e che parlava anche il russo, accetto. Così, disarmati, ma aventi all'occhiello una coccarda tricolore si presentarono in caserma.

Ecco il dialogo tra lui e il comanante cosacco. Parroco: « La Germania è vinta; le truppe angloamericane sono già a Udine e stanno per raggiungere Cividale: siete invitati ad arrendervi ». Comandante: « Chi ha dato a voi quest'incarico? » Parroco: « L'avanguardia dell'esercito angloamericano che è piazzata qui, di fronte alla caserma ». Comandante: « Non ci fidiamo; io vedo che tra i militari ci sono dei borghesi con la stella rossa sul berretto » (così dicendo egli additava i partigiani della Garibaldi, allineati con gli alpini armati). Parroco: «Quei borghesi sono dei subordinati, aggregati alla truppa, ma essi non fanno parte dello Stato Maggiore ». Comandante: « Allora noi ci arrendiamo a patto che ci lascino le nostre armi per andare insieme a combattere contro i tedeschi ». Parroco (dopo aver sentito il sergente e il tenente): « Non vi accettano se non consegnate loro le armi ». Comandante (con rabbia): « E allora noi combatteremo contro di loro ». Parroco: « Signor comandante, abbiate pietà della gente che aspetta là fuori, inerme e trepidante! Se ci sarà battaglia, ne andrà di mezzo anche la povera gente, vi prego! ». Comandante: « Dite alla gente che si ritiri in casa; noi non faremo alcun male alla gente ». A questo punto i cinque incaricati della trattativa si ritirarono e andarono a riferire la brutta notizia. Tra la folla scoppiò un fuggi fuggi generale e i militari puntarono le armi contro la caserma.

Alcuni parrocchiani seguirono il parroco e il cappellano in canonica. In attesa degli eventi si misero a recitare il rosario con loro. Incominciò subito una furiosa sparatoria che durò una buona mezz'ora. Quando essa cessò devono essere state le sei del pomeriggio o poco più. Si sentì allora picchiare alla porta, qualcuno con un certo sospetto andò ad aprire. Ecco entrare sorridenti il sergente e il tenente di prima e gridare: « E' finita, è finita! », a cui il gruppo dei rifugiati con le lacrime di gioia sul volto, cristianamente come qui si usa, rispose: « Hualjen bod' Buoh an Marija! ». Detto in italiano: « Sia lodato Iddio e la Vergine Maria ». Si è poi saputo che il comandante, così restio a cedere, era scappato con un drappello dei suoi fidi su per Altana, verso Castelmonte. Gli altri, col vicecomandante, si erano subito consegnati ai nostri partigiani.

Si è saputo poi anche questo: che prima era andata a vuoto un'ambasceria mandata al comando cosacco dai partigiani. Essa era composta da un ufficiale degli alpini, da un ufficiale tedesco, loro prigioniero, e da un uomo di Azzida come interprete di lingua russa.