Annotazioni e precisazioni sulla vicenda dei cosacchi di Krassnov in Carnia (Ottobre 1944 -maggio 1945) di Antonio Dessy |
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Ho letto con vivo interesse il lucido articolo sui cosacchi in Friuli, firmato Enzo Cotterli, ed apparso su questa rivista (n° 28). L’argomento trattato mi ha suggerito l’opportunità di alcune puntualizzazioni sulle vicende storiche di quelle comunità, cosacche (russe) e caucasiche (tartare “slavizzate”), accomunate da un unico stile di vita ispirato alla libertà ed all’autonomia, stile di vita che ha reso necessario, a suo tempo, l’adozione di un modello di società “militarizzata” per difendere quegli irrinunciabili valori.
Precedenti storici. Quando nel 2003 svolsi uno studio sull’occupazione cosacca della Carnia negli ultimi mesi del secondo conflitto mondiale, lasciai intendere che quello era stato il primo contatto dei carnici con i cosacchi. Mi sbagliavo; attraverso successive ricerche archivistiche, infatti, appresi che c’erano stati due precedenti contatti sia pur di più breve durata ed in circostanze assai diverse: · il primo si verificò nella primavera del 1799, quando la Russia partecipò alla II Coalizione contro la Francia repubblicana1. L’armata russa, guidata dal vecchio Generale Alexander Suvorov, richiamato in servizio per l’occasione, entrò in Friuli dall’Austria, allo scopo di sgominare le truppe di occupazione francesi che presidiavano la pianura padano-veneta e di ricacciarle oltre confine. Tuttavia, a causa della piena del Fiume Tagliamento conseguente alle forti piogge stagionali e dell’inagibilità del ponte di Pinzano, l’armata russa dovette sostare nell’alta pianura friulana, sulla riva sinistra del fiume, in attesa del miglioramento delle condizioni atmosferiche. La sosta durò 10 giorni. Così racconta la vicenda un cronista del tempo, don Biagio Leoncini della parrocchia di Osoppo2:”[…] Passò per Osoppo l’armata moscovita per agire contro i francesi e cacciarli dall’Italia. Dovevano solo passare ma avvenne una grande “montana” per cui il ponte di Pinzano rimase interrotto e perciò l’armata moscovita dovette sostare […]. L’armata contava 24.000 uomini tra fanteria e cavalleria. La cavalleria era composta di 6.000 cosacchi, gente per lo più stupida ma fiera e che arrecò molti danni dove era l’alloggi. […] Essendo in Osoppo i magazzini del formaggio e del pane, i russi dovevano fermarsi a prendere l’una e l’altra cosa per poi proseguire il viaggio, ma la piena del Tagliamento impedì il passaggio; qui per dieci giorni continui acquartierò la cavalleria cosacca e un po’ di fanteria. Si dovette noi mantenere i cosacchi e non intendendo il loro parlare, succedeva grande confusione, timore e spavento essendo per istinto ladri. Per maggior disgrazia e malanno pioveva sempre […] Povera Osoppo, quanto hai sofferto e quanto ancora dovrai soffrire! […] La cavalleria cosacca, calmucchi con barba lunga, con lancia e stocco lungo e pistole e spade e carabine. Vestiti quasi alla turca, [la cavalleria cosacca] arrecò danni e spasmi. […] Per buona sorte che i cosacchi facevano quaresima secondo il rito greco-ortodosso, altrimenti distruggevano tutto. […] Sono amanti della polenta e dei fagioli, sono di natura forte, specie la cavalleria dalla barba lunga che stavano con la testa scoperta nella grande piazza, ma hanno della bestialità […] I cosacchi furono un vero flagello ai poveri abitanti, gente fiera e bestiale... Però oh che guai!”. · Il secondo precedente, molto più vicino a noi, occorse verso la fine della I guerra mondiale, nel 1917 sino al 1918. Questa volta, i russi, tra i quali molti cosacchi, vennero in Carnia in circostanze del tutto diverse da quelle dei loro predecessori di 118 anni prima. Si trattava infatti di prigionieri catturati dagli austroungarici sul fronte orientale. Questi prigionieri, di imprecisata entità, erano stati trasferiti in Carnia dal Comando Imperiale Austro-ungarico, ed ivi addetti ai più umili ed abbietti servizi. Questi disgraziati, affamati, privi di razioni alimentari, furono un vero flagello specie al momento della semina perché spinti dalla fame, scavavano nei campi per nutrirsi delle sementi di granturco e patate. Dissotterravano perfino le carogne di animali, frugavano tra gli escrementi dei cavalli per raccattare qualche grano di avena, divoravano le parti delle zucche che i contadini locali buttavano nel letamaio.3 · Quella del 1944-45 fu quindi la terza esperienza, la più estesa nel tempo (durò nove mesi) e la più pesante. Fu anch’essa, come la prima, costellata di ruberie, sequestri di beni, soprusi, violenze, che i carnici ebbero a sopportare da questa gente venuta dall’angolo estremo dell’Europa orientale, ai confini con l’Asia. Ma chi erano questi cosacchi o, come molti li indicavano, questi mongoli?
Origini e sviluppo del mondo cosacco. I kazaki (eredi dei tartari musulmani). Secondo una versione non ancora confermata ma verosimile, “cosacco” è la traslitterazione del termine “kazak”, di origine uralo-altaica (famiglia linguistica eurasiatica che comprende le lingue mongola, turca, finnica ed ungherese la cui evoluzione da un unico ceppo è ancora incerta). Essa significa “nomade”, “vagabondo” ed in effetti i primi kazaki furono i tartari dell’Orda d’Oro che nel XIII sec. irruppero in Europa conquistando la Russia meridionale e l’Ukraina ed imponendo tributi annuali ai Principi di Mosca e di Kiev. Nel XV sec., l’effimero impero tartaro si dissolse come nebbia al sole, frantumandosi in una serie di kanati, piccoli stati feudali che i Principi e poi gli Zar di Mosca gradualmente conquistarono e “slavizzarono” nei secoli successivi, senza peraltro riuscire a convertirli al Cristianesimo. Questi tartari, non molto numerosi, avevano a disposizione un territorio immenso4, dal Mar Caspio al Mar Nero, non praticavano l’agricoltura, erano guerrieri e preferivano, come era loro abitudine nelle loro terre originarie, dedicarsi all’allevamento ed al pascolo. Si accampavano in un’area, ne sfruttavano le risorse foraggiere fino al loro esaurimento poi migravano in una diversa area ripetendo il processo ciclico continuamente. In altre parole, il loro nomadismo era funzionale al reperimento ed al consumo del foraggio, là dove era disponibile. Questa sembra essere l’origine del termine kazak, nomade appunto, che ha dato nome tra l’altro all’attuale repubblica del Kazakistan. I cosacchi (russi ortodossi). Nel XIV, XV e XVI sec., lungo il corso inferiore dei fiumi Dnepr e Don, si andarono formando altri gruppi nomadi, in questo caso di etnia russa... Questi gruppi erano formati da servi della gleba5 fuggiti dalla condizione di duro servaggio imposta loro dai grossi proprietari terrieri Polacco-Lituani6 e Russi. In quelle vaste distese pressoché disabitate, questi gruppi adottarono il modo di vivere dei kazaki praticando l’allevamento e il nomadismo. Diventati sempre più numerosi, essi finirono per scontrarsi con i kazaki tartari che nel corso di due secoli furono costretti a ritirarsi sempre più ad oriente arroccandosi infine nell’area caucasica. Gli attuali abitanti del Dagestan, dell’Ingusazia, della Cecenia e dell’Ossezia ne sono i diretti discendenti. Nel corso della loro espansione verso Est, i cosacchi del Don lasciarono un presidio nell’area del fiume Kuban che diede vita alla comunità dei cosacchi del Kuban. Analogo presidio fu lasciato nel bacino del fiume Terek ed in modo simile si formò la comunità dei cosacchi del Terek.
Organizzazione sociale dei cosacchi. Con il trascorrere del tempo, il nomadismo si attenuò ed i cosacchi divennero sempre più stanziali vivendo in villaggi (stanitza), e comprensori rurali di più villaggi (voloist). Il modello socio-politico da essi attuato, era una novità rilevante in un’Europa dominata da regimi assolutisti, Infatti, nelle terre cosacche si praticava un modello di società democratica, forse rozzo nella forma, ma reale e funzionante nella sostanza. Le cariche erano infatti elettive e gli elettori erano i componenti dell’assemblea (rada) della comunità ai vari livelli amministrativi: villaggio (stanitza) comprensorio di villaggi (voloist), l’intera regione-comunità (oblast). Premesso che le comunità cosacche avevano carattere militare (tutti i maschi erano guerrieri), l’assemblea di villaggio eleggeva il suo capo militare (atamano); procedura analoga era adottata per l’elezione del capo militare del comprensorio di più villaggi. Infine, al vertice, l’assemblea della comunità eleggeva il capo militare, Atamano, che aveva giurisdizione sull’intera comunità. Le cariche avevano durata annuale. Nel XVIII sec., la Zarina Caterina II modificò il sistema ed impose dall’alto la nomina degli Atamani delle varie comunità, ulteriore garanzia della loro fedeltà. Rimasero elettive le cariche degli Atamani dei livelli inferiori.
I rapporti tra cosacchi e Potere Centrale (Mosca, Pietroburgo e ancora Mosca). Labili fino al XVI sec., questi rapporti divennero sempre più stretti e man mano che l’Impero si espandeva verso sud, a più stretto contatto con il mondo dei cosacchi. Gli Zar usarono inizialmente queste comunità cosacche, irrequiete ed insofferenti, affidando loro la responsabilità del controllo e della difesa dei confini meridionali dell’Impero minacciati dalle scorrerie di tartari dal Caucaso e di altre comunità islamiche della Crimea alleate con l’Impero Ottomano. Lo Zar voleva la fedeltà dei cosacchi ed il loro inquadramento nell’esercito zarista mentre i cosacchi subordinavano la loro fedeltà alla concessione di privilegi ed autonomia. Nel tempo, si arrivò ad un compromesso: i cosacchi accettarono di servire nell’esercito per 18 anni, in cambio del mantenimento di gran parte dell’autonomia di cui avevano sempre goduto. Fu anche loro riconosciuto il possesso di due terzi delle terre da essi occupate. Un Reggimento di cavalleria cosacca fu trasferito, da Pietro il Grande, a Mosca e divenne il Reggimento delle Guardie d’onore dello Zar. Altri se ne aggiunsero con il tempo. Con il trascorre del tempo, nel XVII sec., Caterina II elargì agli Ufficiali cosacchi più meritevoli titoli nobiliari ed onorificenze. L’introduzione degli Atamani e di altri alti Ufficiali a Corte, e nell’aristocrazia, rafforzò i legami tra l’Impero e le autorità cosacche e, per il loro tramite, tra l’Impero e l’intera comunità cosacca. In verità non mancarono anche sporadiche ribellioni, la più pericolosa delle quali fu quella guidata dal cosacco ucraino Pugacev (1774-75), tutte duramente represse. Con l’avvento della rivoluzione russa e la susseguente guerra civile, gran parte dei cosacchi si schierarono con le Armate Bianche7 controrivoluzionarie, mentre le frange cosacche più a Nord, più vicine all’influenza dei centri di potere sovietico, combatterono a fianco dell’Armata Rossa. Con la vittoria delle forze rivoluzionarie, bolsceviche, parecchie decine di migliaia di cosacchi che avevano combattuto a fianco dei Bianchi, riuscirono a raggiungere i porti di Odessa e Sebastopoli e furono evacuati in Grecia da navi inglesi e francesi. Da qui, finirono esuli in Francia, Germania, e Paesi balcanici slavofoni (Juogoslavia e Bulgaria). La diaspora si estese anche alle Americhe, alcuni ripararono nell’America del Nord . Con la stabilizzazione ed il rafforzamento del regime sovietico furono definitivamente soppressi privilegi ed autonomia dei cosacchi .
La penetrazione dei cosacchi in Siberia. Furono i cosacchi, incoraggiati dagli Zar, ad iniziare nel XVI sec. la esplorazione e la presa di possesso della Siberia. Dopo più di un secolo, agli inizi del XVIII sec., giunsero sulle coste occidentali dell’Oceano Pacifico. Lo Zar Pietro il Grande ricorse allora ad un cartografo danese per confermare i dati forniti dai cosacchi sulla presenza di un “mare” che separava l’Asia dal continente americano. Si chiamava Vitus Johansen Bering e da lui prese il nome l’omonimo Stretto. Nel loro progressivo procedere in Siberia, i cosacchi del Don diedero vita ad altre comunità cosacche miste, russi e locali, con compiti di presidio del confine meridionale dei territori conquistati, fino al Pacifico. Queste nuove comunità furono otto e si aggiunsero alle preesistenti tre europee (Don, Kuban e Terek). Di seguito, è indicata la denominazione assunta dalle nuove comunità: cosacchi dell’Astrakan, degli Urali, di Orenburg, della Siberia, dei Sette Fiumi, del Transbajkalia, dell’Amur e dell’Ussuri.
Formazione dell’Armata cosacca di Krassnov nel secondo conflitto mondiale. Quando le truppe tedesche, nel 1941-42, superata l’Ukraina, penetrarono nei territori cosacchi e caucasici, furono accolte come liberatrici dalle comunità cosacche e da quelle caucasiche, le quali contavano su una ormai certa sconfitta del regime sovietico e quindi su un ripristino degli antichi privilegi ed autonomia. In questa prospettiva si formò una milizia cosacca sotto il comando dell’Atamano Pavlov8 e dell’allora Magg. Domanov, che sembra fosse un disertore dell’Armata Rossa. Si trattava di volontari anziani o giovanissimi9, privi di qualsiasi addestramento, cui i tedeschi diedero vecchie armi, bottino di guerra. Per ragioni analoghe, anche i caucasici organizzarono una formazione militare di volontari agli ordini di Sultan Ghirey. Esse erano destinate, per volontà dei loro organizzatori a collaborare con la Wehrmacht10 contro il Regime Sovietico. Queste milizie, forti di poche migliaia di uomini, quando l’Armata Rossa si riprese e sferrò la controffensiva sul fronte meridionale, con al seguito alcune famiglie di Ufficiali, furono costrette a ritirarsi prima in Ucraina e poi in Bielorussia ove rimasero per circa un anno, vivendo in villaggi dai quali erano stati cacciati gli abitanti. Nel frattempo si erano rafforzate con l’immissione di molti giovani cosacchi e caucasici reclutati nei campi di prigionia tedeschi fino a raggiungere la consistenza di circa 18-20.000 uomini. Durante questo periodo, queste milizie cosacche furono impiegate in attività antiguerriglia contro partigiani comunisti. Nella primavera del 1944, dovettero trasferirsi in Polonia a causa dell’avvicinarsi del fronte ed infine raggiungere Vienna per poi essere trasferite in Friuli nel periodo 20 luglio – 10 agosto 1944. Contestualmente al ripiegamento dei militari cosacchi dal settore minacciato dall’avanzata sovietica, anche molti civili, pare non meno di 10-12.000 persone, vecchi, donne e bambini, timorosi delle scontate ritorsioni dei sovietici per l’accoglienza festosa riservata all’invasore tedesco, furono evacuati e trasferiti in Ucraina, e poi Romania, Ungheria in relazione all’arretramento del fronte fino a raggiungere Vienna nel luglio del 1944 I due gruppi, quindi, militari e civili, partendo dalle loro terre e percorrendo itinerari molto diversi e separati, si incontrarono a Vienna proseguendo poi insieme verso il Friuli. I reparti militari furono destinati, per la gran parte, a presidio della Carnia, i cosacchi di Krassnov nella parte meridionale, i caucasici di Sultan Ghirey nella parte settentrionale. Una quota minore, invece, fu schierata sulle Prealpi Giulie per contrastare la pressione delle formazioni partigiane jugoslave. La massa dei rifugiati civili, invece, trovò sistemazione nei paesi allo sbocco del Tagliamento in pianura, nei Comuni di Gemona, Osoppo, Spilimbergo, Cordenons, Maniago, S. Giorgio della Richinvelda, Buja, San Daniele, Majano etc. Per inciso, alcuni civili, 150-200 circa, tra cui molte famiglie, furono trasferiti a Spert e Farra, due paesi dell’Alpago (BL) e furono adibiti a lavori forestali nei boschi del Cansiglio. Inseriti nell’organizzazione Todt, concorrevano all’approvvigionamento di tronchi e legname vario da inviare, per ferrovia, altrove per le esigenze della Wehrmacht. Un altro gruppo di analoga consistenza era stato invece inviato ad Arsiè di Feltre (BL) per lavori di fortificazioni campali in zona, parte del progettato ridotto alpino che si dimostrò nei fatti inutile a causa del precipitare degli eventi politico-militari (resa delle truppe tedesche in Italia, 29 aprile 1945) Entrambi i gruppi furono allora lasciati liberi di riunirsi alla comunità cosacca in Carnia seguendone quindi il destino. Furono visti transitare da Lorenzago, sui loro carriaggi, diretti al Passo Mauria nei giorni 17-18-20 di aprile 1945.
Attuale situazione dei cosacchi in Russia. Dopo la caduta del regime sovietico, c’è stata, ed è tuttora in atto una certa apertura nei confronti delle comunità cosacche e delle loro tradizioni per quanto permangano diffidenze e polemiche per quanto riguarda l’atteggiamento di gran parte di queste comunità assunto nel corso del secondo conflitto mondiale e cioè l’essersi schierate a fianco della Germania nazista contro l’Urss. La recente erezione di un monumento all’Atamano Krassnov, completata nell’agosto 2007, ha acceso un vivace dibattito nell’opinione pubblica russa sull’opportunità dell’iniziativa. Una parte critica il monumento e chiede l’intervento delle Autorità perché sia rimosso. La parte favorevole alla memoria dell’Atamano sostiene invece che Krassnov ha sempre lottato sin dal 1918 contro il regime sovietico, mai contro la Russia, e come tale va onorato. Il monumento è stato eretto nella località di Elanskaya, sulla riva di un’ansa del Don, vicino al Museo a cielo aperto dedicato a Michail Sholokov, autore de “Il Placido Don”11.
NOTE:
1 - Napoleone, non ancora Imperatore, era impegnato in quel periodo in Egitto in una spedizione contro i Mammalucchi. 2 - “I cosacchi in Friuli 1799 e 1944-45” di Antonio Faleschini in “Avanti cul Brun”, 1951, Udine, pp. 135-139. 3 - “Notizie storiche della Carnia”, di Pio Paschini, 1928, p. 175. Tolmezzo 4 - Il territorio, che comprendeva anche il corso inferiore del fiume Don aveva una superficie di poco inferiore alla attuale Francia, con una densità demografica molto bassa. Si pensi che nel 1940-41, la popolazione non superava i 5 milioni. 5 - I servi della gleba erano proprietà del padrone della terra, facevano un tutt’uno con essa. Era una forma di schiavitù. Furono ufficialmente affrancati da questa condizione solo nel 1861 con un decreto imperiale dello Zar Alassandro II. 6 - Vi fu un periodo (metà del XVI sec). in cui il Regno Polacco-Lituano degli Jagelloni inglobava anche l’Ukraina. 7 - Anche il Gen. Pjotr Krassnov, Atamano del Don, militò con la sua Divisione delle forze antirivoluzionarie del Gen. Anton, Denikin sul fronte meridionale. Lo ritroveremo in Carnia 23 anni dopo. 8 - L’Atamano Pavlov rimase misteriosamente ucciso in uno scontro con partigiani in Bielorussia nella primavera 1944, prima del trasferimento dei cosacchi in Friuli. Gli subentrò Domanov nel frattempo promosso Colonnello. 9 - La fascia intermedia era stata chiamata, fin dal 1941, a servire nell’Armata Rossa . 10 - Hitler era fortemente contrario all’impiego di truppe russe della cui fedeltà diffidava. Solo alla fine del 1943 consentì il loro utilizzo caldeggiato invece da Alfred Rosenberg, Ministro dei territori occupati dell’Europa Orientale. 11 - In allegato due recenti immagini, una del monumento ed una del fiume Don presso il quale è collocato. |