BUCHENWALDT   -   Capitolo 9

INDICE  "BUCHENWALDT"

 

L'incubo si dissolve

Con lo scemare a vista d’occhio delle riserve alimentari il furore dei prigionieri aumentava e si era giunti ad ammazzare gli animali per utilizzarne solo una minima parte, quella più pregiata perchè sembrava che la fame avesse d’un tratto ceduto il posto alla raffinatezza. Ritornò un pò d’ordine con la partenza degli orientali in seguito a una provvisoria linea di demarcazione. Soltanto allora il mio gruppo potè alloggiare in locali civili e, come d’incanto, riapparvero i pochi abitanti del paese; donne nella maggior parte. Questi furono visti con simpatia: Alle donne in particolare vennero rivolte particolari attenzioni, come se tutti i propositi di vendetta covati durante la prigionia fossero svaniti. Il comportamento dei prigionieri divenne educato, quasi galante, teso non a forzare ma ad ottenere la naturale accondiscendenza delle donne. Molte cose sembravano definitivamente dimenticate.

Il paese della loro provvisoria residenza distava una ventina di chilometri da una cittadina chiamata Halle dove, si sapeva, alcuni prigionieri disponevano di una riserva di tabacco trovato sui merci di una stazione distrutta. Mancavano invece di viveri e quindi, con essi, venne stabilito una specie di rapporto commerciale. Il primo affare consistette nel baratto di un bovino per tre o quattro pacchetti di tabacco. Lo scambio si era svolto nel paese e, poichè a Erfurth esso si sarebbe dimostrato molto più vantaggioso, Sergio che si era un pò rimesso dai suoi malanni, si recò là. Doveva consegnare una mucca ad un ex prigioniero veronese ma le cose andarono invece diversamente da come aveva sperato: Venne catturato dalle guardie civiche tedesche istituite dal comando americano e della cui esistenza nessuno era a conoscenza. Fu rinchiuso in prigione e io, per evitargli una nuova agonia, dovetti recarmi a piedi in città ogni due giorni per integrargli la scarsa razione di viveri che veniva passata all’amico.

Alla fine di maggio i prigionieri vennero consegnati alle persone preposte al rimpatrio. Salutati dalla popolazione, con la quale i giovani avevano fraternizzato a tal punto da lasciare le ragazze con le lacrime agli occhi, partimmo in treno alla volta di un campo contumaciale nelle vicinanze di Norimberga. Qui fummo sottoposti a visite mediche, iniezioni e venne compilata per ciascuno una cartella clinica da consegnare al proprio rientro in patria.

Una decina di giorni dopo arrivammo a Klaghenfurth su autocarri americani guidati da spericolati autisti di colore e quindi in treno a Bolzano dove giungemmo il 13 giugno, giorno di 5. Antonio. Ormai eravamo in patria e l’incubo di Buchenwald era dissolto. Forse per la prima volta potevamo smetterla di considerarci “prigionieri”, uomini senza meta, senza diritti, sottoposti a ogni arbitrio, moralmente e fisicamente ridotti a fantasmi.

Raggiunsi Udine con una corriere della POA e da qui mi portai a Tricesimo in tram. Più mi avvicinavo a casa e più nel mio animo due sentimenti opposti cercavano di prevalere uno sull’altro: la felicità per il rientro e il timore di non trovare tutti coloro che avevo lasciato. Dal giorno della partenza, le uniche notizie avute sul mio paese, erano di scontri tra tedeschi, cosacchi e partigiani. L’incontro di un paesano, a Tricesimo, non valse a rasserenarmi. Il suo saluto fu quasi freddo e nessuna risposta venne all’interrogativo che si sarebbe dovuto leggere sul mio volto.

Giunto in paese mi diressi verso l’abitazione di un amico; non me la sentivo di andare subito a casa: avevo bisogno di sapere. Questi, non appena mi vide, mi corse incontro sorridendo e, dopo un abbraccio fraterno mi disse che a casa stavano tutti bene anche se erano tristi per me che mancavo e della cui sorte nulla avevano potuto sapere per tutto quel tempo. Avevano setacciato da cima a fondo ogni treno che tornava dalla Germania e mia madre non aveva dato pace a nessuno. Ormai, dei campi di sterminio ne sapevano quasi più loro, che erano a casa.

I nomi di coloro che non sarebbero più tornati avevano diffuso la notizia di quell’orrore. Io ero uno dei pochi che avrebbe potuto parlarne di persona. Impossibile descrivere l’incontro con la mia famiglia quando l’amico mi fece scendere dalla motocicletta proprio sulla soglia di casa.

 

INDICE  "BUCHENWALDT"