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Lo studio della storia attraverso le fonti

di Rudi Fasiolo

   

Lo studio della storia attraverso le fonti, attraverso i documenti, è un’attività che riproduce l’attività dello storico e che richiama la pratica dell’investigatore. Ricostruire una trama riordinando i fili che la compongono, avvicinare e  unire i pezzi del puzzle per comporre l’immagine compiuta è un esercizio creativo che si confonde con il gioco e che coinvolge emotivamente. Non solo ma anche per questo,  l’insegnamento della storia, secondo un indirizzo didattico ormai diffuso, si serve di documenti e cerca a partire da essi di ricostruire il quadro storico. Quando poi quei documenti appartengono alla storia del proprio territorio i motivi di interesse aumentano.

E’ a partire da queste premesse che al Liceo Scientifico “L. Magrini” di Gemona del Friuli sono state realizzate numerose ricerche e indagini  storiche sul territorio. Un esempio di questi lavori, seppur limitato nelle sue dimensioni, ha visto impegnati gli allievi bujesi Fabiana Durisotti, Lorenzo Molinaro e Luca Rizzi che hanno analizzato, dopo aver curato la loro trascrizione, cinque articoli apparsi nei mesi di luglio, agosto e settembre 1946 sulla prima pagina de Il Lunedì, un foglio settimanale di politica e cultura pubblicato a Udine tra il 1945 e il 1947. La firma è quella di un diciannovenne bujese, autore di altri interventi sullo stesso giornale, uno dei fondatori nell’estate del 1944  dell’”Accademia Bujense degli Accesi”: Giovanni Ragagnin, (1926-2003). Per Giuan (come lo chiamavano in paese), così come per i suoi coetanei e per l’intera società friulana e italiana, erano mesi difficili ma di grande fervore e intensità politica e culturale. La fine della guerra e la guadagnata libertà portavano con sé  una grande spinta all’impegno e alla partecipazione per la costruzione di una società e di uno stato nuovi.  Giovanni Ragagnin lo faceva soprattutto attraverso la scrittura, una sua grande passione che coltivò per tutta la vita e che lo vide autore di molti interventi su fogli locali come Il Popolo del Friuli, Il Piccolo di Trieste e il Messaggero Veneto, ma anche protagonista di un interessante percorso letterario che porterà  alla pubblicazione di Rattle! (1974),  A Pla Tà (1994), Vibrido (1998) e, postumo, Il tipo (2004).

I cinque articoli apparsi su Il Lunedì a partire dal 29 luglio del 1946 e che qui vengono riproposti integralmente, raccontano un avvenimento di portata nazionale che aveva visto coinvolti, venti anni prima, nel novembre del 1925 (Giovanni Ragagnin non era ancora nato), un consistente gruppo di bujesi. Si trattava del primo attentato all’allora capo del Governo e del Fascismo  Benito Mussolini, passato alla storia come Attentato Zaniboni,  dal nome del protagonista più conosciuto tra gli organizzatori dell’attentato: il deputato socialista Tito Zaniboni. Ma lasciamo alla ricostruzione di Giovanni Ragagnin il compito di entrare nel vivo di quelle convulse giornate. Noi ci limitiamo ad aggiungere che, sulla base delle informazioni di documenti d’archivio, la gran parte delle notizie riportate negli articoli sono precise e corrette; esse derivano quasi sicuramente dal resoconto che Ursella Angelo  (Agnulùt di Mont) in incontri e colloqui di quel periodo può avere consegnato a Giuan, ciò è dimostrato dal fatto che, soprattutto nella parte finale, l’Ursella sembra divenire l’unico vero e proprio protagonista.   Le vicende relative all’attentato vengono ricostruite nei loro aspetti fondamentali e, inevitabilmente, alcuni particolari finiscono per essere trascurati, alcune persone tralasciate. Tra queste meritano una citazione almeno i bujesi che, assieme a Zaniboni e al generale Capello, vennero processati e in parte condannati dal Tribunale Speciale (in realtà è doveroso aggiungere che i bujesi coinvolti in quella vicenda furono molti di più e in vari modi pagarono un prezzo anche alto per la loro partecipazione a quell’attentato): Nicoloso Ferruccio (condannato a 10 anni), Calligaro Luigi (10 anni), Celotti Ezio (assolto), Ursella   Angelo (30 anni), Calligaro Angelo (4 mesi).