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di Licio Damiani

 

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Ricordo una visita nella villa di Buja di Pietro Giampaoli, diversi anni fa, compiuta insieme al presidente del Fogolâr di Roma Adriano Degano.

Giampaoli, la figura piccola e vivace, il volto ombreggiato da baffetti, gli occhi acuti e mobilissimi, l'espressione mitteleuropea, mostrava con discrezione, quasi timidamente, le opere sparse un po' dovunque: medaglie, targhe, abbozzi di piccoli bassorilievi. Mi rimase impressa una figura femminile di profilo (il ritratto della moglie), incisa con un fluire armonioso e modulato di linee, un modellato di grazia e armonia rinascimentale come reinventata dalla memoria, calata da un sogno a rendere bella la realtà quotidiana. Fu Tunica occasione che ebbi di conoscere di persona il maggior artista della grande tradizione medaglistica di Buja.

Nato nel 1898 a Urbignacco da una modesta famiglia artigiana (il padre faceva il falegname), Pietro Giampaoli visse, come tanti friulani, l'esperienza dell'emigrazione.

Svernando in paese fra una stagione e l'altra, aiutava il padre nella bottega. Richiamato alle armi durante la prima guerra mondiale, cadde prigioniero sul Grappa in mano agli austriaci. Da un compagno di prigionia, russo, imparò a incidere i metalli. Riuscì poi fortunosamente a fuggire dal campo di concentramento e riprese il servizio militare a Milano.

E fu proprio nel capoluogo lombardo che la scoperta delle oreficerie e del medagliere del Castello Sforzesco lo indusse a prendere coscienza della propria vocazione. Si iscrisse così all'Accademia di Brera, facendosi assumere nello stesso tempo, per guadagnarsi da vivere, nelle officine medaglistiche Johnson.

Ottenuto il diploma nel 1924, anno in cui vinse anche il premio per il cesello, si trasferì a Roma con la famiglia. E a Roma ha posto radici, pur mantenendo i legami con i luoghi d'origine.

Nella capitale, i primi anni, conduceva vita difficile e stentata. I successi iniziali gli vennero da una personale a Palazzo Doria e dalla partecipazione alla Biennale veneziana del 1928, dove fu presente con sculture e medaglie. Ormai affermato, nel 1937 assunse l'incarico di capo incisore alla Zecca di Stato, per la quale realizzò alcune delle sue opere più significative. Partecipò anche a numerose mostre, fra le quali vanno ricordate le esposizioni mondiali di Washington, Madrid, Parigi, e Praga, e svolse opera di consulenza e collaborazione per le Zecche di diversi paesi europei, asiatici, e africani, imprimendo ovunque il segno di una formazione classica, legata tuttavia a motivi di attualità. Lavorò anche per la Santa Sede, nel periodo compreso fra il papato di Pio XI e i primi anni di Paolo VI. Particolarmente interessanti le sue medaglie commemorative del viaggio di papa Giovanni XXIII a Loreto e ad Assisi.

Nel contempo, modellava medaglie con i ritratti di personaggi della storia friulana e di protagonisti della storia europea. Tra i primi va ricordata la medaglia dedicata al poeta Pietro Zorutti, conservata nella Galleria numismatica del Museo civico d'arte moderna di Udine, di una icasticità fortemente realista, secondo un gusto di ottocentesco naturalismo. Tra i secondi va segnalato il ritratto del presidente cinese Chang Kai Shek é della moglie, in cui le misure di una tradizione di luminosità latina si inserisce in modulazioni esotiche.

Nella medaglistica, che tradusse con esiti molto felici l'originaria esperienza di cesellatore di Giampaoli, l'artista di Buja espresse, infatti, la nostalgia per la smagliante cultura quattrocentesca recuperata con sottile, vago lirismo e resa con linearismo fitto, ma ordinato e armonioso, netto e argentino.

Un piccolo gioiello è la moneta da 500 lire dello Stato italiano, modellata nel 1960, che porta sul retro un profilo femminile di fluido nitore pollaiolesco, mentre la galea fiancheggiata dalle due imbarcazioni più piccole, sul fronte, è resa con uno svettare di vele e di bandiere di ampio respiro, pur nella limitatezza delle dimensioni, A modello del profilo femminile Giampaoli prese ancora la moglie, poeticamente idealizzata.

Con quella moneta - autentico gioiello - l'artista siglò un periodo particolarmente felice della storia recente italiana, quella della crescita economica e sociale. Fu, insomma, la moneta che diede dimensioni visive alla stagione, un po' magica, del «miracolo economico».

Giampaoli realizzò anche sculture a tutto tondo. In esse il modellato plastico ha una luminosità incantata ed è concluso sempre entro un perfetto equilibrio di piani. Decisa e approfondita, nei personaggi ritratti, risulta la caratterizzazione psicologica, ottenuta con castigata povertà di mezzi. Un artista «forte e gentile», dunque, Giampaoli, capace di trasformare un «humus» ereditato dal passato in linguaggio di accattivante contemporaneità.