Le sette allegrezze della Madonna di Andreina Nicoloso Ciceri | |
Dagli inizi del Seicento la Repubblica di Venezia diede avvio al censimento dei beni comunali in Friuli, distinguendo (1) quelli di libero uso per il pascolo da quelli a carattere patrimoniale: non solo per reconfinare, regolamentare, combattere gli usurpi, ma per introitare denaro dalla vendita degli stessi. Ciò mise in essere una dinamica economica, ed anche sociale, di grande portata. La vendita avveniva col sistema dell'asta. I Comuni avevano diritto di prelazione, ma dovevano entro otto giorni dalla deliberazione versare l'importo in Cecca (2), in cassa del Proveditor sopra i Ori, et Argenti in valuta corrente, perché poi gli sarà fatto l'istromento d'acquisto dal Magistrato medemo (3). L'acquirente, a sue spese, doveva far poner li suoi confini, con un termine (4) di pietra, et separati con fossi, ò siepi e anco far disegno (5) di essi beni. Ebbene, il 9 dicembre 1647, i Providitori sopra li beni Communali in essecutione della parte dell'Eccellentissimo Senato di 26 Genaro 1646: per ragione di proprio, et in perpetuo hanno dato, venduto, et alienato al Commun, et homeni di Buia [... ] campi trecento quaranta cinque di ben Communale (6)... Il Comune di Buja tuttavia non disponeva della somma necessaria e dovette accendere un livello coi Signori Elti di Gemona: 1647 Adi 21 Xbre-Il Comune, ed Uomini della Villa di Buja si sono oggi constituiti pagarmi ogn'anno di livello (7) al Santissimo Natale di Nostro Signore per il Capital di Ducati 4900 in raggion di 7 per 100 val L. 2126: 12 (8)... Così, di anno in anno, si annota che un rappresentante del Comune di Buja versa a Casa Elti il prò, cioè gli interessi di detta somma: nel 1648 lo fa Mattia del Savio Degano, nel 1649 Francesco Madusso Degano (il 1650 manca nel manoscritto), nel 1651 Domenico Comoretto Massaro, nel 1652 Antonio Tonino Massaro, nel 1653 Batta Piamonte Massaro, nel 1654 Zuan Forte Massaro, nel 1655 Zuan Cullauto Massaro. Ma, nel 1656, scadendo il termine di anni 5 per la francazione, il Comune non si trovò nelle condizioni di pagare, né lo erano Rodeano e Rivis d'Arcano (dovevano insieme D. ti 7000):... stimando noi in quel corso di tempo di far equivalenti avanzi con li frutti da medesimi beni Comunali, ma perché semo stati nella nostra credenza defraudati dalla sterilità d'essi beni nel corso stabbilito non havemo potuto arrivar alVingionta francazione (9)... Riunite le Vicinie dei rispettivi Comuni, fu rivolta domanda alla Autorità per potersi francare con la rinuncia ai beni. Il Luogotenente inviò a fare sopralluogo il Pubblico Perito di Udine Mattia Cittareo, il quale dichiarò che non erano state fatte migliorie; pertanto il prezzo di cessione dei Comunali fu lo stesso dell'importare del livello: il Comune, ed Uomini di Buja in francazione del sud. to Capitale di D. ti 4900 ci hanno rennonciato la settima parte de Beni Comunali, che sono Campi 345 a misura Travisana (10). In più gli Elti si tennero gli interessi già versati, dovendo però rimborsare i meglioramenti, cioè il lavoro per i fossi confinari (passi n. 5260 a soldi 6 e 1/2 al passo), oltre alle spese di perticazione e dell'istromento d'acquisto. I beni Comunali così acquisiti comprendevano il gran fillone (detto anche gran unione) di Saletto, diviso in 15 Prese, o pezzi, ed altri terreni comunali per un totale di 23 pezzi: Palluduzzo, Miria (11), Prato Longo, Salt, Agar, Tonzolan, Almacho, Campo di Sotto, Palchiaria (12), Collo delle Forche, Boschutto, Spiedulis, Quel Villan (13)... Gli Elti, del resto, erano presenti con acquisti di terreni fin dal secolo precedente: nel 1565 Zorzi Helt comprò un prato da Mattia Barachin, ed altro da Andrea Schiappin (14). Questo lavoro, peraltro, non ha l'intendimento di esaurire il tema, ma soltanto di illustrare quanto emerge dall'analisi di un grosso fascicolo di manoscritti che porta questo titolo: Per la General Vicinia di Buja con li Nobb. i Signori Coo: Helti di Gemona-Processo B. Ed ancora, all'interno: Copia tratta da un libro longo coperto di corame stato depositato in questa Cancelleria di Buja con altre carte dalli Nobb. SSri Coo: Giuseppe e Consorti Elti di Gemona sulle istanze, e ricerche della General Vicinia di questo Loco di Buja esecutivamente a Lettere Avogaresche di Venezia ottenute, e replicatamente a favore di detta General Vicinia (15)... Le date dei vari documenti ci portano dall'acquisizione dei Comunali fino al 1744, quando leggiamo annotazioni come questa: 1744 adi 4 Maggio-Habbiamo [... ] Noi Giuseppe, e Fratelli qm Marc'Antonio, Riccardo, ed Onorio qm Riccardo, et Giorgio, e Riccardo qm Riccardo qm Gio: Cornelio tutti Helti datto a livello francabile a Pietro qm Gio: Batta Savio, ed Anna natta Pezzetta di lui moglie del Borgo di Tomba di Buja D. ti 100 di L. 6: 4 in raggion di 5 per cento, tratti dalla francazione del Comune di Osoppo [... ] coll'obbligo di pagare [.... ] al Mansionario della Mansionaria di Casa in contadi L. 31: -. Et ciò sopra tutti li loro Beni [... ], essendo inoltre costituiti piezzi (16) Angelo qm Gio: Batta Pezzetta [... ] Nicolò figlio di Gio: Batta Tonino del Borgo dl0rsinins piccolo... Ora senza voler fare la storia della Famiglia Elti (17), bisognerà spendere qualche parola al riguardo, per meglio illuminare questo «quadro»: gli Elti si fanno risalire ad un Corrado Helt von Hangelsheim, castello a tre leghe da Egdemburg. In Friuli sarebbero venuti nel sec. XV per motivi commerciali, essendo Gemona un centro importante di sosta per il flusso dei traffici. Avrebbero abitato in piazza fino al terremoto del 1511, che distrusse la loro abitazione; dopo, ser Andrea Helt acquistò le case dei nobili Cramis. Ci soffermeremo sul personaggio centrale, del tempo e delle faccende di cui ci occupiamo: Riccardo Elti (1621-1693). Sposò Antea Locatelli (da cui Giorgio), ma, rimasto vedovo, si risposò nel 1655 con Santa Caiselli (da cui Riccardo, Giovanni, Marc'Antonio). Abbellii le sue case in Gemona, murò volti e sottoportici, creò un cavalcavia per raggiungere altre sue costruzioni posteriori; nel 1688 fece edificare la cappella di famiglia creando una Mansioneria; col fratello molto contribuì alle opere del Duomo di Gemona (18). Accrebbe continuamente il patrimonio ed ottenne, nel 1678, la concessione del titolo comitale di secondo grado, annesso alle proprietà di Rodeano. Ovviamente pagando (pare D. ti 2000 e l'omaggio di 4 pernici all'anno) (19): Venezia, infatti, 'nobilitava' le capacità imprenditoriali sia per bisogno di denaro in momenti di guerra, sia perché la sua era una civiltà a base mercantile, che necessitava di liquidità, mentre nel Friuli d'epoca patriarcale prevaleva una civiltà a tipo militare. Riportiamo un tratto della richiesta da lui rivolta alla Serenissima per ottenere il titolo di conte: Avendo io Riccardo Helti servo, et sudito humilissimo di Vostra Serenità molti beni in Rodeano nella Patria del Friul et per esser la detta Villa redotta in gran scarsezza di habitanti, et pieni di povertà, et miseri suplico devotamente Vostra Serenità di concedere à me, et figli maschi, et descendenti di legitimo matrimonio la Inscritione di detta Villa Civil, et Criminal con l’appellatione all’Eccellentissimo Luogotenente, et il titolo di Conte Offerendo d'infeudar (20) un sedime con una Possessione in un sol pezzo in detta Villa di Campi 100 [... ]. Del 1515 con Duccalli del Serenissimo Antonio Grimani fu scritto all'Ecc. mo Luogotenente Antonio Bono, che per le benemerenze di Antonio Helti mio tuttore, che per non lasciar dar sacco alla Terra di Gemona (ove habbiamo l’onore d'habitare, et servir V. S. tà con frutto del negotio di ferarelle (21), et altre mercantie, che vengono d'allemagnia con sommo avantaggio di Publici Datij, et popolazione di questa Terra), da Christoffaro Frangepani comandante di Massimiliano Imperatore, et mandarla à ferro, et fuocco come già haveva principiato, esborsò ottocento Marche come dalle ducalli istesse, che la mia Casa conserva per fregio d'honore, et benemerentia (22)... Fu proprio Riccardo che accrebbe l'acquisto dei Comunali con altri terreni in Buja, talvolta anche piccoli: allo scopo di requadrar gli appezzamenti (da ciò periodiche riperticazioni dei fondi). Nel 1658 Elti fa una permuta con Padre Zacaria Collauto, diventato piovano di Reana, dandogli terreni in Parchiaria, in luoco vocato Moschiate, e ancora in Parchiaria terre palludive, mentre il Reverendo cede terreni in luoco vocato Spiedulis contiguo a proprietà Elti e prati ed un arativo in Saletto. Nel 1659 permuta campi 16 con Camillo Gastaldis Cancelliere di Buja, dando terreni in loco chiamato la Polvaria della sesta parte acquistata dal Co: Lodovico Manino (da cui anche altri acquisti). Nel 1660 fa permute con i Fratelli Felisi nella Miria di Sopramonte, allo scopo di avere (entrambi) continuità territoriale. Nel 1663 acquista da Sua Serenità, cioè dal Magistrato de' Communali, campi 7 e mezzo cosicché ora fanno in suma di 7ma Campi 352 e 3/4 in Buja unitamente. Nel 1665 acquista da Batta qm Lunardo Guerra un'altro pezzette di terra paludosa in loco detto Polvaria di Tavole 294: la quantità sembra insignificante, ma fa parte di una costante ed accorta strategia di permute. Nel 1666 altra permuta col Gastaldis di terra pascoliva in Palchiaria. Nel 1669 acquista dal Co: Francesco Valvasone detto Corubello campi 21 in loco chiamato Pasco del Colle delle Croci, c. 6 in Tonzelano, c. 10 nel Palludo di Bues. Insomma, sotto il «governo» di Riccardo Elti, il patrimonio della Casa cresce continuamente. Pur nell'aridità dei documenti, par d'intuire che gli stesse particolarmente a cuore la possessione del Saletto. Sono terre non molto buone, tanto che nelle permute ed affittanze sono valutate meno che in altre zone. Vi sono parti paludose, come indica il toponimo (23); altre ingiarate, cioè ghiaiose, con leggera cotica; spesso subiscono allagamenti dai fiumi. Gli stessi prati non sono molto favorevoli al pascolo, perché non sono ben orizzontati, come dicono gli Atti Preparatori del Catasto Austriaco (24) (1826), nei quali si legge: Quella parte, che fu nei tempi a noi più vicini Alveo del Tagliamento è in maggior quantità Prativo, ed una piccola Aratorio Vitato arborato, misto a frequenti spazi intercalari prativi in mezzo alla quale è sittuata la Borgata di Tomba, ed altri Casali circonvicini chiamati Campo. Nelle carte sono citate di frequente le acque, particolarmente la Ledra col suo ponte, e VArgila o Argilato, più tardi Rio Gellàto, ma soprattutto frequentemente è nominato lo Stradone che và alla Tomba, per merito del quale «Tomba era una delle stazioni obbligate per i mercanti di bestiame» (25), ed anche oggi nei pressi passa un'importante arteria tra la montagna e la pianura. Quelli del Saletto, in sostanza, erano campi «da fare»: il conte Riccardo stimolava le opere, nel fare fossi ed argini, nel portare sassi da ligadure, ma soprattutto nel piantare alberi, tanto che spesso si legge che bonificava a tal fine parte degli oneri dovuti. Né meglioramenti in Saletto metteva un impegno tale da dare all'operazione come una consacrazione religiosa: da esser queste Prese con le altre sei addietro tutte piantate in memoria delle sette Allegrezze della B. V. Maria; 7ma Presa di Saletto che sin qui la possessione ha d'esser piantata ad honore delle sette Allegrezze della Beatissima V. M.. Queste espressioni si ripetono più volte e certamente sono «segno» di certa mentalità, oltre che della sua religiosità (26), provata del resto anche con l'istituzione della Mansioneria e col dedicare ai Mansionari parte di proventi sia agricoli che degli interessi dei livelli. Nelle carte esaminate, attraverso i patti d'affittanza, scorrono i più vecchi cognomi bujesi ed interessanti toponimi (27). I contratti d'affittanza venivano stesi tutti in Gemona. Si trattava sempre, come è dichiarato, di affitto semplice, ma sarebbe stato più proprio chiamarli affitti misti, in quanto, oltre al pagamento (sempre in staia di formento, sigalla, avena) (28), era spesso presente il vino alla giusta mittà, talvolta anche denaro e le onoranze: capponi, galline, pollastri; inoltre servizi di trasporto di fieno e carri di sassi. Il pagamento si faceva sempre alla Santissima Vergine d'Agosto, ma, per altri impegni, ricorrono anche S. Giacomo (25 luglio), S. Michele (29 set. ), S. Martino (11 nov. ). La misura del terreno è sempre il «campo alla grande» della misura Travisana (tavole 1250, contro le 840 del campo friuliano). Le affittanze corrono sempre di tre in tre anni sino alli nove, ma poi possono anche essere relocati, come pure disdetti; se passate ad altri fittavoli, si legge che in loco di... pagherà... Talvolta l'affittanza è intestata a più persone di una famiglia, oppure a compagni, cioè soci, non legati da parentela: 1656 adi 1mo Maggio in Gemona-Luca Cal, e Compagni di Buja tengono ad affitto semplice di nostra raggione nel gran pezzo del Salletto sopra Andrea Pezzetta n. 3. Sono Campi 12 e 1/2 misura grande come appar locazione per mano (29) [... ]. Ci pagheranno ogn'anno alla Santissima Vergine d'Agosto a nostra misura [di Gemona] Formento Stara 3 e 3/4, Contadi L. 65: -, Capponi due. In quanto a case, dapprima è citata una soltanto, affittata a Zaccaria Nicoloso (1659), poi a lui ed ai figli Batta ed Angelo, più tardi solo a questi, infine al figlio d'uno di questi, Valentino: Zaccaria Nicoloso con suoi Figlioli Batta, ed Angelo pagaranno per la Casa, e Cortivo di Saletto assittuata sopra il 3zo prezzo di Campi 11 e 1/2 più di 4to pezzo di Campi 17, e per mezzo di Palludo in Polchiariaco Campi 9 e 1/2 il tutto a misura grande Formento Stara n. 20, Avena St. 1 et Contadi L. 248: -, Capponi para 8 [... ] e per onorario s'obligano esitarci due Botte di Vino all'anno [... ] il Vino alla mittà, più condur un carro di fieno, e due carri di Sassi per Saletto. Forse tutti quei sassi, quelle ligadure di pietra servivano proprio per erigere nuove costruzioni. Troviamo infatti, poi, citate altre affittanze di case: Prese di Saletto tenute ad affitto da Angelo Guerra con le case, e cortivo; Prese tenute ad affitto da Leonardo, e Fratelli Toboga con le Case, e Cortivo in Saletto; ed anche, genericamente, le mie case di Saletto. Infine compare anche uno Stallone, infine anche un Folladore verso la Ledra, per cui si comprende perché, oltre ai soliti talponi, ed arbori da due foglie (?), sono sempre più spesso presenti arbori vidigati. Detto Folladore verrà descritto in occasione della vendita ai Garzolini (1712), come una costruzione a padiglione, con tetto di coppi, largo uso di «pietra di Buja» nei modiglioni, nelle finestre, nei due portoni con loro paracarri. Riccardo Elti, anche a nome dei suoi consorti, aveva dunque ben condotti gli affari, mettendo a frutto la liquidità dei loro commerci con investimenti negli immobili e con largo traffico di livelli, giacché questo tipo di usura era pratica corrente. Certamente largo utile traeva anche commerciando il ricavato della terra. Non mancavano screzi all'interno del Casato, o anche con terzi; e coi Comuni: nel 1671 era stato «condannato» a restaurare il ponte della Ledra, usato anche per il transito degli animali che andavano ai pascoli. Di certo, però, era stato un grande imprenditore, ma, alla sua morte, anche per i travagli divisori, le cose non andarono più così bene e si registrano vendite ripetute e consistenti. Le alienazioni cominciano nel 1705, quando viene cesso al Sig. Artico Casella Cittadino d'Udene la Brai-da di Salt. Nel 1708 hanno dato, cesso, et venduto à Andrea, e Fratelli Molinari detti Tonelli della Villa di Buja la possessione del Boschutto o Spiedulis; ancora nel 1708, in Francazione di tre Capitali li-vellarij ed anche per denaro contante, cedono al Nob. Sig. Co: Nicolò Collusso di Ospitaletto vari appezzamenti in Polvaria, la Braiduzza Taron-da, la Tazzada, i Communali di Palluduzzo, il pezzo detto Dongia Venna, il Bearzo, il Collo sotto Fornace, Balestra, Bearzo de Rio, Castenet, Prà longo, Prado del Pascutto, Palchiaria, Campo di Sotto. Tutto per Ducati 4009: 4-3, e passando di mano una quantità di coloni: Guerra, Tondolo, Calligaro detto Cian, altro detto Panzutto, altro Venezian, poi Alessio, Guarinta, Conchin, Piuzzo, Ursella, Tissin, Fabro Detto Notolo... Nel 1712 è registrata la cessione Coo: Elti verso li Signori Coo: Garzolini vale a dire il Rev. do Giustino, et Garzolino Garzolini Fratelli di Denemonzo Villa di Cargnia. A questi cedono beni anche a Godia e Beivars; in Buja cedono la Possessione della Meria, Fabrica detta Folador, possessione detta Meria sive Spiedulis, pezzo di terra loco detto Spiedolis, Prado annesso, prado Majanat-summano tutti D. ti 5530: 1-1, 21/2. È intuibile che questi passaggi di proprietà non siano stati «indolori» per i contadini, conduttori dei terreni: si legge infatti di impedimenti frapposti dalli colloni pretendenti di non poter esser escomiati. Probabilmente molti bujesi aspiravano ad acquisti iure vicinitatis. Ma sopratutto il Comune, lungo tutti questi anni, aveva osservato come gli Elti andassero aumentando gli affitti, e come nelle vendite i prezzi fossero tanto maggiorati rispetto ai prezzi d'acquisto. Insomma, un lungo rancore contro gli Elti, dapprima latente, deve essere esploso: fu fatto un esposto al Luogotenente affinchè inoltrasse una supplica al governo di Venezia. La storia della vendita dei Comunali di Buja della 7ma parte fu così riassunta: Fin dall'anno 1644 tempo in cui il Principe Serenissimo vendeva li Beni Comunali, fù alli respettivi Comuni della Patria del Friuli data la Prelazione [... ]. In fatti sino li 10 Xbre 1647 il Comun di Buja unitamente ad altri Comuni ottennero Decretto dal Ecc. mo Senato di poter ricevere à livello de qualunque Persona quelle summe che fossero state necessarie per far l'acquisto [... ] con obligo di francarsi nel termine d'anni 5 [... ]. Il Comun sudetto pochi giorni doppo cioè li 21 Decembre [.... ] prese à livello dalli Sigg. ri Coo: Helti di Gemona Ducati 4900 con il prò di D. ti 343 annui nella raggione di 7 per 100 [... ] il Comun stesso pagò pontualmente [... ] fin Vanno 1655. Havevano già meditato li Sig. ri Co: Helti fin da principio d'impadronirsi dei Beni Comunali, poiché non havendo potuto li medesimi acquistarli all'incanto perché li Comuni avevano la prelazione, così diedero à livello il Dinaro... non solamente ciò si vide posto in pratica contro il Comun di B., ma anco contro li Comuni di Rodeano, e Rivis d'Arcano ai quali pure essi [... ] avevano dati li Dinari à livello... Non andò tanto troppo tempo, che fù posta in prattica l'idea [... ] il 27 Decembre 1655 fecero unire la Vicinia di B. in una forma per altro insolita, ed irregolare (30)... Il Comune lamentava che si fossero persi così li migliori dal Corpo di tutti li Comunali esistenti nel territorio di B. e ciò a total ruina del Popolo di Buja! Il ricorso si basava su questi fatti: la Vicinia che approvò la rinuncia dei Comunali agli Elti (per lo stesso prezzo d'acquisto!) vedeva presenti solo 12 dei 24 componenti il Minor Consiglio; i Vicini presenti non furono citati per nome; non vi fu ballottazione; inoltre: le affittanze furono fatte prima che giungesse il Decreto del Senato che permetteva la vendita agli Elti. Erano, questi, gravissimi vizi di forma, per cui il Comune di Buja riteneva per certo di avere titoli per tentare di redimersi e ritornare al possesso di quei Beni, i quali potevano alimentare 400 famiglie, cioè 3000 persone! La pratica si mise in moto, tant'è vero che gli Elti dovettero fornire il Comune di copia di tutti gli atti relativi, ma troppo tardiva era stata la reazione e, benché Buja si fosse coalizzata con gli altri Comuni defraudati, non riebbe più i suoi Comunali.
(1) C. G. MOR, I boschi patrimoniali del Patriarcato e di S. Marco in Carnia, Udine 1962, p. 16 «... confusione fra Beni Comuni o vicinali, su cui lo Stato Veneto — e prima di lui il Patriarcale — non ha mai vantato alcun diritto, con i Beni Comunali, su cui lo Stato Veneto (e il Patriarcale) ebbe sempre un diritto eminente». Cfr. anche G. ELLERO, Buja Terra e popolo, Comune di Buja 1984. (2) Zecca. (3) Da fogli a stampa, in Archivio di Stato di Udine (d'ora in poi ASU) - Archivio Elti Pertoldeo (n. 43). (4) in friul.: cjèrmit. (5) Nel cit. Archiv. Elti-Pertoldeo (ASU) vi sono due quaderni di disegni dei fondi Elti (B. 2), probabilmente tutti di mano di certo Perito Bandini. (6) Archiv. Elti-Pertoldeo, B. 1. (7) Era un diffuso sistema di contratto, che concedeva un bene ad gaudendum fino alla restituzionie della cifra versata (se il livello era «francabile»): era peraltro anche una diffusa forma d'usura. (8) Questo tratto sta a p. 1 di un grosso fascicolo di manoscritti (cm. 30 x 20 - numerato solo sul retto: 1-194). D'ora in poi, i tratti che non portano collocazione, sono tutti prelevati da questo fascicolo, o Rottolo, fonte principale per questo contributo: sta in un Fondo privato la cui visione mi è stata gentilmente concessa dalla signora Franca Barnaba Del Zotto, che vivamente ringrazio. (9) ASU-Archiv. Barnaba-B. 3. (10) Cioè «campo alla grande» di Tavole 1250, mentre misura più comune in Friuli era il «campo alla piccola» (anche zuoja di Buja) di Tav. 840. (11) I contadini dei Saletti pronunciano Mene. Dicono inoltre che, a loro memoria, gli Elti possedevano qui campi 380 (probabilmente «alla piccola», cioè campi friulani). (12) Probabilmente pronunciato con accento finale, più vicino all'attuale pronuncia: Precjarià. (13) Il Colle Villano era soggetto a tasse enfiteotiche, per cui, furbescamente gli Elti l'affittarono al Comune che, pertanto, doveva pagare anche le gravezze pubbliche di Sussidio, e Tasse di Gente d'Armi. (14) Nel sec. XVI gli Elti erano già famiglia importante a Gemona e membri del Consiglio Maggiore: cfr. L. SERENI, Le famiglie notevoli di Gemona, in «Glemone», S. F. F. 1965, p. 39. (15) Vedi nota 8. Evidentemente gli Elti dovettero consegnare copia dei documenti per ingiunzione delle autorità, a seguito del processo intentato dal Comune, come leggeremo in seguito. (16) Garanti, mallevadori in solidum. (17) Si possono vedere almeno le notizie della Dr. L. Stefanelli, ad introduzione dell'Archiv. Elti Pertoldeo (ASU); Nozze Elti Zignoni-Rubini, Ud., Patronato 1885; V. BALDISSERA, Di due membri delle nobili famiglie Elti, Gemona, Bonanni 1894; V. BALDISSERA, Alcune notizie sulla Nobile Famiglia Elti di Gemona, Ud., Patronato 1896; V. B., Capitoli fra i proprietari dei molini sulla roggia di Gemona, Ud. 1894; altri fasc. per nozze, mmss in BCU, docum. vari in BC di Gemona. (18) Si vedano i rimandi alla voce Elti in AA. W., Il duomo di Germona, Comune di G. del F. 1987. (19) Per due para Pernici che si paga à Sua Serenità sopra la Giurisdicione di Rodeano (ASU-Arch. Elti-P., cit., B. 2). (20) «Infeudare» comportava anche un carico di oneri sul fondo. (21) Ferramenta (ricordiamo che Gemona aveva una Piazza del Ferro). (22) ASU-Archiv. Elti-P. cit., B. 1. (23) Saliceto. (24) Archivio di Stato di Venezia. (25) Così G. P. GRI, Giurisdizione e Vicinia nell'età moderna. Il caso di Buja, in «I Savorgnan e la Patria del Friuli dal XIII al XVIII secolo», Provincia di Ud. 1984, p. 187. In un dattiloscritto inedito di P. Menis (Fondo Menis-Buja), dove sono raccolte notizie di Tomba, è citato il toponimo Tomba Muta (in Tomba di Sotto, Comune di Maiano): l'Autore informa che vi era lì una locanda nella quale si alloggiavano uomini ed animali: «Trattasi cioè di una vera e propria Muta». (26) L'argomento è tuttavia tutto da approfondire, perché potrebbe essere in rapporto ai particolari oneri verso la chiesa che avevano i novali, cioè i terreni nuovamente messi in produzione. (27) Oltre ai citati, compaiono: Pradisito, Prado d'Arijs, Quel Sclavon, Pascol delle Odole, Baseglia, Collo Fornase, la Bandita, Prado Osovano, Strada della Crose, Fossor, la Carozza... (28) Non compaiono mai, come invece a Rodeano, il miglio e la fava; tardi ci compaiono sorgo turco e sorgo rosso; mai patate, fagioli, gelsi, ecc. (29) Dei tanti notai utilizzati allo scopo, i più costanti sono Antonio ed altri Gallino. Un parente di questi, Mons. Gregorio Gallino dedicò un'opera musicale all'Elti «mio riverito Sig. et Patrone, rapito da quei celesti influssi... »: Cfr. V. BALDISSERA, Per nozze Elti Biaggini, Tip. Bonanni, Gemona 1986. (30) Ringrazio vivamente Mons. Prof. G. C. Menis per avermi dato in visione questo prezioso documento, indispensabile a meglio comprendere il «romanzo» dei Comunali di Buja. Racconterò un'altra volta le vicende più recenti dei Saletti sotto l'ultimo conte, Gian Daniele Elti, le vendite di appezzamenti e case, il terremoto ecc, come mi è stato raccontato da chei di castaido, ed in particolare da Santa Sangoi in Toniutti (n. 1915). Le immagini di quel complesso edilizio sono apparse in questa rivista nel 1985. |