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Casal del Andreuza

di Andreina Nicoloso Ciceri

 

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Nell'infanzia sentivo molto la suggestione delle borgatelle più sperdute del mio paese, e soprattutto di quella che nelle vecchie carte era detta Casal del Andreuza, perduta laggiù in terreni acquitrinosi, percorsi da fossi e soprattutto dal Fossalàt e de Roe, zona che dicevamo i Palûz di Vile, che in anni eccezionali furono ricoperti d'acqua (io bambina la vidi lambire la Rive di S. Pieri!). Per questo motivo e per corredare di note "storiche" l'elzeviro di Maria Forte, ho cercato notizie che offro appena come primo contributo, essendo incomplete e mancanti di parecchi "anelli" di congiunzione.

I Conti Andreuci o Andreuzzi o Driussa di S. Daniele (uno dei rami di questo casato) vi possedevano molte campagne (ho visto spuntare però anche i conti Madrisio, ma non ho avuto tempo per approfondire), e un caseggiato con recinzione. Nel Seicento (secondo notizie gentilmente fornitemi dal Parroco don Saverio Beinat, che fece ricerche nelle Visite pastorali-ACAU), ottennero di costruire un oratorio privato dedicato a S. Andrea Apostolo, sulla collinetta di fronte al loro caseggiato.

L'oratorio ebbe alterne vicende; alla fine del 700 appare di proprietà di Fabio Antonini di S. Daniele, per passare quindi ai Barnaba. Nel «Manuale del Parrocchiano di Buia» (Tipogr. dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, TO 1876), curato da Mons. Pietro Venier, fra le chiese soppresse appare «L'Oratorio di S. Andrea A. di Andreuzza benedetto nel 1829. Era di ragione dei Conti Andreuzzi di S. Daniele; ora della fam. eredi qm Ermanno Barnaba di Buia».

 Successivamente l'oratorio fu usato come deposito, ma nel 1935 fu riconsacrato: era allora proprietà di Paolo Vattolo, anzi di mestri Pauli dal Batafiêr, che nel 1939, un anno prima della morte, fu creato Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia. Gli acquisti dei Vattolo (ma prima Vattuolo) furono qui graduati nel tempo, come vedremo. Infatti nei «Ricordo di Domenico Barnaba», che apparvero sulle "Pagine Friulane"(N. 2-A. III-l1 Maggio 1890, p. 21) si legge: «A due chilometri circa della mia abitazione, v'è uno stabile di proprietà della famiglia, denominato Andreuzza.

 Tale nome gli era stato dato, perché quello stabile veniva acquistato in temporibus illis, da' miei antenati dalla nob. famiglia Andreuzzi che ivi veniva a villegggiare, ed è proprio nel sito dove ultimamente venne tolta l'acqua del Ledra, per il canale di recente costruzione. Quello stabile non ha che un solo casamento alquanto vasto, è lontano da ogni altro abitato». Domenico ed il fratello Barnaba dovevano ancora possedere tale casa nel 1890, ma non più il ramo di Pietro, come vedremo; questi erano i tre figli maschi di Ermanno e Francesca Perusini (donna patriottica la cui immagine si vede in «La panarie»1927, p. 209).

Ermanno a sua volta era figlio del notaio Federico e di Maddalena Baracchino (o Baracchini) che portò in dote un consistente patrimonio. Sia per questo o per altro motivo, Barnaba e Baracchini a metà del secolo scorso appaiono come "consorti" negli affari del molino e del battiferro, che non so quando siano sorti, ma certamente furono prima posseduti dai Baracchino. Il documento del 1845, col quale Francesco Vuattolo ottiene di esercitare in Buja il mestiere del fabbroferrajo, non parla ancora dell'Andreuzza.

Un Antonio qm Pietro Barachino Molinaro appare di frequente in documenti del 700. Nel 1799 i Baracchino hanno una causa coi Pezzetta, che si richiama ad un atto del 1656 «sullo stato del Rojale ed incastro del Molino»: «Terminazione delli Periti Giacomo Monaj di Cavasso, ed Osualdo Gozzano di Pesariis, che determina la rosta, ed incastro del Molino». Si impone al Pezzetta di «fabricar due portelle di larghezza piedi 4 l'una, acciò in tempo di accrescimento di acque possano scolarsi, ne inferir danno al Molino n.ro». Alla fine del 700 vediamo i fratelli Antonio e Daniel Barachino dividere "tanto per parte" la moldura, sempre stimata "a missura di Sant Daniel", "a missura d'Udine", "a misura di Gemona".

Nel 1833 Pasqua Mittone rimane vedova di Antonio Barachino e assume la conduzione anche per i figli minori. Il 5.9.1843 viene regolata la situazione consortile coi Barnaba: «A Gemona a presentare Istanza ond'ottenere l'assenso della Prettura-Contratto tra Consorti». Ciò anche a seguito del potenziamento sia del molino che del battiferro (che tuttavia risultano affittati: l'uno a Gio Batta Tonino, il secondo a mistro G. Covasso e figlio): «Memoria per il sig. Ermano Barnaba per la Fabbrica del BattiferoMemoria per Pasqua Barachino c.s.».

Tra i consorti gli affari si regolano sia in denaro che in merce. Ad esempio: «1846-Pasqua B. ebbe dal sig. Ermano Barnaba la sua porzione di menestre (e somministrazioni) orzo formentone miglio-ebbe dalla sig. Francesca Barnaba per l'affitto venete lire trecento trecento e settantacinque...». Nel 1850 Michele Tissino perito agrimensore stende lo Stato e Grado con Stima «degli apparati meccanici che compon. gono il Molin da grano, Pista d'orzo, e Battiferro ad acqua sito in Buja di proprietà di Barnaba sig. Dr. Domenico, Pietro, e Barnaba qm Ermano per 4/8, e per 3/8 di Barachino Pietr'Antonio qm Antonio, e per 1/8 di Barachino Alesssandro ed Evangelista f .li qm Giovanni di Buja, indiviso e goduto pelli rispettivi caratti». Purtroppo, per non prendere troppo spazio a questo periodico, devo rinunciare a riportare per intero questo interessante e dettagliato documento.

Riferendomi soltanto a quanto ho visto e documentato, posso dire che nel 1871 Evangelista Barachino vende il suo sedicesimo a Vuatolo Francesco fu Paolo, nato a Molinis, e a sua moglie Rosa Supriona, cioè la parte «sopra l'edificio del Molino con tutte le adiacenze relative cioè pista d'orzo ad acqua, Molino da grano con casa colonica». Nel 1887 i consorti Banaba del ramo di Pietro B. (Umberto, Ciro, Palmira, Francesca) vendono a Vuattuolo Paolo casa colonica, magazzino e campi. Nel 1888, con la testimonianza di Barnaba Barnaba fu Ermanno e di Cozzuti Antonio fu Bernardo, mugnaio nato a Gemona, Francesco Vattolo lascia erede universale il figlio Paolo.

Significativa è la presenza di Antonio Cozzutti, che già doveva essersi inserito, sia con l'attività che con la proprietà, in Andreuzza. Da questi anni dovette continuare l'alienazione di beni da parte Barnaba e Baracchini a vantaggio dei Cozzutti e soprattutto dei Vattolo, ma, essendo state le vendite progressive, a seconda dei carati dei vecchi consorti, ad un certo momento i Cozzutti si trovarono proprietari di parte del battiferro e, viceversa, i Vattolo di parte del molino, pur continuando entrambi nella propria attività tradizionale.

Nel 1908 si venne a regolarizzare la situazione a mezzo permuta: «Cozzutti Antonio fu Bernardo cede a titolo di permuta ai sig. Vattolo Francesco, Pietro e Riccardo e Sante di Paolo la metà del fabbricato industriale detto Battiferro con annesso diritto ad investitura d'acqua. Vattolo Paolo fu Francesco allo stesso titolo di permuta ha ceduto ai sig. Cozzutti Leonardo, Lino, Giovanni, Enrico, Emilio, Carlo e Fermo di Antonio la quota di proprietà ad esso Vattolo Paolo spettante, ed equivalente a 1/6 parte del fabbricato industriale, detto Molino dell'Andreuzza, con l'annesso diritto al salto d'acqua, che nel suo complesso consta di numero cinque mole, sistema  antico con relativi apparati interni ed esterni, pista d'orzo, stalletta fienile addossati al molino...».

A questo punto, dunque, i vecchi patriarchi, oltre alla permuta, passavano mano ai figli, riservandosi solo l'usufrutto "vita durante". Il resto è storia che i viventi ricordano.