Documenti di vita bujese

nei secoli passati

(XV-XVII)

dí Andreína Nicoloso Ciceri 

 

 

Da manoscritti di un Fondo privato ho estrapolato alcuni passi e segmenti: frammenti interessanti per illustrare la vita, nei secoli andati, di una Buja che risulta socialmente assai articolata e vivace, e soprattutto pertinace nella difesa delle prerogative della Comunità, coi suoi organi viciniali, i capicontrada, i seniori chiamati a dare consigli per il "governo" ed in casi di reconfinazione dei masi.

Sullo sfondo, costanti, le tensioni coi Giurisdicenti Savorgnan, nonostante l'Accordo 1506 con cui si ribadiva "che il Comune sia conservato nelle sue antiche consuetudini".

La Comunità, ad esempio, non voleva usare il sigillo dei Savorgnan, ma conservare il proprio: "un Bue con una banderola" (1), "arma posta anco sopra la porta della Giesia di S. Lorenzo di Buja, et insieme sopra la Casa del Comun"; non voleva inoltre tenere le riunioni in edifici del Giurisdicente, ma in quello consuetudinario:

"Capitano e Giurati hanno sempre sentato nella Loggia di Buja situata sotto la Casa pubblica del Comun [...] appresso la Chiesa di S. Stefano ed attorno la stessa sono le banche per comodo de' letiganti e al muro di detta Lozza sono attaccate le Funi della berlina per castigo de' delinquenti" (1560); non si subivano passivamente gli ordini del Giurisdicente: "... dichiarandosi detti officiali [dei Savorgnan] non voler in alcun modo ciò fare per esserli ciò stato proibito col minacciarli che gli daranno de' piedi nella panza..." (1662).

Il Capitano coi due Giurati, formanti tribunale di prima istanza (2), aveva certo daffare per mantenere ordine nella dinamica interna della vita bujese: 1457 - Condanna per aver ingiuriato [...] accusandolo di aver rubato un comato di cavallo; 1462 - Condanna per aver violata la Festa di S. Maria avendo sfoderato armi e portato un arco di saette, 1463 - Condanna per aver bastonato un suo figlio; 1483 -... per aver violato una sua figlia; 1494 -... per aver carrizzato nel giorno di S. Stefano; 1496 -... per averlo ferito con una Scurre...

E similmente si continua nei secoli successivi. Sembrano colpe di lieve entità: infatti le più gravi hanno altri tribunali: 1657 - sparata una archibuggiata di notte nel cortivo di...; 1655 - sollevazione de debitori durante l'incanto dei pegni sulla piazza di Buja; 1665 - bandito per aver ferito il Cancelliere; 1671 - condannato conte Elti a restaurar il Ponte della Ledra; 1672 - condannati i Reverendi Taboga e Fontanini per aver mancato di soministrar i Sacramenti ad un moribondo...

Tra '5-'600 corrono i periodi più tormentati: per terremoti, epidemie ("... quando nel Borgo di Strambons si moriva di peste...") e per gravi contrasti politici generali in tutto il Friuli. Il Giurisdicente lamenta che "la Villa di Buja la quale già aveva li Abitatori comodissimi de beni di fortuna sono d'alcuni anni in qua ridotti la maggior parte di Loro à termini molto poveri [...]. Et nellli campi d'essa Villa non si usa quella diligenza che già era usata nel lavorar le Terre, piantar, et governar le vigne...". E ciò era imputato a questo fatto: "che il redursi delli Contadini nelle hostarie delle proprie ville, ò dei vicini una ò doi miglia à mangiar, bever, et giocar è stata sempre conosciuta, e più che mai si conosce per cosa perniciosa". Perciò si esorta affinché "i contadini attendano à consumar il tempo nel lavoro dei Campi, et non nelle Bettole, et si schivano le risse, et le Biastemme".

La compagine sociale era formata in prevalenza da contadini, ma c'erano anche mestieri che possiamo considerare il "terziario" dell'epoca: armentari, monari (molinari), calzolai e scarpari, caradori, beccari..., e persino pancogole, cioè donne adibite a confezionare il pane di pubblico consumo (3). Anche se poche erano le persone munite diun "titolo di studio", la capacità di scrittura era piuttosto diffusa (4), come ci dà prova indiretta questo passo:

 "... non è di dovere che un Contadino, che non sà, se non malamente scriver abbia a ricever gli onorari eguali ai Gentilomeni" (1556).

Di certo vi era molto passaggio di "forestieri", per cui le osterie diventavano naturalmente delle "stazioni": erano sempre piuttosto numerose e molto vigilate per pesi, misure, prezzi: "l'ostaria di Zuan Fort in capo della Contrada di detta Villa è frequentata più da Passeggieri forestieri, che di quelli della Villa, perché essendo lui homo terribile e fastidioso, quelli della Villa pratticano poco [...]; se il vino gli è stato posto soldi 5 il bocale, l'ha venduto 5 e 1/2, ed anco 6 alli Forastieri, ma a quelli della Villa non lo vendeva così per tema".

Infatti "già fa 20 anni circa si abbrugiarono le sue case, ma non si seppe mai chi messe fuogo" (1614). Il Fort era un recidivo e più volte si erano riscontrate "innobedienze fatte da esso Zuanne contro gli ordini [...] circa il pesar il Pane, ed appreziar il vino, che si vende a spina nelle Osterie di Buja, ed il Panne, che fanno le pancogole" (1613). Molto vigilate erano anche le occasioni di pubbliche feste, vietate ovviamente "in tempi pericolosi di contagione".

Nel 1529 venne concessa licenza, ma per "una volta tanto", di trasportare la festa "della piazza di S. Stefano a quella della contrada di Avilla e furono, come d'uso, nomi nati dei "custodi pro evitandis scandalis"(5). E, fra le feste, quelle più temute dal Potere erano le feste in maschera.

Una "crida" del Savorgnan (20 Febraro 1568) ordinava: "Per oviar a molti scandali, che potriano intravenire nel farsi la festa pubblica sopra la Piazza di S. Stefano qui in Buja, nel qual luogo vi concorrono gran numero di Persone con farsi in maschera travestiti con diversi sorti di arme, pratticando, et ballando sopra ditta festa [...] si fà sapere a qualunque Persona [...] che ardisca venir sopra detta festa imascherato, ovver travestito con armi [...] sotto pena di Corda, bando, gallera...".

Anche su questo ordine i Bujesi trovarono a ridire, ricorrendo al Luogotenente, affinché "essi de Buja non possano esser impediti in detto tempo di Carnevale a far feste" (1595).

 

 

Note:

 (1) Cfr. P. MENIS, Il sigillo della Comunità di Buia in un processo del Sec. XVI, in "Memorie storiche forogiuliesi" - LII, 1972.

 

(2) Cfr. G. ELLERO, Buia-Terra e popolo, Comune di Buja 1984.

 

(3) La coltura del granoturco sarà generale solo alla fine del '600 e solo da allora prevarrà l'uso alimentare della polenta, al posto del "pane di casa", fatto con cereali inferiori, misti.

 

(4) Estremamente interessante una lettera di "garanzia matrimoniale", scritta in friulano, nel 1561, da una Francischine di Buja al suo Carie, che però doveva essere analfabeta, se lei raccomanda:... fasese lei di vestri fradi... Cfr. A. S., Autografo in friulano d'una contadinotta di Buia del 1561, in "Ce fastu?" 1932, 1-2.

 

(5) Per evitare risse, disordini, fatti di sangue.