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IL MERCATO DI 

SAN DANIELE DEL FRIULI

a cura di Gemma Minisini Monassi

 

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Questo articolo è una breve sintesi dell’indagine storica con cui Celso Santi ha iniziato la sua tesi di laurea su: “Prezzi e Mercati a San Daniele del Friuli dal 1671 alla fine dell’Età Veneta” .

  La città di San Daniele, posta nel cuore antico del Friuli, protetta dal vento freddo di tramontana da tre fasce collinari ben arcuate e soprattutto vicina ad importanti vie di comunicazione, nel Medio Evo era una zona di passaggio obbligato per i mercanti che andavano da Nord a Sud e viceversa. Venditori ed acquirenti si riversavano settimanalmente in questa contrada, dove fiere e mercati godevano di particolari privilegi elargiti dai Patriarchi, privilegi che si  riassumevano in una franchigia di dazi e pedaggi. La Comunità, inoltre, controllando i prezzi delle merci e fissandone il listino, difendeva i compratori offrendo loro, oltre all'ospitalità, una tutela rigorosa degli scambi. 

Già nel 1016 esistevano le fiere annuali sandanielesi (1) che furono fin dalla loro nascita molto importanti per l'intera regione, fiere che, diventando di anno in anno sempre più grandi, vennero spostate per ben tre volte: da "Pra-Scussât" al “Colle di San Luca”, per passare poi a "Pradimercato". 

Secondo il Paschini (2), il patriarca Godebaldo, morto nel 1063, possedeva un mercato, il terzo della "Patria del Friuli" dopo Aquileia e Cividale, proprio a San Daniele, dove la Comunità appoggiò sempre in maniera incondizionata la politica patriarcale, ottenendo considerevoli vantaggi per l'economia cittadina.

Tutti i Patriarchi, infatti, difesero le fiere ed i mercati della città collinare anche quando Venezia, al termine di una lunga e logorante azione bellica, assoggettò al suo potere quasi l'intero Friuli.

Dal 12 aprile 1752 la frequenza del mercato divenne bisettimanale: quindi si svolgeva non più solo il sabato, ma anche il mercoledì. 

Sul mercato si poteva vendere qualsiasi prodotto ivi trasportato: erano, infatti, vietate le transazioni relative a beni non materialmente presenti in quel momento sulla piazza. Ad esempio era vietato vendere biade che si trovassero ancora nei campi o nelle proprie case. S'imponeva la presenza fisica delle merci al fine di evitare evasioni al dazio. 

"Tutte le biave che verranno in giurisdizione il giorno di mercato, a chiunque dirette, o sotto qualsivoglia pretesto di anteriori contratti e comissioni, comprese anche quelle che transitano, dovranno scaricarsi sulla pubblica piazza ed esporsi in vendita, e rilevandosi che alcuno avesse ricevuto biave in giorno di mercato in granaro, magazzino, a casa propria o fatta condurre in mano di terze persone in poca o molta quantità da qualunque persona, sarà la biava stessa soggetta alla confiscazione ed il ricevitore alla pena di ...... " (3). 

I beni che venivano scambiati dovevano essere pesati o misurati da persone che annualmente venivano elette dal Consiglio dei XII (4):  esse erano il “Pesatore” ed il “Misuratore delle biade”. Gli strumenti con i quali si effettuava la pesatura o che servivano per la misurazione erano forniti dal Giurato, organo eletto dal Consiglio dei XII, il cui compito principale era quello di amministrare le rendite del Comune.

Al “Misuratore delle biade” erano affidate una “quarta” ed una “mezzina”, (5) di capacità controllata, con queste doveva misurare le granaglie che venivano acquistate sulla piazza del mercato, al “Pesatore” invece, venivano consegnate due “stadere” una grande ed una piccola, più una “mazza” (6) per misurare panno o tela di qualsiasi altro genere.

Ai “Pesatori” ed ai “Misuratori” pubblici era fatto obbligo di svolgere il loro lavoro esclusivamente con gli strumenti assegnati dal Giurato; era vietato ad altre persone pesare o misurare.

Le pene pecuniarie, previste per i trasgressori delle norme, erano molto elevate ed il ricavato veniva ripartito tra la Comunità ed il Gastaldo, che rappresentava il Patriarca, secondo parametri indicati, caso per caso, negli Statuti.(7)

L'acquirente in base alla quantità scambiata, doveva corrispondere un dazio il cui ricavato era tutto di competenza del Patriarca. 

I cereali erano senz'altro la merce più scambiata sul mercato di San Daniele.

Dalla Bassa friulana e dal Veneto, gli agricoltori salivano fin quassù per vendere i loro prodotti anche agli abitanti della Carnia e della Carinzia. 

Dai rotuli del tempo si possono conoscere i vari tipi di cereali che venivano scambiati. Al primo posto c'era il frumento, un grano tenero la cui qualità risentiva della carenza o dell'assenza della concimazione, della povertà dei suoli, di un regime idrico incontrollato, che esponeva le piante sia alle inondazioni che alla siccità. Esso era, tuttavia, il grano di maggior valore nutritivo e quindi di maggior pregio economico. 

Gli altri cereali erano: avena, miglio, sorgoturco, sorgorosso,segala, trabacchia.

L'avena ed il miglio erano usati soprattutto nell'alimentazione del bestiame. 

Molto importante era anche la vendita del vino. 

Tutto il prodotto che veniva portato sul mercato, per essere poi venduto "a spina nella Terra di San Daniele ", doveva prima essere consegnato al "Daziario del vino", affinché ne riscuotesse la tassa.

Al momento del pagamento del dazio le botti venivano sigillate: era naturalmente proibito rimuovere i sigilli.

Poichè gli  osti del tempo avevano la brutta abitudine di aggiungere acqua nel vino, sugli Statuti si legge anche che "tutte le misure inerenti allo spaccio dovranno tenersi sopra una tavola esposta sulle botti colla bocca in giù, ossia rinversata ............  " (8) , inoltre......"non potrà tenersi nella stanza destinata a tenere il vino alcun secchio, caldaia, mastello, o altro utensile con acqua" (9).

Quando si doveva vendere il vino sfuso, era obbligatorio servirsi di una misura "che tiene una bolla". 

Il contenitore usato par la vendita doveva, cioè, possedere un sigillo chiamato "sigillo della Comunità" apposto dal Giurato dopo aver verificato ed accertato la quantità contenuta nel recipiente.

Sul mercato di San Daniele di grande importanza era anche lo scambio dell'olio, che veniva portato fin qui dai produttori istriani. Agli acquirenti di olio e di cereali, veniva rilasciato un "mandato di trasporto", cioè un documento che permetteva loro di trasportare gli acquisti fatti fino a destinazione, senza dover pagare alcun pedaggio. Ogni “mandato” era, però, soggetto al pagamento del dazio prescritto.

I "mandati di trasporto" venivano rilasciati dai "Responsabili dell'oglio" o "delle biade", i quali annotavano su un registro per ogni singola contrattazione: la data, il luogo di destinazione della merce, le generalità dell'acquirente, il tipo di contenitore, le libbre contenute.

Gli Statuti facevano divieto ai "forestieri", di esercitare sulla "Terra di San Daniele il commercio al menuto". Oltre che dagli Statuti il mercato era regolato anche da altre norme deliberate dal Consiglio dei XII. 

Queste non erano altro che disposizioni esplicative dello Statuto stesso ed erano molto numerose. Solo nel 1804 venne fatta una raccolta organica di queste disposizioni, raccolta che fu presentata al Consiglio d'Arengo (10) per l'approvazione il 18 giugno 1804 richiamandosi a "...... statutarie leggi ed antichissima consuetudine.......".

I primi articoli parlano delle "limitazioni" , cioè delle disposizioni che riguardavano alcuni beni commestibili che venivano venduti al minuto ad uso degli abitanti del luogo. "I generi soggetti alle limitazioni sono il vino, le carni, il pane, la farina e tutti gli altri generi commestibili che si comprendono nelle Tariffe a Stanza, che opportunamente vengono consegnati alli Botteghieri e venditori stessi" (11)

Per i beni soggetti a “limitazioni”, i prezzi di vendita non erano liberi, ma fissati dai “Limitatori” che venivano nominati dal Consiglio dei XII.

Essi venivano determinati in base ai prezzi di vendita degli stessi beni nelle città vicine, in particolare ci si basava sul prezzo fissato a Udine la settimana precedente. Inoltre per le merci soggette a limitazioni, i “Limitatori” controllavano che rispondessero ai requisiti imposti dalla legge. Ad esempio: "Rilevandosi la farina di qualità non perfetta, o non bene macinata, o mescolata con altri generi di Biade, o patita, o di cattivo odore, sarà il venditore soggetto alla perdita della farina stessa ed alla pena di ......"(12)

Altra figura connessa con le pratiche annonarie, era quella dei “Limitatori

delle carni venali” che avevano il compito di controllare la qualità delle carni messe in vendita. 

I venditori di beni  soggetti a “limitazioni” dovevano esporre i listini dei prezzi, che il “famulo” (messo comunale) forniva, in modo tale che fossero ben visibili. 

Come gli Statuti, anche queste norme tendevano ad evitare evasioni del dazio.

I venditori di farina, ad esempio, dovevano tenere il prodotto per il quale avevano già pagato la tassa, in stanze diverse da quelle in cui ammassavano i sacchi non ancora controllati. 

"Questa Terra tra l'altre della Patria si governa sempre non come suddita, ma come luogo libero e franco ( ...... ) San Daniele, il cui governo sino oggidi tiene forme di Città libera e franca " . (13) 

Come sottolineato dal Sini, San Daniele era una città franca, perciò tutti i beni  che venivano scambiati entro le sue mura, godevano del privilegio di poter circolare liberamente nei territori della Repubblica Veneta senza essere soggetti ad ulteriori dazi o  pedaggi. 

Inoltre dal 1469 tali esenzioni furono riconosciute valide anche nei territori asburgici. Infatti Ferdinando III, quando nel marzo di quell'anno decretò che "gli accordi intervenuti fra il Patriarcato e la Repubblica Veneta avessero a valere perpetuamente fra le parti" (14), estese i privilegi goduti dalle città franche di San Daniele e di San Vito al Tagliamento anche ai suoi territori. 

I beni scambiati in questi due centri del Friuli potevano, quindi, giungere fino in Polonia senza pagare alcun pedaggio, salvo il dazio pagato al momento dell'acquisto. 

Sono stati proprio questi privilegi a far sì che la “Terra di San Daniele”, per secoli, fosse centro di grande vitalità economica e politica.

  

NOTE

  1-    "Le tre fiere più importanti erano quelle di San Giorgio il 23 aprile, quella           di San Daniele profeta il 28 agosto, e quella di San Luca il 18 ottobre” Dal           testo di Gian Paolo Beinat, “Sandanêl, San Daniele del Friuli dalla           preistoria      al 1980”, Tecnografica, San Daniele del Friuli, 1981, pag. 84.

2-     P. Paschini, "Storia del Friuli", Udine, 1975, pag. 261. 

3-     A.S.C. tomo 581, art. 89 

4-     Diretta emanazione del Consiglio d'Arengo, il Consiglio dei XII era un           organo elettivo che           durava in carica un anno ed era il perno sul quale           ruotava tutta l'amministrazione della Comunità, con il vincolo           dell'osservanza scrupolosa degli Statuti. 

5-     Misure di capacità per aridi:

  Lo staio     = litri 76,5813

  il pesenale  = un sesto dello staio;

  la quarta     = un quarto dello staio;

   la mezzina  = mezzo staio.

6-     Regolo di legno della misura di un braccio, diviso in quattro quarte.

7-    A partire dal 1300 circa, la Comunità di San Daniele si era data i suoi

  Statuti, cioè un corpo di leggi che regolava le pratiche: penali, civili,

  annonarie, edilizie, di finanza, di pubblica economia, di polizia campestre.           Nell'Archivio Storico della Biblioteca Guarneriana si trovano due tomi           dove sono contenuti tutti gli Statuti della Terra di San Daniele - Archivio           Storico Comunale (A.S.C) tomi 145 e 270.

  Nel 1752 essi sono stati ricopiati e riordinati organicamente da Pietro

  Filippo Pellarini - Da questa raccolta l’autore della tesi di laurea ha desunto           le norme relative al           funzionamento del mercato.

8-    A.S.C. tomo 581, art. 55 

9-    A.S.C. tomo 581, art. 61 

10-    Il Consiglio d'Arengo era alla base dell'amministrazione della Comunità.           Esso era composto da tutti i capofamiglia e veniva convocato ogni anno il           23 aprile, giorno di San Giorgio. Il suo compito era di nominare tutte le           persone destinate alle cariche pubbliche e di esercitare la funzione legisla tiva. 

11-  A.C.S. tomo 581, art. 21 

12-  A.C.S. tomo 581, art. 41 

13-   G. Sini, "Cronaca della Terra di San Daniele dai primi tempi dell'anno           1515", San Daniele, 1902, pag. 12 

14-  F. di Manzano, "Compendio di Storia Friulana", Udine, 1976, pag. 140