Natale 2002 |
"RIFLESSIONI SULL 'ANTICO di Domenico Zannier |
La parola Patriarcato suscita nei Friulani, attenti alla loro Storia, una vasta eco di memorie, immerse magari in un'atmosfera leggendaria. Oltre un millennio è improntato a questa parola e alle strutture ecclesiali e socio-politiche che l'hanno definita nella realtà. Per molti il Patriarca è quel vescovo-principe con tanto di spadone che abbellisce il folclore del ciclo natalizio-epifanico nella nostra Regione. Aquileia, Cividale, Tarcento lo rappresentano con i suoi prelati e i suoi feudatari. Gemona, pur rimandando all'epoca medioevale, esalta con l'offerta del tallero il ruolo della comunità. Un patriarca visto così potrebbe anche sostituire Babbo Natale, versione consumistica e secolarizzata di San Nicola (S. Klaus). È tuttavia un'immagine che ne ravviva il ricordo. In realtà il Patriarcato è storicamente una formazione sorta nel tempo con vicende piuttosto complesse. I primi, e tuttora riconosciuti patriarcati, erano quelli di Antiochia, di Alessandria, di Costantinopoli, di Gerusalemme e di Roma. Tra essi Costantinopoli era l'ultimo giunto. Aquileia era una grande diocesi metropolitica. Il titolo di Patriarca fu assunto dal vescovo di Aquileia nella circostanza di uno scisma, detto dei Tre Capitoli, nel VI secolo. Lo scisma si protrasse dal 559 al 699. L'invasione longobarda portò alla divisione del Patriarcato nel 607, quando nel territorio longobardo venne eletto patriarca Giovanni e nella fascia lagunare rimasta ai Bizantini fu nominato patriarca Candidiano. Da allora la divisione fu insanabile. Aquileia ricuperò di nuovo le diocesi dell'Istria che erano passate a Grado e la sua importanza fu senz'altro maggiore come il suo ruolo nelle vicende dell'intero Nord-Est e nei Paesi circostanti oltre le Alpi. Il Patriarcato era una struttura puramente ecclesiale nei primi secoli della sua esistenza. Era l'Arcidiocesi aquileiese promossa come titolo di Chiesa. La sua giurisdizione abbracciava molte diocesi suffraganee. Tuttavia gli organismi ecclesiali avevano anche un peso politico per la loro autorità morale e per le loro possibilità economiche. Questa situazione comincia a cambiare con accenti marcatamente temporalistici con gli imperatori della Casa di Sassonia e poi di Svevia. Preme a questi sovrani avere feudatari fedeli e temporanei e meglio dei Vescovi delle grandi diocesi dell'Europa romano-germanica non c'è da trovare. I vescovi vengono nominati conti, in pratica rappresentanti imperiali e hanno degli obblighi con l'imperatore, rimanendo abbastanza autonomi nella loro amministrazione. Il problema presenta però un'altra faccia. Il vescovo è in comunione e in obbedienza con il Pontefice romano. Fino a che non c'è conflitto di interessi e di potere tra i due vertici della cristianità medioevale le cose filano lisce, ma quando si profila e si attua un contrasto, da che parte deve schierarsi il vescovo? Giuridicamente ed ecclesiasticamente si dirà che è ovvio, ma politicamente non e è nulla di ovvio. La lotta delle investiture lo insegna ad abundantiam. Se di fatto il Patriarca Poppo di Traungau è già ormai un conte o duca del Friuli, ecco la nomina ufficiale da parte di Enrico IV del Patriarca Sigeardo (o Sicardo), suo fedele cancelliere, quale duca della contea del Friuli nel 1077. Nasce lo Stato patriarcale di diritto con le sue prerogative politiche e militari. Questo patriarcato durerà fino all'occupazione veneziana del 1420. Avremo i patriarchi ghibellini, prevalentemente fedeli agli imperatori e dopo la metà del Duecento i patriarchi guelfi di massima fedeli al Papa. I Veneziani lasceranno al patriarca ormai restituito al suo ufficio puramente ecclesiale, l'amministrazione di poche città tra cui San Daniele del Friuli e San Vito al Tagliamento. Il Patriarcato durerà fino al 1751, quando verrà soppresso, direi brutalmente, per accontentare l'Austria e Venezia poiché il Patriarca aveva giurisdizione sia su tenitori veneti che su tenitori asburgici. Nascevano al posto della Diocesi di Aquileia le due Diocesi di Gorizia e di Udine, una sotto l'Austria, l'altra sotto la Serenissima. Terminava l'esperienza storica di un Patriarcato sovranazionale, che aveva abbracciato tre popoli diversi: latini, germanici, slavi. I successivi nazionalismi degli Stati dovevano causare ai Friulani divisi, innumerevoli guerre e devastazioni. Oggi ci si rifà a quella esperienza per una migliore convivenza e comunione tra le popolazioni che vi appartennero. Più che pensare a una ricostruzione o a un ritorno, è nella comunione tra le varie diocesi attuali che deve rinnovarsi uno spirito patriarcale di secoli. Con un'unica Fede e un unico amore costruiamo la pace e la collaborazione, rinvigoriamo la comprensione e le radici cristiane. I riti natalizi ed epifanici con le loro rievocazioni storiche saranno così i benvenuti e avranno un significato autentico. 28/11/2002 |