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Bollettino della Parrocchia di Tomba

Origini della frazione di Tomba di Buja

(prima parte)

di Pietro Menis

 

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La frazione di Tomba di Buja sorge a quattro chilometri dal capoluogo, nella piana del Tagliamento fra le località di Osoppo e Susans. Questa vasta plaga, formata dal letto "di un grande bacino glaciale che riempiva la campagna fra Gemona, Artegna, Buja ed Osoppo" (1), anticamente era chiamato "campo".

Giusto Fontanini nel "Commentario di S. Colomba, vergine sacrata della città di Aquileia", riferisce che "Claudio Salmasio avverte sopra Lampridio, che la voce Campus si prende non solo pro loco, in quo exercentur milites (campo di addestramento dei soldati), ma ancora in quo proelium committitur (campo di battaglia)". "Forse di qui - prosegue l’autore - si denomina il Campo di Osoppo, del quale si ha memoria da più secoli tra gli spogli manoscritti di Gian Battista Pittiani..." (2)

A questo "grande bacino", secondo il Fontanini si riferisce Paolo Diacono, nel libro IV, capo 38, quando narrando l'eccidio della città del Friuli (Cividale) per opera di Cacano re degli Avari, rammenta "due volte il luogo chiamato Campo, dove fu impalmata la duchessa Romilda".

Ma di particolare importanza per la nostra storia è il riferimento che viene fatto dall'autore del "Commentario", quando ci fa sapere che nel 1363 il Patriarca Lodovico della Torre, "concedeva a Midessio di Mels la facoltà di fabbricare un mulino super Ledra, in loco dicto Camp".

Trattasi evidentemente del molino che originariamente era chiamato "delle miles aries"

(e, successivamente, di Malisarys), concesso a Midessio di Mels, le cui proprietà feudali arrivavano fino al corso del Ledra: il fiume che, dopo aver percorso un lungo tratto in territorio di Buja (ml 7805), da oriente a mezzogiorno, volgendo alla foce e allontanandosi dal Tagliamento, incontra la borgata di Andreuzza, alle estremità del territorio di Campo (3).

Nel catasto dei beni delle Fraterne della Pieve di Buja, sotto la data del 1339 si legge che "la Fraternità di S. Antonio Abate acquistava due pradi chiamati Tomba Muta" e nel 1334 "il Nob. Franceschino della villa di Fiorenza, habitante a Gemona, acquistava da Colusso di Codes (Codesio) di Buia, un prado in Campo in loco che si dice la Tomba" (4).

Sul toponimo Campo ogni illustrazione ci pare superflua, dopo le citazioni riferite; una delucidazione invece si impone per quello di Tomba Muta.

Dalla "Stampa della General Vicinia di Buia" del sec. XVIII apprendiamo che sulla antichissima strada che "da Porto portava in Alemagna", dopo il borgo di Comerzo (Maiano) e passato il fiume Ledra, nella plaga di Campo, si incontrava prima del 1500 una "Osteria e Locanda" nella quale Foste poteva, in caso di bisogno, "allozar de notte carradori ansieme col loro bestiame, e somari con li cavalli, e ogn'altro viandante" (5). Trattasi cioè di una vera e propria Muta, secondo le consuetudini delle comunicazioni stradali di quei tempi. La località oggi si chiama Tomba di Sotto ed è in territorio di Maiano (la stalla per il cambio dei cavalli o muta, appartenente alla famiglia di Pezzetta Domenico Menocjo, addossata all'abitazione di Tonino Luigi, danneggiata dai sismi del 1976, è stata poi demolita, n.d.r.).

Accanto alla "Osteria e Locanda", si elevava un monticello di tre o quattro metri, ricoperto di erba e di arbusti, di formazione non naturale, originato certamente da una tomba ritenuta da alcuni storici un "castelliere a tumulo".

Intorno agli anni trenta la tomba venne spianata per dar luogo ad un vigneto e, durante le operazioni di sterro, si rinvennero ossa umane e animali, ferri e bardature metalliche di cavallo, cocci di terracotta; tutti i reperti purtroppo andarono smarriti (6). (La collinetta è definitivamente scomparsa in seguito alla costruzione della nuova abitazione della famiglia Tonino, n.d.r).

Col passare del tempo il nome della Muta si spegneva nel ricordo degli uomini e dei documenti, in rapporto al declassamento della strada; rimaneva invece quello di Tomba, attribuito alla borgata che, dopo il 1500 si sviluppò nei pressi in territorio di Buja.

Narra una leggenda (7) "Sulla pianura di Campo anticamente scorrevano disordinate le acque del Tagliamento e, nelle piene, quando la corrente sbatteva contro la Montagna di Ra-gogna e la stretta di Pinzano, il rigurgito limaccioso arrivava lontano, sulla pianura desolata.

Ma quando il fiume trovò il passaggio naturale, su quel deserto di dune e su quei banchi di sabbia e di ghiaia, ricoperti di limo che conservavano le caratteristiche ondulazioni delle onde sulla rena, cominciava la vegetazione forte e selvaggia.

Crebbe il ciuffo d'erba, il giunco, rovo e piccole piante dai fiori gialli, altre dai fiori cilestri, tisicucci ed una quantità di romice (lavàz) dalle foglie larghe somiglianti a una strana fungaia.

Su quella plaga solitaria un giorno scese un pastore con la sua mandria belante, e trovato un posto promettente, si fermò costruendo un asilo per sé ed il suo gregge. Poi il pastore fece venire anche la sua gente, la quale moltiplicandosi si diede a bonificare, a dissodare il terreno, a prosciugare acquitrini, a segnare dei limiti. Indi la pala e l'aratro solcarono il terreno vergine, ricco e fecondo, la falce canterina mietè l’erba grassa e sotto il sole maturò il grano biondo e la vite ferace maturò i suoi grani di rubini..."

Quel pastore, afferma ancora la leggenda, discendeva dalla vicina terra di Venzone.

È risaputo che le leggende hanno spesso, nel tessuto della loro trama, balenii e riverberi inopinati di realtà, come spruzzi di lapilli in una voragine, tanto che alle volte esse si accostano veramente alla storia. Tale è il nostro caso. Difatti dai documenti apprendiamo che nel sec. XVI presso "l'osteria" detta di Campo, non lontano da Tomba, un uomo prese realmente dimora allargando la sua casa per ospitare la sua progenie.

Sui “Pradi” presso la "tomba", quando "il campo" era ancora un deserto, sorgeva una sola casa, la prima della borgata.

La pristina casetta, incorporata in un complesso che sorgeva in seguito, oggi mostra ancora il suo certificato di nascita, cioè il nome del suo proprietario: "Joannes Peceta de Buia F.F. 1522".

La lapide di cm 56 X 43 porta scolpito lo stemma della casata, "un quadrilatero coi lati prolungati oltre i vertici, col lato sinistro piegato in capo, in banda" (essa si trovava inserita nello stipite della porta di accesso di un vecchia abitazione, scomparsa in seguito al terremoto, vicina a quella di Primo Pezzetta Testôr, sulla "plazute"; in seguito la lapide fu sistemata sulla facciata della casa di Vittorino Pezzetta, che sorge nella stessa area, n.d.r.).

Giovanni Pezzetta, di Giacomo, il fondatore di Tomba, discendeva da un ceppo di Buja, registrato nel Catapane nel sec. XV, epoca in cui la famiglia era distinta in tre nuclei, distribuiti in altrettante borgate: abbiamo infatti, nel 1433, i Peceta di Sot Col (Sottocolle), nel 1446 i Peceta di Palut (S. Floriano) ed i Peceta di Ultignano (Ontegnano).

Dal ceppo di Ontegnano era partito il fondatore di Tomba.

E ben presto i Pezzetta affondarono le loro radici nella campagna di Campo, dove prosperarono e lasciarono fonde tracce. La vecchia "Locanda" era stata trasferita accanto alla casa del Pezzetta nella nuova borgata. L'insediamento in seguito assunse la caratteristica forma di un fortilizio per la distribuzione delle case; accanto alla "locanda" sorgeranno vasti "stalloni" per il rifugio delle bestie e delle merci che vi sostavano.

La famiglia Pezzetta, che aveva fondato e sviluppato il luogo, aveva acquistato prestigio e ricchezza.

Nel 1539, troviamo una "investitura Feudal di Udine in favore di Pezzetta di Buia di Case, Baiarzi e Terre, con obblighi di contributi militari al Principe in tempo di guerra"; e, più tardi, nel 1561, una nuova investitura a favore di "Anna Pezzetta di Case e Beni Feudali in Buia" (8).

Non sappiamo quali meriti e quali benemerenze avessero conseguito i “Pezzetta di Buia" per tali investiture.

Qualche lume possiamo invece ricavare circa le seconda investitura, cioè quella concessa ad "Anna Pezzetta", da un albero genealogico della famiglia Pezzetta di Tomba (9).

L'albero si inizia con un Pietro, vissuto presumibilmente all'inizio del 1400; soltanto nel 1468 abbiamo infatti una data anagrafica sicura. Da un pronipote di nome Giovanni, nato nel 1506, nasceva Leonardo che "abitava a Venzone ed era cittadino nobile di detta Ter-

Ra”. Dai suoi matrimoni con Giulia Pittioni, Giacoma Nimis, nascevano tre femmine: Anna che sposava Agostino Spineda, Lucrezia con Angelo Mistruzzi ed Elena con Giobatta Mistruzzi.

È appunto a quest'Anna di Venzone che va l’investitura del 1561. Non sappiamo per quali vicende Anna Pezzetta venne reinserita nel ceppo originario, ma ora conosciamo un altro dei dati elaborati fantasiosamente dalla leggenda locale.

Il contributo dei Pezzetta in favore del Principe in tempo di guerra era costituito da “un pe-dem equi", un piede di cavallo, che veniva completato dai Comoretti di Buia, dai Mantica di Udine e dai signori di Vendoglio.

Il ramo principale dei Pezzetta, infeudato nel '500, si spegneva, dopo tre secoli, nel 1870 con la morte del geometra Giacomo.

La chiesa di S. Maria Annunziata di Tomba fu fondata tra gli anni 1635 e il 1687 ed era stata eretta di fronte alla casa dominicale dei "Signori Pezzetta" i fondatori del borgo e precisamente là dove arrivava la via che veniva dal capoluogo per innestarsi sulla "Strada Reggia che da Porto portava in Allemagna".

Il borgo che per centocinquanta anni si era "ammucchiato" in uno stretto spazio, quasi in un bisogno di difesa e di protezione, rompeva la sua "cerchia" e si espandeva nella zona circostante. Dal 1958 la chiesa di Tomba fu elevata al ruolo di parrocchia e in tal modo divenne la quinta circoscrizione ecclesiastica della Pieve di Buja; la sua giurisdizione pertanto si estendeva su quella che era l'arida plaga sulla riva del Ledra e cioè a oriente lungo la vecchia strada di San Floriano fino alla riva del Rio Gelato e a ponente, lungo la nuova arteria Osovana che, superando Saletti arriva a Rivoli di Osoppo, località sulle quali, nell'ultimo trentennio, sono sorte case, ville e complessi artigianali che hanno letteralmente trasformato l'antico paesaggio.

(Pietro Menis)

 

(1) G. MARCHETTI, II mandamento di Gemona; (2) G. FONTANINI, Santa Colomba vergine sacra, Roma 1726, pag. 6; (3) vedi: Catapane della Pieve di Buia, codice membranaceo del 1440, foglio 37-II, e Catasto delle Chiese e Fraterne di Buia, Archivio Arcipretale; (4) vedi: Catasto, cit; (5) Stampa della General Vicinia di Buia, vol. I, pag. 93; (6) Anche recentemente si rinvennero frammenti di terracotta "requisiti" da amatori; (7) La leggenda è stata raccolta dalla testimonianza orale di Demetrio Floreani di Tomba (+ 1950); (8) Stampa della general Vicinia; (9) Documenti di Del Torso e Menis.