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di Ermes Santi

 

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Bruno Lucardi il colore ce l'ha nel sangue perché discende da una dinastia di artisti del pennello. Nonno Vittorio lascia la sua firma sulle tempere che ornano un'ala del palazzo reale di Bucarest. Papà Vittorio "Toni" lavora a lungo nel restauro delle decorazioni nella villa reale (palazzina di caccia) di Stupinigi del Juvara; per non parlare degli affreschi e degli oli che ancora ornano chiese e case signorili (purtroppo gran parte di essi non si sono salvati dalle distruzioni provocate dagli eventi sismici).

Bruno, erede di questa splendida tradizione, fin da bambino dimostra la sua disposizione artistica di cui si avvede subito il suo docente Tavagnacco. È proprio il noto pittore che lo sprona e lo incanala verso l'arte figurativa, guidandone sapientemente i primi passi.

Divenuto padrone dei fondamentali mezzi espressivi, insofferente di seguire una scuola che potrebbe condizionare le sue scelte, studia da solo i maggiori esponenti della pittura di tutti i tempi per capirne il fascino e carpirne le tecniche.

Mentre i suoi studi e le sue ricerche spaziano in tutto il campo noto, il suo interesse ed il suo cuore vivono intensamente la realtà e le suggestioni della sua terra. Questo spiega le sue scelte operative e rappresentative ed il "romanticismo" delle sue opere migliori.

Lucardi si muove con sicurezza nelle varie tecniche pittoriche ma certamente quella che gli è più congeniale e con la quale esprime meglio i suoi sentimenti è l'acquerello.

Tutti noi certamente abbiamo subito la suggestione di un momento magico in cui, davanti ad un oggetto, un fatto o soprattutto ad uno spettacolo naturale siamo rimasti presi, in muta ammirazione e avremmo voluto che quell'istante non finisse mai o poterlo rivivere infinite volte.

Lucardi ha la grande fortuna e capacità di fissare per sempre quegli istanti sulla tela o sul foglio. Con l'acquerello ci mostra scorci in cui le tonalità sfumate e l'essenzialità delle pennellate suscitano sensazioni di sogno-realtà, di poesia-oggettività, e spingono l'immaginazione oltre il rappresentato: un microcosmo che contiene il macrocosmo; è l"'ermo colle" leopardiano.

Appare perfezionista invece nelle sue chine in cui cerca a punta di penna la figurazione esatta, demandando ai chioroscuro la suggestione del particolare.

La china usata come una sanguigna ci mostra un altro Lucardi: essenziale, dal tratto deciso, in cui poche pennellate bastano a manifestare caratteri, sentimenti, vitalità, sofferenza. Le sfumature non esistono più; la profondità è ottenuta col contrasto nero, grigio e bianco. Anche gli oggetti assumono un significato di singolare potenza "espressiva". Difficilmente una diversa tecnica potrebbe ottenere un risultato altrettanto esplicito ed immediato di quello raggiunto nella sua "ruota del mulino". Gli oli costituiscono tre diversi aspetti dell'ispirazione e della capacità rappresentativa di Bruno. Il primo lo troviamo nei piccoli quadri d'ambiente in cui traduce praticamente la forma e l'ispirazione usate negli acquerelli.

Il secondo appare nei sereni panorami In cui la quasi unica protagonista è la natura: pianura,
colli e monti in cui s'annegano i fantasmi dei paesi, simboli della non indispensabile presenza umana.
Il terzo è la ritrattistica che nel corso degli anni è passata dalla accuratezza dei particolari al suo superamento sostituita dalla sicurezza della pennellata nervosa che non solo riesce ad evidenziare i tratti somatici ma anche a sondare e rivelare la personalità o il momentaneo "motus animi" del soggetto.

Nell'ultima produzione sia ad olio che ad acquerello Lucardi ritrova, in forma matura e sicura, quella pennellata che lo riaccosta, in un inconscio omaggio, al suo primo maestro al cui ricordo è perennemente legato, Tavagnacco.

Si chiude così idealmente una specie di ciclo dialettico hegeliano alla fine del quale il pittore si ritrova all'inizio del suo percorso artistico, però con un'acquisita padronanza dei suoi mezzi espressivi, conscio delle sue possibilità e avendo meglio precisato le idee sulle tematiche in consonanza colla sua personalità e sensibilità.

Questo gli fa raggiungere un posto di rilievo tra i cantori del nostro Friuli minore e conferisce dignità alla sua opera, interessante sempre e particolarmente significativa in questo contesto.