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1981

Il messaggio di Guerrino Mattia Monassi ai giovani.

di Furio Di Bello

 

 

Quando il 10 giugno 1980 incontrai G. M. Monassi nel suo studio di via Poggio d'Oro per registrare e conservare il ricordo dei brillanti risultati della sua esperienza di artista, nessuno avrebbe potuto immaginare che dopo appena pochi giorni si sarebbe scatenato sul suo corpo quel male terribile che gli è stato fatale.

Era sereno, lucido, appassionato nel ripercorrere la sua vita dalla nativa Buia a Roma, brillante nel ricordare alcuni particolari curiosi della sua attività, misurato nel giudicare se stesso e gli altri, modesto nel riferire i suoi successi, sinceramente soddisfatto nel constatare - come per un bilancio morale - di aver sempre lavorato con passione e dedizione e di essere sempre vissuto coerente alla sua onestà spirituale.

Dopo la lunga registrazione, scattai delle fotografie (alcune delle quali accompagnano queste note), e lo ripresi negli angoli preferiti del suo studio: al tavolo di lavoro, vicino alla finestra; alla scrivania, su cui amava tenere un suo cofanetto d'argento con i più illustri personaggi storici del suo Friuli; di fronte alla bacheca murale del corridoio in cui aveva sistemato le sue medaglie più significative; accanto alla esposizione dei bozzetti in gesso delle sue monete realizzate dalla Zecca e di molte sue medaglie.

Ci vedemmo poi altre volte. Gli scattai altre fotografie. Ma il ciclone che non perdona si leggeva ormai sul suo volto; e tuttavia trovava il modo di sorridere ancora.

A risentire ora quella registrazione, la figura di G. M. Monassi riemerge e rivive in tutta la sua integrità morale ed appare come un modello di attaccamento fervido al suo lavoro e di coerenza profonda all'idea di libertà nella vita,(fu anche capo partigiano) e nell'arte (non si piegò a nessun compromesso).

 

Il messaggio di Monassi

Ecco perché ritengo doveroso, come amico e come testimone, pubblicare alcune delle sue considerazioni da me registrate, soprattutto perché possano servire di insegnamento ai giovani che intendono avvicinarsi allo studio e all'arte della medaglia.

 

Monassi - ... I miei genitori volevano mettermi in un collegio di Vittorio Veneto. Quando sentii il nome di collegio, dissi no. Gli studi non li faccio neanche per sogno. Accetto gli studi, ma devono essere all'aria libera, lo preferisco andare a Gemona, fare 9-10 Km. in bicicletta ogni giorno, ma devo essere libero. Se mi chiudete, dissi, io non produco niente.
Di Bello - Senso della libertà!
Monassi - L'ho avuto sempre, io.     

Monassi - Nel 1938, quando la Biennale di Venezia accettò le mie medaglie, avevo appena venti anni. Fu una bella soddisfazione. Ma dico oggi, con l'esperienza che ho oggi a 62 anni, io non accetterei mai un giovane per un lavoro riuscito. Forse non sapevano l'età che avevo. Ma è dannoso, perché per due tre anni credetti di essere diventato un Michelangelo. Non lavoravo più con lo stesso impegno, perché ormai...      

Di Bello - Ma è anche uno stimolo perché un giovane che ha un riconoscimento così alto si sente proprio le ali per volare e allora fa quello che prima non avrebbe fatto.                          

Monassi - Sì, uno stimolo, ma più tardi. Soltanto più tardi riesce a capire l'inutilità di questa mentalità portata all'autolesionismo. È un autolesionismo credersi così importante da essere incluso in una mostra di prestigio. E invece non è altro che un riconoscimento, ed è questo che deve servire a spronarlo. Ma un giovane non riesce a capire tutto questo perché ancora non ha il senso dell'autocritica.

Monassi - Un grande artista, che si era imposto da autodidatta, mi diceva «Anche gli altri imparino da soli...». Ma io non ero e non sono d'accordo con lui perché egli ha avuto un dono dalla natura, quindi il successo non è tutto merito suo.
Gli altri forse avrebbero bisogno di quel decimo di spinta che lui ha avuto dalla natura, è vero? lo ho sempre spinto i miei allievi a fare dell'arte una missione. Ma mi pare che sia obbligo morale di un uomo che vive nella società, sia artista o non artista, dare agli altri i doni e le qualità che ha avuto. Come ha ricevuto, così deve dare.                     

Di Bello - E poi sarebbe anche una soddisfazione personale trasmettere agli altri una parte di se stesso.         

Monassi - Sì, però devi vedere che c'è anche l'altra faccia della medaglia...    Di Bello - La gelosia del mestiere?

Monassi - Proprio così, ma io non l'ammetto. Ho conosciuto un grande artista, di cui preferisco non dire il nome, che mi diceva: «Ma perché tu ti butti tanto a insegnare? Non sai che così facendo tu non lavorerai più...»

Di Bello - Mi puoi dire qualcosa dell'arte dell'incisione?

Monassi - Se è un artista che fa l'incisore è meglio, perché altro è incidere semplici lettere, altro incidere punzoni e coni con figurazioni. E se sono figurazioni un po' complicate non basta l'incisore di lettere, ci vuole anche la persona colta e preparata. L'artista spesso può fare molto, ma comunque può rendere fino ad un certo punto. Se l'artista incisore interviene ed è sicuro del tratto e del modellato. può essere di valido aiuto all'artista modellatore.

Di Bello - Quindi pensi che ci voglia una certa collaborazione fra modellatore e incisore.

Monassi - Certamente. L'artista che è incisore deve avere sempre quel tanto di rispetto per l'opera dell'altro. Non deve sopraffare, lo deve accompagnare come fa il padre che accompagna il figlio, il fratello maggiore che accompagna il fratello minore. Raramente trovi nell'autore del modello anche l'artista conoscitore dell'acciaio.

Di Bello - Ma viene meglio incidere un modello soltanto disegnato o anche modellato?

Monassi - Meglio un modello già modellato perché vuol dire che l'artista ci sa fare. Se l'artista sa soltanto disegnare, quasi sempre esce fuori un'opera priva di slanci e di vitalità.

Di Bello - Ma - è una domanda che ti faccio - un incisore non ha più interesse a impostare l'incisione personalmente e con tutta libertà anziché essere legato a un modellato che deve pur rispettare?

Monassi - Si può sempre cozzare contro l'idealità del disegnatore. Ma se l'autore
del disegno è anche modellatore, faccia anche il modello, lo faccio la parte tecnica, nel senso che se correggo un gomito dove un muscolo non gira bene l'altro lo capisce, anzi è lui che mi prega di correggere, e poi mi ringrazia pure.

Di Bello - Quindi è questione di reciproco rispetto.                                                

Monassi - Certamente.

Di Bello - Se volessi affidare a un giovane un messaggio, una parola, frutto della tua esperienza, che cosa gli diresti?     

Monassi - Prima di tutto bisognerebbe vedere se nel giovane c'è la stoffa, se c'è carattere, se c'è preparazione morale e spirituale. Poi. quando questa c'è, si può iniziare a parlare. Oggi i giovani hanno la mentalità di realizzare e arrivare subito, mentre si arriva a 60 anni e la realizzazione è una missione da compiere ancora. L'artista deve fare dell'arte una missione al servizio della società. Soltanto così finisce pure per divertirsi perché è un canto, una soddisfazione che prova in se stesso. Quando ha risolto la sua posizione economica giornaliera, una situazione che lo assicuri della vita, tutto ii resto va da sé. L'ambizione'... Tutti noi siamo come degli imbuti, e non ne avremmo mai abbastanza. L'artista deve mettere da parte tutto questo, deve vedere con animo sereno, ilare quasi, con soddisfazione propria.

Bastano queste poche frasi, pronunziate allora in tutta sincerità, per capire il carattere, il temperamento e la personalità di G. M. Monassi.

La medaglistica - ora che l'aveva recuperato nella piena maturità di artista, una volta concluso il suo ciclo di capo incisore presso la Zecca di Stato - ha perduto un grande Maestro.                 Tutti noi - che anche nell'ora del dolore gli siamo stati vicini e non lo abbiamo sentito mai disperare, ma sempre proiettarsi in avanti, con fede e appassionato fervore - abbiamo perduto pure un vero, caro amico.