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Ancje mê none…

Tradizioni orali di Buja

in una ricerca di Achille Tellini

 (1866- 1938)

a cura di Gianfranco Ellero

 

 

Le tradizioni, come è noto, non si sostanziano soltanto in gesti o fatti, cioè in atteggiamenti visibili, ma anche in formule verbali (ninne nanne, parole ritmiche, preghiere, proverbi, filastrocche, scongiuri...), che poi sono le prime a decadere quando viene a mancare la “struttura” economica, e socio-culturale che le genera e le supporta.

I fuochi dell’Epifania, ad esempio, sono ancora visibili fra le nostre colline, ma nessuno più ricorda e recita le formule di auspicio o le preghiere che un tempo risuonavano intorno a quei grandi fuochi, e soprattutto nessuno più crede alla previsione sulla prosperità della nuova annata contenuta nella direzione del fumo.

La regola interpretativa dell’evento era espressa in forma di proverbio: “se il fum al va a soreli jevât cjape il sac e va al marcjât, s’al va a soreli a mont cjape il sac e va pal mont”. Basta questo esempio per dimostrare che il proverbio epifanico citato è una profonda sonda economica e sociale, oltre che culturale, di un Friuli ormai lontano e molto diverso da quello in cui viviamo.

La minaccia incombente sulle lingue minori o dialetti, e sui patrimoni di cultura popolare che esprimevano, apparve chiara fin dall’Ottocento ai grandi etnografi, il Pitrè in Italia, l’Ostermann, lo Zorzut e il principe Salvatore d’Asburgo in Friuli, sulle cui orme si posero, nel Novecento, Lea D’Orlandi, Andreina Nicoloso Ciceri e altri studiosi, che si dedicarono alla raccolta dei testi tradizionali e alla loro interpretazione.

Fra gli studiosi più appassionati, fra Otto e Novecento, ci fu Achille Tellini (1866-1938), naturalista, geologo, esperantista, docente, che divenne folclorista visitando il Friuli e lasciò in manoscritto una corposa antologia di testi raccolti in varie località, parzialmente pubblicata nel 2006 dall’Istitût ladin-furlan “Pre Checo Placerean” con il titolo “Spjeli de anime furlane”: testi originali in esperanto e traduzioni “in chiaro” di Diego Lavaroni.

Dal volume abbiamo tratto alcuni testi raccolti a Buja, sperando che qualche lettore ci dica: “ancje me none...”.

 

SCHERZI DI MAMMA

Atōr atōr dal pradiŝit

 Si fa girare il dito indice sul palmo della mano de bimbo e quindi si prendono uno dopo l’altro i ditini cominciando dal pollice

Tōr a tōr dal pradisut

kest lu ĉape,

kest lu maĉe,

kest lu spele

kest lu met te ĉite

(o lu fas kùej)

e kest lu manĝe.

(Buje)

 

 

Attorno attorno al praticello

questo lo piglia,

questo lo ammazza,

questo lo spella,

questo lo mette in pentola

(lo fa cuocere)

e questo lo mangia

(Buia)

 

da “Spieli de anime furlane”

Testi originali con grafia in esperanto di A. Tellini , traduzioni di D. Lavaroni

Istitût Ladin - Furlan “Pre Checo Placerean”, 2006

pag. 30, n. 9

 

CONTE  E  FRASI  DI  SORTEGGIO

An tan

 

An tan Karantan ĉi bu

frakabù

e le mele pipistrele

tram

(Buje)

 

An tan carantan, ci bu

fracabù

e le mele pipistrele

tram!

(Buia)

da “Spieli de anime furlane” cit., pag. 136, n. 199

 

PREGHIERA

Pater noster di Sant’Helene

Pater noster,

di Sant’Helene,

ke portave tante pene

ke portave tanĉ dolōrs.

ke portave nestri Signōr.

Vo batūt e skoreāt,

sun ke lance strapacāt,

vo gotade

ke gote sante su ke piere mulisine,

la piere si sklapave

il mont si luminave

Luminaimi vo Madone,

kul kūr

e ku la korone.

Kŭatri libris ke leevin.

kŭatri ĉeris inpiades,

dōs da ĉāf,

e dōs da pīt.

Kel ke le sa

e kel ke le dīs

a l’e skrit in paradīs.

(Avile di Buje)

 

Padre Nostro,

di Sant’Elena

che portava tanta pena,

che portava tanti dolori,

che portava nostro Signore

Voi picchiato e frustato,

con la lancia trapassato,

Voi gocciolate,

quella goccia santa su quella pietra tenerina.

la pietra si spezzava

il mondo s’ illuminava.

Illuminatemi voi Madonna,

col cuore,

e con la corona.

Quattro libri che leggevano.

quattro ceri accesi,

due al capo,

e due ai piedi.

Quel che la sa,

e che la dice,

è già scritto in paradiso!

(Avilla di Buja)

da “Spieli de anime furlane” cit., pag. 97, n. 6

 

PREGHIERA

L’altre ñot te me skunute

 

L’altre ñot, te me skunute

o haj ĉatāc tre añulins.

doj da ĉāf e doj da pīt,

in-t-al mjec la Madonine

ke rideve poarine,

ke diseve - Faj ninin, faj nana

e tās ĉidin.

Duĉ lu dīs e duĉ lu sa,

ko di sigūr l’è il ño papà

e ke jé la me mamine,

kusì buine, e la Sante Margarite

mi donà kel bjel kristùt,

e lu met sul stomeùt,

e ke a vede la Madonine, puarine,

ke koreve su e jù

a ĉiri il ño ben Gesù.

Inkontrànd S.Ĝùan

e vaint e domandà:

Dove vens-tu san Ĝŭan?

- Jo ve, Mari,

de montañe dal Kalvari.

- Ĉe vares-tu tu lasù?

Jo j haj kontrāt ño bon Ĝesù

straforāt par un braĉ,

plen di spinis di agaĉ.

Pŭare Mari, puar Signōr;

oh ĉe spade, oh ĉe dolōr!

Oñi sere in ĝenoglón,

si ha di dì ke oracjón.

Beāt kuj ke la dirà

ke sigūr no-l perirà.

(Buje)

 

 

L’altra notte, nella mia cuna,

ho trovato tre angioletti,

due alla testa e due ai piedi,

nel mezzo la Madonnina,

che rideva poverina,

che diceva: “Fai carino, fai nanna,

e stai zittino.

Tutti lo dicono e tutti lo sanno,

che sicuramente è mio padre,

e lei è la mia mammina,

così buona, e la Santa Margherita

mi regalò quel bel Cristino,

e lo metto sullo stomachino.

che ha visto la Madonnina, poverina,

che correva su e giù

a cercare il mio buon Gesù.

Incontrando San Giovanni

e piangendo, chiese:

- Da dove vieni, San Giovanni?

- Io vengo, Madre,

dalla montagna del Calvario!

- Cosa facevi, tu lassù?

Ho incontrato il mio buon Gesù

trafitto ad un braccio,

pieno di spine d’acacia.

Povera Madre, povero Signore,

oh che spada, oh che dolore!

Ogni notte in ginocchio,

si deve recitare questa orazione.

Beato chi la reciterà,

di sicuro non perirà!

(Buia)

 

da “Spieli de anime furlane” cit., pagg. 100-101, n. 21