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Piero Monassi

 incisore a Udine

di Domenico Zannier

 

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Il tramonto del primo giorno d’agosto dispose nelle gole prealpine un’affascinante successione di quinte rosate, violette e azzurrine, che nella luce ormai declinante ricordavano i paesaggi all’acquatinta di Mario Micossi, esposti nella cripta di San Lorenzo in Monte: fu, per gli amatori d’arte accorsi alla vernice della mostra allestita in suo onore, un’occasione particolarmente felice per verificare una frase che l’Artista talvolta ripeteva, ridendo, accanto al suo focolare di Artegna: “Sì, qualche volta la natura mi imita”.

La mostra, intitolata “Buja e dintorni nell’Arte di Mario Micossi”, ideata e organizzata dal Circul Culturâl Laurinzian in collaborazione con la Pro Loco e le Parrocchie locali sotto il patrocinio della Provincia di Udine e del Comune di Buja, è stata resa possibile dalle eredi dell’Artista, le nipoti Anna ed Elena, che hanno tratto dalla loro collezione una decina di acquerelli in grande formato, esposti nell’aula principale della pieve, e una ventina di incisioni all’acquaforte-acquatinta, esposte nella cripta con alcuni acquerelli in formato cartolina, graffiti e disegni, tutte opere di grande interesse e in gran parte inedite.

La mostra, sicuramente importante per chi voleva approfondire la conoscenza dell’Artista scomparso nel 2005, potrebbe essere la prima di una lunga serie. Anche trascurando le opere espressamente dedicate al Tagliamento, agli altri fiumi del Friuli e alle Alpi Giulie (“Le più belle montagne del mondo se non ci fossero le Dolomiti” soleva dire), è infatti evidente che risultati altrettanto brillanti potrebbero essere ottenuti per Cividale, Udine, Artegna, Gemona, Colloredo di Monte Albano, Tarcento, Moggio, Versuta di Casarsa (i luoghi di Pasolini), Aquileia e per altre località, perché Micossi era eccezionale non soltanto per la qualità della sua produzione, ma anche per la quantità delle opere prodotte: inesauribile appariva (e appare) la sua vena creativa, e la sua eredità ricorda il pozzo di San Patrizio!

Le opere esposte a Buja palesavano e confermavano la sua natura di artista colto, che sfruttava fino in fondo i leit-motiv del paesaggio antropizzato: come avrebbe potuto rimanere insensibile di fronte allo spettacolo geologico, storico e poetico offerto dalla Pieve di Buja alta sul Monte e visibile anche dalle finestre della sua casa di Artegna?

Già nel 1960 l’aveva collocata in stenografici disegni che del paesaggio coglievano, aristocraticamente, soltanto i tratti essenziali, indispensabili per rendere riconoscibili tratti della nostra piccola civiltà cristiana e contadina: il gelso, visto come logo del nostro habitat; alcune biche di granoturco; la danza invernale di uno spoglio filare di viti; tratti fisionomici dei campi e delle colline, e qualche segno della religiosità cristiana: la pieve di Buja, la cupola del cimitero di Buja, il Duomo di Gemona…

Il Monte divenne, quindi, il leit-motiv per decine di opere, realizzate nel giro di molti anni perché gli piaceva riprendere certi “spartiti” e suonarli con altri strumenti (passando, ad esempio, dal disegno al graffito all’incisione o all’acquerello).

Ma il Monte non era soltanto un centro d’attrazione del suo sguardo e dei suoi sentimenti: era anche un osservatorio privilegiato, che si trasformava in strumento necessario per allargare la visione sui “dintorni”, spesso ritratti in termini di controllata grandiosità.

La mostra comprendeva, quindi, paesaggi “di Buja” e “da Buja”, che ai visitatori capaci di meditazione e ben attrezzati sotto il profilo storico e ambientale consentivano una lettura particolarmente sottile e penetrante della realtà locale.

Le opere esposte a San Lorenzo, non fedelmente riprodotte in catalogo, ritraevano o sottintendevano una “Buja caput mundi”, nel ruolo di capitale di un eccezionale microcosmo paesaggistico, tesaurizzato al meglio da un grande artista.

Già oggi siamo convinti che Micossi fu il più grande paesaggista di ogni tempo, per quanto riguarda il Friuli (ma anche sulla Campagna romana, sulle Dolomiti, sull’Himalaya la sua produzione dovrà essere criticamente vagliata), e ancor più la sua importanza risulterà evidente quando sarà possibile conoscere altri settori della sua immensa produzione.