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 "Straniero" 

nel mio paese?

Autoritratto di Renato Calligaro

 

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Io sono buiese di nascita, ma "straniero" di adozione. Ciò non deve sorprendere. In un paese dove l'emigrazione è stata una così grande parte del destino, gli "stranieri" abbondano. E un mondo reso sempre più piccolo e sempre più uguale dalle comunicazioni li mimetizza: l'umanità stessa tende ormai a essere straniera a se stessa. Ma perché nascondersi? Meglio fare di una pena esistenziale una virtù, prendendone coscienza e rendendola creativa.

Chi è allora questo "straniero"? Non è colui che è estraneo alle cose, ma colui che è "straniato", che è nelle cose e nello stesso tempo non è. Come appunto si dice dello straniamento della poesia, dove le cose sono, e non sono. Quanto più reali, tanto più fantasmi. C'è un confine preciso fra realtà e immaginazione? Per lo "straniero" di cui parlo non c'è. Egli è colui che non si riconosce in una immagine univoca, ma è ora una cosa e poi un'altra e un'altra ancora. La sua identità è tanto vaga quanto sofferta. Lo "straniero" è uno che si inventa ogni giorno, per essere.

Così è buiese, e nello stesso tempo non lo è. L'infanzia trasognata dalle navigazioni, l'adolescenza stupita dalla guerra, la giovinezza turbata dall'assurdo, hanno fatto di me uno "straniero": e l'arte, che è il mio paese diffuso, è il catalizzatore di questo processo creativo. Se l'essere "straniero” ha fatto di me un uomo dalla identità sconcertata e sconcertante, mi ha però permesso una lucida coscienza nell'essere artista

Ci sono artefici con una identità precisa: appartengono grosso modo alla cultura delle comunicazioni di massa dove, per instaurare nuovi miti, occorrono nuovi personaggi, del tutto riconoscibili, rassicuranti per questo loro essere sempre uguali, ben decifrabili e in cui è facile e sicuro identificarsi. E ci sono artefici dalla identità problematica, che appartengono alla cultura delle avanguardie, della ricerca, della sperimentazione.

Diciamo che i primi appartengono alla sfera del mito, i secondi a quella dell'arte. Così io, in questa mia appartenenza all'arte, non sono immediatamente identificabile. Pittore, fumettista, illustratore? Poeta o narratore? Lirico o satirico? In verità io sono tutti i miei possibili modi di essere artista. L'arte non è rappresentazione del bello, né prevalentemente narrazione come un tempo, ma è anzitutto disvelamento della verità. Che non è una, ma ha tanti suoi modi, che si contraddicono. La creatività contemporanea si nutre appunto di queste contraddizioni.

E l'io artista va aprendo porte sempre più segrete dell'essere; e si liberano immagini e parole, tutte differentissime ma sempre mie. Esse vogliono essere elaborate in un processo di distillazione: ma non costrette in uno stesso stile. Non è dell'arte contemporanea imprigionare e snaturare in uno stile la verità multiforme e cangiante.

Le molteplici immagini vogliono invece differenti tecniche e stilizzazioni adeguate per la massima resa. Si mettono a fuoco in forme e frasi che se da un lato derivano dalla memoria collettiva, dall'altro pretendono sempre nuove invenzioni. Così l'io va alla scoperta di se stesso in questa avventura del linguaggio, in questo incerto viaggio: e come in tutti i viaggi egli è ''straniero".

Ma in che misura nel "tuo paese" puoi essere, come uomo, meno straniero che altrove? Ci sono paesi che sono un porto per un approdo di identità, sia nel corso del viaggio sia alla fine. In essi ti riconosci. Questi paesi cambiano aspetto, come è naturale, nel tempo. Ma ci puoi ritrovare sempre una parte di te. La tua vita è parte della loro storia. Le loro avventure sono le tue. Perché ognuno ha fatto la propria parte.

Questi paesi "fedeli" possono essere ovunque, te li porti dentro. Ma non sempre il "tuo paese", quello dove sei nato, è uno di questi. Il paese dove sei nato forse lo vuoi conservare in un modo tutto speciale. Forse ingiustamente pretendi cose impossibili. O forse invece ne sei a ragione deluso. Come se ti avesse tradito: non erano questi i patti dell'infanzia, di essere sempre se stessi? Non so. So solo che se fra i paesi "fedeli" ci sarà il "tuo paese", sarai al ritorno il più fortunato dai naviganti.

 

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Renato Calligaro è nato a Buja nel 1928. Vive oggi a Udine, dopo avere studiato architettura in Argentina e imparato il mestiere di grafico in Brasile. Il prolungato soggiorno nell' America Latina, prima e dopo la guerra fino al 1964; la guerra stessa vissuta nel Friuli dei tedeschi e dei partigiani; l'infanzia delle distanze, misurate allora in viaggi di venti giorni di mare fra i due continenti; il definitivo ritorno dal "viaggio", fanno da sfondo all'esperienza poetica di Calligaro.

Portato da esigenze politiche, egli approda comunque a quel fumetto (le strips) che si struttura in modo dialettico (situazione, controsituazione, battuta) e non nel mondo narrativo/romanzesco. Al genere di fumetto cioè più prossimo alla lirica (v. Krazy Kat), dove l'immagine, anche se apparentemente semplice e scarna, ha invece una funzione formale immensamente superiore a quella meramente illustrativa, "carozzata" del fumetto realistico/romanzesco. Calligaro, anche nel genere della satira politica, ha sempre considerato senza reticenze l'appartenenza del suo lavoro alla sfera dell'arte, piuttosto che della invettiva o della propaganda, e quindi scontrandosi con le ovvie (e storiche) difficoltà del rapporto arte/politica.

Il rifiuto da parte dei mass-media di questa interpretazione artistica del reale comporta il conchiudersi della parabola

del fumetto politico/satirico di Calligaro, che si era iniziata con il primo Manuel sulle pagine di Cronache Friulane, che passava poi a Linus, Vie Nuove e Confronto; continuava con i personaggi di Oreste, Celeste e Nicola, quindi il nuovo Manuel del 77 in Linus, Lotta Continua, Arcibraccio ecc, e nei libri "Rosso e No" (Savelli), "Cambia o non cambia? " e "Ridateci il nemico" (Feltrinelli) fino al 79. Nel 1979 Alterlinus pubblica l'episodio Henriette, dalle Memorie di Casanova, libera interpretazione dell'autore in 16 pagine a colori.

Ne nasce una disputa, in cui si chiede se non sia una nuova forma di pittura (Dorfles) o magari un fumetto "eccezionale", nel senso di non proponibile come ipotesi di lavoro in quanto non popolare e elitario (Del Buono). Si riparla del rapporto Immagine/Parola (Tadini, Caroli). Calligaro non nega la fabula, ma sostiene la possibilità di immagini che raggiungano lo status di pittura allorché il momento lirico di dilatazione del reale lo richieda; momento che implica il fermarsi a ritornare (non una fruizione "distratta"). Quindi due fruizioni che si incrociano, la "lettura" e lo "sguardo". Nasce così nel 1982 il volume "Deserto" delle Edizioni della Periferia. Qui libro e quadro insieme, permettono al fruitore di partecipare a quella esperienza di ambiguità in cui l'arte di oggi trova ancora ragione di essere.